Assalto portavalori in Aurelia, 11 incastrati da un biglietto dimenticato ma i 3 milioni sono spariti

Per assaltare i due portavalori carichi di denaro delle pensioni sull’Aurelia e portare via i 3 milioni di euro del bottino, i rapinatori avevano preparato tutto con cura utilizzando burner phone non collegati a internet e pizzini per non essere individuati, ma proprio un biglietto dimenticato li ha traditi. È quanto è emerso dall’inchiesta che questa mattina ha portato all’arresto di 11 persone, tutti sardi tra i 33 e i 54 anni che formalmente erano dediti all'attività di allevatori e coltivatori diretti.
Assalto al portavalori sull’Aurelia preparato per mesi
Come spiegano i carabinieri, la banda aveva preparato il colpo per mesi, almeno dal settembre 2024, svolgendo numerose attività preparatorie come rubare veicoli, reperire armi e materiali e precostituirsi alibi oltre ad effettuare servizi di osservazione dei mezzi presi di mira. Il gruppo comunicava solo attraverso i cosiddetti “burner phone”, telefoni privi di collegamento internet con delle sim inserite e utilizzate solo per i giorni strettamente a ridosso della rapina, per mantenere segreti i contatti in concomitanza col colpo.
Il telefonino e il bigliettino bruciato
Proprio i resti di uno di questi cellulari e di un bigliettino, che la banda aveva cercato di bruciare, li ha incastrati. I due reperti, parzialmente bruciati, sono stati individuati vicino a dove era stata individuata una delle auto rubate usate per l'assalto, nella boscaglia. In particolare, tra ceneri ancora calde di un fuoco, i carabinieri hanno repertato i resti dei due indizi che si sono rivelati elementi chiave delle indagini che hanno portato all'arresto di oggi.
A seguito delle indagini tecniche delegate al RIS di Roma, si è scoperto infatti che il telefono era lo stesso usato per coordinare l’azione dei rapinatori e che dunque anche il biglietto vicino era collegato. Il bigliettino dimenticato a terra aveva due numeri di telefono, gli stessi utilizzati dalla banda per 4 giorni e che hanno permesso di ricostruire poi la rete di contatti per la preparazione del colpo.

Otto esecutori materiali e tre di supporto
Proprio attraverso i contatti telefonici tra gli arrestati è stato possibile la ricostruzione di una rete di rapinatori composta da esecutori materiali e persone di supporto logistico e osservazione del movimento dei portavalori. Nel dettaglio, otto degli arrestati sono stati individuati come esecutori materiali e tre di supporto e osservazione.
Il componente del gruppo criminale designato come “palo” trascorreva più di 3 ore all’interno del proprio veicolo parcheggiato nei pressi della rotonda di immissione sull’Aurelia per segnalare con una telefonata il momento esatto in cui partivano i portavalori, mentre il più anziano degli indagati, che è residente nel Pisano, ha fornito ospitalità e sostegno logistico agli altri permettendo loro di nascondere i veicoli rubati e dando loro rifugio per la notte successiva all’assalto.
Nonostante la grande capacità organizzativa del gruppo, che prevedeva ad esempio partenze e ritorni scaglionati per la Sardegna sbarcando in porti differenti e in giorni differenti, gli inquirenti in due mesi hanno ricostruito la maggior parte dei loro spostamenti tra diverse province tra le regioni Toscana, Emilia Romagna, Lazio, Umbria e Sardegna.
Il bottino da 3 milioni di euro sparito
Tutta l’indagine però è iniziata grazie ai filmati girati dai cittadini che hanno ripreso l’intera scena dell’assalto al portavalori. Nei video infatti si sente il gruppo parlare con spiccato accento sardo che ha indirizzato subito gli inquirenti verso un gruppo originario dell’Isola. Alla fine nove degli arresti sono stati effettuati a Nuoro, uno nella provincia di Pisa e uno a Bologna. Tutti hanno detto di avere un alibi, che si erano precostituito, ma per i carabinieri sarebbero nettamente smentiti dalle prove a loro carico.
“Gli arrestati non si aspettavano di essere indagati, tanto è che li abbiamo trovati in possesso ancora di esplosivi e munizionamento. C'è il sospetto che alcuni siano anche stati partecipi di altri colpi che saranno oggetto di altri approfondimenti" ha spiegato il procuratore capo di Livorno Maurizio Agnello.
Le indagini e gli accertamenti sulla rapina però proseguono ora per individuare eventuali altri complici e canali di ricettazione del denaro. Resta infatti il mistero del bottino visto che i 3 milioni di euro destinati alle pensioni e sottratti nel corso della rapina non sono stati ancora recuperati. L'ipotesi è che il bottino possa essere stato sepolto in zona per essere recuperato in un secondo momento ma dovranno chiarirlo gli indagati in interrogatorio.