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Tortura, Senato rinvia a data da destinarsi l’esame del ddl per l’introduzione del reato

Il ministro dell’Interno Alfano aveva dichiarato che la legge “dovrà essere rivista”, affinché si eviti “ogni possibile fraintendimento riguardo l’uso legittimo della forza da parte delle forze di polizia”. In serata infine la decisione del Senato di rinviare a data da destinarsi la discussione del ddl tortura.
A cura di Claudia Torrisi
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Update 20.00 – Come già facevano pensare le dichiarazioni delle ultime ore, a fine giornata il Senato ha deciso di sospendere l'esame del testo del disegno di legge sulla tortura che invece doveva essere approvato oggi. La decisione è stata presa durante la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama. A questo punto l'iter della legge si fa sempre più arduo visto che la discussione sul ddl tortura è stata rinviata a data da destinarsi. "Il ddl va in coda, è un ottimo risultato, non penso che tornerà in aula prima delle vacanze" ha detto Gian Marco Centinaio, capogruppo della Lega che aveva chiesto il rinvio con Forzxa Italia e Ncd. Proteste il M5S e Sinistra italiana: "La discussione sulla tortura è stata tolta con l'ipocrisia del Pd".

Update 15:00 – Dopo una riunione tra i vertici del Partito democratico di Palazzo Madama e il ministro della Giustizia Andrea Orlando, si è deciso di far slittare il voto finale sul ddl tortura previsto per oggi.

"La legge sulla tortura dovrà essere rivista dalla Camera", affinché si eviti "ogni possibile fraintendimento riguardo l'uso legittimo della forza da parte delle forze di polizia". Con la scusa che "servono modifiche" il ministro dell'Interno Angelino Alfano ha scoperto le carte e ha annunciato un cammino sempre più impervio per il testo sul reato di tortura che dovrebbe essere a breve votato dal Senato, oggi che ricorrono quindici anni dal G8 di Genova del 2001. Dopo quelle giornate – e per la verità con molto ritardo – l'Italia si è accorta che c'era un vuoto enorme nel suo sistema normativo.

Nonostante il ministro Alfano abbia precisato che "non è in ballo il tema del reato di tortura, bensì il rischio di una sua dilatazione per via interpretativa giurisprudenziale, che possa produrre compressioni all'operatività delle forze di polizia", l'intento è chiaro: cancellare la previsione o depotenziarla al massimo. Dalla Camera, infatti, la legge dovrebbe tornare al Senato, con un rimpallo che rischia di essere lungo e senza termine. Secondo il ministro, il "lavoro eccellente" che stanno facendo gli uomini in divisa "non può avere il freno derivante dall'ansia psicologica o della preoccupazione operativa in un contesto complesso nel quale dovessero venire a trovarsi". Come arginare "quest'ansia psicologica" o "preoccupazione operativa"? Depotenziando un testo che già è ridotto al minimo sindacale. Come ci aveva raccontato l'avvocato Michele Passione, autore di uno dei saggi del libro "Per uno stato che non tortura", si tratta di una legge che così com'è "non soddisfa per nulla". A dispetto della sua formulazione originaria, qualifica la tortura come reato "comune" – che può essere commesso da chiunque – e non "proprio", cioè tipico dei pubblici ufficiali. Poi è sparita la condizione di privazione della libertà come aspetto rilevante ed è stato introdotto un dolo specifico – "ottenere informazioni o dichiarazioni o infliggere una punizione o vincere una resistenza, ovvero in ragione dell’appartenenza etnica, dell’orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose". Inoltre nel testo si parla di ‘verificabili traumi psichici' espressi in termini di gravità. "Come dire che può esserci una tortura meno grave che va tollerata e una più grave che invece va sanzionata", ha spiegato l'avvocato.

Nonostane questo, il fatto che possa essere approvata è certamente uno scenario migliore di quello che vedrebbe il provvedimento totalmente bloccato. Una possibilità che incontra il favore di sindacati delle forze dell'ordine da sempre radicalmente contrari all'introduzione del reato come il Sap, e altri come il Siulp secondo cui la proposta di Alfano "è la risposta che le donne e gli uomini della Polizia di Stato e di tutte le Forze di polizia si aspettavano" e la rivisitazione dovrebbe prevedere "circostanze, come la reiterazione delle azioni di violenza – eliminata da un recenteme emendamento ndr – che, pur garantendo la certezza di colpire chi tortura le persone di cui ha la custodia ho la responsabilità usando reiteratamente la forza e la violenza, di fatto però salvaguarda chi la forza è chiamato ad usarla legittimamente per arrestare la violenza".

