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Anika, abbandonata a 12 anni dalla mamma, diventa attivista in difesa delle spose bambine

In alcuni Paesi, la povertà e la discriminazione di genere portano all’esclusione sociale di milioni di bambine e ragazze. Ma due adolescenti hanno dimostrato con la loro determinazione che è possibile ottenere dei grandi risultati. Anika a soli 12 anni si batte contro i matrimoni precoci in India mentre Parul è diventata una campionessa di nuoto in Bangladesh.
A cura di Mirko Bellis
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Anika
Anika

Anika è una bambina di 12 anni di Calcutta. Sua madre ha abbandonato la famiglia e così lei e la sorella hanno iniziato a occuparsi della casa pulendo, lavando i panni, cucinando ogni pasto. Un’attività che le ha impedito di andare a scuola. Come Anika, sono milioni le bambine in tutto il mondo a cui viene negata l’istruzione. Contesti di povertà che incidono fortemente sulla possibilità di ricevere un’educazione. Nei Paesi in via di sviluppo, infatti, 1 minore su 3 in età scolare non ha mai messo piede in un’aula scolastica. A peggiorare il quadro c’è anche la discriminazione di genere: secondo gli ultimi dati, 15 milioni di bambine in età scolare non avranno mai la possibilità di imparare a leggere e scrivere rispetto a 10 milioni di coetanei maschi. Anika, però, è stata fortunata perché, grazie all'aiuto di Save the Children, il padre si è convinto a farle riprendere gli studi e darle un’opportunità educativa.

Ma la bambina, al di là della scuola, è un’attivista convinta: fa parte di un gruppo di bambini che lotta per i diritti dei minori, all'interno del quale si occupa della prevenzione dei matrimoni precoci. Quando Anika viene a sapere che un matrimonio precoce è stato pianificato, interviene insieme agli altri bambini, avvicinando i genitori della promessa sposa e la coppia; insieme spiegano quali sono i possibili danni e i rischi ai quali si va incontro con un matrimonio precoce e mettono la bambina coinvolta a conoscenza dei propri diritti. Non una cosa comune per una dodicenne in India, uno dei Paesi con il più alto numero di spose bambine nel mondo.

Si stima che il 27% delle ragazze indiane si sposino prima del loro diciottesimo compleanno. I tassi di matrimonio precoce variano da uno Stato all'altro con punte fino al 69% e il 65% rispettivamente in Bihar e Rajasthan. In molte comunità, le ragazze sono considerate un peso economico e il matrimonio trasferisce la responsabilità dei genitori al futuro marito. La povertà, le spese matrimoniali così come la dote possono portare una famiglia a dare in sposa la figlia in giovane età per ridurre questi costi. Il patriarcato diffuso e ragioni legate alla classe sociale o alla casta influenzano le norme e le aspettative riguardo al ruolo delle donne e delle ragazze in India, che finiscono per essere viste come una proprietà, prima del padre e poi di suo marito. Ecco perché è con orgoglio che Anika racconta di essere riuscita a evitare che la sorella di una sua amica si sposasse.

Quella di Parul invece è una famiglia povera, che fatica a mettere insieme il necessario per andare avanti. La ragazza, inoltre, ha una lieve disabilità cognitiva che unita all'essere donna, in Bangladesh, può essere ragione di forte discriminazione e emarginazione. La piccola veniva messa in secondo piano rispetto al fratello, solo perché donna, ancor prima di scoprire le sue difficoltà cognitive. Così, per esempio, è diventata malnutrita: al fratello era servito più cibo durante i pasti e per lei non ne restava a sufficienza. La vita di Parul è iniziata a cambiare quando un’organizzazione locale – la Bangladesh Protibondhi Foundation – si è imbattuta nel suo caso e ha individuato la sua lieve disabilità cognitiva. In un primo momento, la reazione della famiglia della bambina non è stata positiva: il loro interesse a mandarla a scuola è diminuito ulteriormente e la comunità ha iniziato a biasimare la madre per aver partorito una figlia ʽcosì’; la donna è arrivata a temere di poter incorrere, per questa ragione, nel divorzio. La Bangladesh Protibondhi Foundation, però, non si è persa d’animo e si è data da fare per sensibilizzare la famiglia di Parul e la comunità in cui vive, affinché cambiassero la loro attitudine rispetto ai diritti dei bambini con disabilità, offrendo ai genitori della bimba anche forme di supporto per poter migliorare la propria condizione economica.

Parul è finalmente potuta andare a scuola, dove ha da subito mostrato una forte propensione per lo sport, soprattutto per il nuoto. L’organizzazione locale ha fatto in modo che la bambina potesse allenarsi in un laghetto e Save the Children ha cominciato a sostenere la sua partecipazione a competizioni di nuoto nazionali e internazionali. Con le medaglie d’oro che ha conquistato grazie alle sue capacità di nuotatrice ai Giochi olimpici speciali in Australia e negli Stati Uniti, Parul è una fonte di grande orgoglio per i suoi genitori e per la comunità nella quale vive. Con la determinazione e la passione che la contraddistinguono, la ragazza è arrivata ai Giochi olimpici speciali: nel 2011 ha conquistato la sua prima medaglia, di bronzo, in Grecia; poi sono arrivati gli ori, nel 2013 in Australia e nel 2015 negli Stati Uniti. Il suo futuro, oggi, è luminoso; i suoi genitori sono fieri di lei. “Io non sono solo un autista, sono il padre di Parul!”, afferma con orgoglio il genitore.

“Benché, rispetto allo scorso anno, abbiamo riscontrato importanti passi avanti in 95 Paesi su 175, questi miglioramenti non stanno avvenendo abbastanza velocemente e, anzi, in ben 40 Paesi le condizioni di vita dei bambini sono notevolmente peggiorate”, ha affermato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children.  “Sono ancora troppi gli ostacoli che impediscono a tantissimi bambini e bambine al mondo di vivere a pieno la propria infanzia. Dalla lotta alla malnutrizione e a ogni forma di violenza, dall'accesso alla salute e all'educazione, chiediamo pertanto ai governi di impegnarsi concretamente ed efficacemente perché nessun bambino venga più lasciato indietro e a nessuno di loro venga più sottratto il proprio futuro”, ha concluso Neri.

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