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Prete non dà l’estrema unzione a un fedele perché è gay

Polemica in America per il rifiuto da parte di un sacerdote cattolico di impartire l’estrema unzione a un paziente ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Il motivo? L’omosessualità del moribondo.
A cura di S. P.
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Ronald Plishka è un uomo di 63 anni, cattolico e chierichetto sin da giovanissimo, che nei giorni scorsi, in seguito a un attacco cardiaco, è finito in ospedale a Washington in gravi condizioni. E che dall’ospedale ha fatto chiamare un sacerdote, padre Brian Coelho, incaricato dell’assistenza spirituale dei malati. Ma dal prete cattolico il malato si è visto negare i sacramenti dopo che in confessione ha detto di essere gay. Il suo caso è finito sulle pagine dei principali quotidiani Usa, tra il cui il Washington Post, quando il paziente – che per fortuna si è ripreso – ha deciso di denunciare quanto accaduto. Ha spiegato che quando il sacerdote è giunto in camera sua, con tanto di acqua benedetta, ha ascoltato la sua confessione. Una confessione durante la quale il 63enne ha detto, appunto, di essere omosessuale. Per questo il sacerdote non ha voluto dargli la comunione e neppure impartirgli l’estrema unzione.

“Ha detto che l'unica cosa che poteva fare era fermarsi a pregare assieme a me”, ha spiegato Plishka. A quel punto il fedele si è arrabbiato e ha mandato via il sacerdote: “Pensare che gli avevo anche detto – ha raccontato l’uomo – che mi piaceva molto il Papa per il suo atteggiamento nei confronti dei gay e per aver detto: Chi sono io per giudicare?”. In seguito al fatto la direzione dell’ospedale ha inviato nella stanza del malato un altro sacerdote che ha somministrato al fedele tutti i sacramenti. In ogni caso la decisione di padre Brian Coelho ha suscitato l’aspra condanna non solo delle associazioni per i diritti omosessuali ma anche di parte della Chiesa locale. Perché a ogni cristiano battezzato non può essere negata l’estrema unzione, ha detto ad esempio un prete cattolico del Comitato pastorale di Washington. Dall'arcidiocesi di Washington, invece, è arrivato solo un “no comment”.

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