Ma se Alfano ha celato la sua volontà dietro una richiesta di "revisione" con ritorno alla Camera, Forza Italia ha detto apertamente che il provvedimento va fermato. "Da un lato il governo chiede che gli appartenenti alle forze di polizia girino con le armi anche quando sono fuori dal servizio. Dall'altro il Parlamento vuole introdurre, con il pretesto della tortura, norme che paralizzerebbero le forze di sicurezza. Credo che il ministro dell'Interno debba intervenire direttamente bloccando il provvedimento in discussione al Senato", ha dichiarato il senatore forzista Maurizio Gasparri. "Purtroppo – ha aggiunto -alcune parti negative sono state già votate e quindi sarebbe saggio sospendere questa discussione. C'è una contraddizione palese nell'andare contro le forze di polizia mentre c'è un'emergenza terrorismo che non vede estranea l'Italia. Bisogna bloccare queste norme assurde e tutelare la sicurezza degli italiani rispettando le forze dell'ordine". Nitto Palma, dal canto suo, ha insistito per un ritorno della legge in commissione al Senato.

"Si tratta di un provvedimento atteso da molti anni che rafforza la nostra democrazia non ci possono essere altre letture non è un provvedimento contro qualcuno, ma a garanzia di tutti. Mi auguro che quando tornerà qui venga caldendarizzato quanto prima", ha dichiarato la presidente della Camera, Laura Boldrini. Le dichiarazioni del ministro dell'Interno hanno scatenato le proteste di Sinistra italiana, che con Loredana De Petris ha denunciato "l'intenzione palese" di Alfano di "affossare questa legge, richiesta dai criteri minimi di civiltà e anche dalla spesso sbandierata Europa" e ha chiesto l'intervento del ministro della Giustizia e di Renzi, che però tacciono. La realtà è che se l'alternativa di riportare il testo in commissione Giustizia non è praticabile per il Pd, potrebbe esserlo la possibilità del ritorno alla Camera paventato da Alfano. Ieri durante il veritice sul terrorismo convocato da Renzi a Palazzo Chigi, le opposizioni avevano iniziato a fare pressing per affossare la legge, sostenendo che con la minaccia terroristica in corso non fosse opportuno approvare un reato che di fatto provocherebbe una debilitazione delle forze dell'ordine. "Sono inutili gli sproloqui sul terrorismo se si indeboliscono le forze dell'ordine e il sacrosanto disegno di legge sul reato di tortura non va bene in questa formulazione, no si devono accomunare le forze dell'ordine e i delinquenti", aveva dichiarato Fabrizio Cicchitto. In quell'occasione il Pd aveva ribadito che il provvedimento non sarebbe stato ritirato. Ma un ritorno alla Camera non è stato escluso.

Eppure, dopo che la Corte europea ha condannato l'Italia per le torture inflitte alla scuola Diaz durante il G8 di Genova ad aprile dello scorso anno, Renzi era stato chiaro. Sollecitato circa il suo silenzio sulla sentenza, aveva scritto su Twitter che "quello che dobbiamo dire lo dobbiamo dire in parlamento con il reato di tortura. Questa è la risposta di chi rappresenta un Paese".

"Chi oggi sfrutta il terrorismo per respingere l'introduzione del reato di tortura è contro la giustizia e si macchia, moralmente, di crimini contro l'umanità", ha dichiarato Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, ricordando che "negli ultimi anni ad essere stati torturati sono stati due detenuti ad Asti, le persone presenti nella scuola Diaz e quelle portate nella caserma di Bolzaneto a Genova. Ad essere torturati furono i prigionieri condotti nelle prigioni segrete argentine durante il regime di Videla. Fatti per i quali quel Paese ci chiede di estradare un prete rifugiato in Italia. Ad essere torturato è stato Giulio Regeni". La tortura, ha proseguito, non è altro che "un crimine contro l'umanità, e non è ammissibile neanche quando a subirla fossero terroristi o presunti tali". Tra l'altro "l'Italia aspetta di uniformarsi alla comunità internazionale da quasi 28 anni. Dall'aprile dello scorso anno il presidente del Consiglio Renzi, il ministro della Giustizia Orlando e il sottosegretario alla Giustizia Migliore si sono espressi sulla necessità di avere questo reato. Non si può aspettare oltre".

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