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Antonietta Rositani, il papà a Mattarella: “Cosa dico a mio nipote quando vuole la mamma?”

“Caro presidente, non ho più favole a raccontare al mio piccolo nipotino, che la sera mi chiede della mamma e di Diuk, il loro cagnolino morto bruciato nell’auto da cui Antonietta è scappata”. Sono le parole del papà di Maria Antonietta Rositani, in come per le ustioni subite dal suo ex, al presidente Sergio Mattarella, a cui indirizza una lettera aperta. Antonietta sapeva che lui sarebbe fuggito per sfregiarla, aveva paura, perché nessuno è intervenuto?”.
A cura di Angela Marino
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"Caro presidente, non ho più favole a raccontare al mio piccolo nipotino, che la sera mi chiede della mamma e di Diuk, il loro cagnolino morto bruciato nell'auto da cui Antonietta è scappata". Sono le parole del papà di Maria Antonietta Rositani, in come per le ustioni subite dal suo ex, al presidente Sergio Mattarella, a cui indirizza una lettera aperta. Antonietta si trova nella rianimazione nel policlinico di Bari da quattro mesi, dopo l'aggressione subita il 13 marzo 2019 dal suo ex Ciro Russo, che ha evaso i domiciliari per andare a darle fuoco. Solo da 5 giorni le condizioni di Antonietta si sono aggravate

Senatore Sergio Mattarella,

Le scrivo perché sono un padre che è disperato, un padre che piange, un padre che vede la propria figlia da più di cento giorni disperarsi e piangere su un letto d'Ospedale. Le scrivo perché non ho più favole da raccontare nella notte al piccolo William, che chiede della sua dolce mamma e del suo piccolo amico Diuk. Diuk era il suo cagnolino ,il regalo di una amica della mamma al dolce William. Un cagnolino di appena un anno, morto bruciato nel tentativo di salvare la sua padroncina. William sa che è ancora ricoverato a Catanzaro in una Clinica veterinaria. Signor Presidente chi ha il coraggio di dire al piccolo William che il suo adorato Diuk non c'è più? Le scrivo perché non ho più il coraggio di vedere mia figlia tutta fasciata distesa immobile su quel letto d'Ospedale, Le scrivo perché non vedo più mia figlia sorridere, scherzare, gioire più da quel giorno. Lei scrivo, gentile Signor Presidente, per dirle che quando le sono accanto non la posso toccare o abbracciare, posso solo vederla triste, con gli occhi spenti da quelle fiamme. Da quelle fiamme mortali di quel giorno. Posso solo ascoltare i suoi dolori, che come delle serpi notte e giorno con la lingua di fuoco le mordono la pelle.

Le scrivo perché non so ancora quando potrà tornare a casa e non so ancora dopo  quanto ancora interventi nel tempo dovrà subire e soffrire..
Le scrivo perché sono un italiano che ha sempre creduto nella giustizia, Le scrivo perché sono un uomo, un padre un figlio al quale i genitori hanno insegnato a rispettare il prossimo, la famiglia e le Istituzioni , inculcando al cuore solo parole d'amore. Mio Padre, che è stato un Ufficiale, un ferito più volte decorato, della seconda guerra mondiale, raccontava a noi figli che non esiste cosa più bella della libertà e della pace in terra e in famiglia…E che la guerra è una brutta bestia! Le scrivo perché son un padre amareggiato, un padre che crede nei valori della Bandiera del suo Tricolore e nel valore della Patria, che crede e rispetta chi con onore indossa una divisa. Le scrivo, gentile Signor Presidente, perché credo nella legge, perché sono un Italiano che ancora crede in quei valori proclamati nella Costituzione Italiana, Le scrivo perché non ho più lacrime da versare…Le scrivo perché voglio che chi ha sbagliato, nei confronti di mia figlia, abbia il coraggio, guardandola in faccia di chiederle con umiltà scusa.. e di provare con molta umiltà scendendo dal suo alto Palcoscenico d'autorità a immaginare.

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