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Noam Chomsky a Roma: il grande linguista e lo spettacolo del potere

Il 24 e 25 Gennaio, al Festival delle scienze, presso l’Auditorium Parco della Musica di Roma, interverrà l’attivista politico, filosofo e linguista Noam Chomsky, uno dei più influenti pensatori viventi. In una talk-opera a lui dedicata racconterà le storture del mondo globalizzato, e la sera del 25 spiegherà i fondamenti di una scienza da lui inventata: la linguistica generativa.
A cura di Luca Marangolo
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La ricerca intellettuale del Novecento ha sempre con maggiore intensità e per vie tortuose cercato la connessione tra  la natura biologica dell’uomo e la sua cultura. Lo sfiorarsi di  questi due mondi, ritenuti alieni da secoli di pregiudizi,  il loro sovrapporsi, è stata se si vuole un po’ la scintilla delle più grandi rivoluzioni culturali che hanno permeato il secolo scorso in campi diversi, dalla filosofia, alla storia delle idee, alla linguistica. Ed è proprio nella linguistica, più ancora che in altri campi, che il compenetrarsi di questa seconda natura  dell’uomo ha prodotto molto frutto, una scuola di ricerca fertile e oramai consolidata.

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Per chi conosce la linguistica, questa conquista è legata fondamentalmente a un nome: Noam Chomsky. Chomsky è uno degli intellettuali più prolifici, più influenti e saldamente impegnati oggi in vita, ben oltre le discipline della linguistica. Il suo più grande merito in questo campo è stato scoprire quella che viene definita la “grammatica generativa” e la “struttura profonda” del linguaggio. Che cos’è la struttura profonda del linguaggio? È un insieme di regole che chi parla una lingua particolare segue “inconsciamente”. Ad esempio in Italiano tutti sanno che in una parola che inizia con tre consonanti la prima deve essere la s, come spruzzo o strada. Ancora: tutti sanno che si dice penso di prenderlo, e a nessuno di solito viene, se non in casi strani, da dire lo penso di prendere. Nessuno ci ha mai pensato, a parte pochi specialisti, né si scrive, normalmente, sulle grammatiche per bambini. Eppure tutti, inconsciamente, lo sanno.

Queste infatti sono delle costanti presenti nell’Italiano, che derivano dalla complessa intersezione fra la biologia, uguale per tutti gli esseri umani, e l’unica, peculiare, creazione storica che è la nostra lingua. Esiste poi, per Chomsky, un insieme di costanti linguistiche, da cui queste caratteristiche derivano, che riguardano tutti gli esseri umani a prescindere dalla cultura, e che compongono la Grammatica Universale. È facendo leva su questo insieme di costanti, minute o grandi, che attraversano tutta la complessità stratificata del linguaggio, gli uomini, usando la base biologica (bocca, apparato fonatorio, ecc.) “creano” la lingua.

Noam Chomsky per primo ha scoperto tutto ciò, ma il suo impegno è andato ben al di là di questo campo astratto e filosofico: anarchico dichiarato, intellettuale militante, si è fatto conoscere per non avere alcuna remora nel divulgare, denudandoli, i meccanismi con cui prolifera il potere, pervade nell’economia umana, produce ricchezza esautorando enormi masse di popolazione da tale ricchezza.

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Al fondo della sua filosofia politica sembra esserci l’idea di una fondamentale uguaglianza degli esseri umani, animati da esigenze di libertà comuni su cui pesa, essenzialmente, l’enorme macigno secolare di un sistema di potere che cavalca le forme di produzione capitalistiche per autoriprodursi e preservarsi. Quello che è necessario fare dunque, per Chomsky, è continuamente mettere a nudo tali meccanismi di auto-conservazione, mostrando ad esempio che, di fatto, quando i grandi gruppi industriali falliscono e chiedono prestiti allo stato (come è successo all’industria dell’auto americana durante l’ultima crisi, per citare solo un caso) tali gruppi industriali usano una forma di socialismo corporativo di stato, sfruttando di fatto un sistema economico che nella vita politica democratica normalmente vituperano, non al servizio della comunità, ma per schiavizzarla, coprendo così i limiti intrinseci alla produzione capitalista e al sistema di potere ad esso legato.

Nell’ultimo libro uscito in Italia per Ponte alle Grazie dal titolo I padroni del mondo, Chomsky analizza l’evoluzione dei sistemi di potere dell’occidente moderno a partire dalla guerra fredda, con uno stile privo di fronzoli e basato unicamente sulla deduzione logica, cercando di capire come si sono creati gli apparati burocratici e statuali che hanno spalleggiato il potere economico occidentale, creando gerarchie alle quali si è sottomesso in modo quiescente e mite il bisogno dei molti.

La visione di Chomsky è quella di un mondo in cui le cose che rendono gli uomini simili, esattamente come avviene per il linguaggio, prevalgano nell’organizzazione della vita collettiva, abbandonando una società basata sulla schiavitù verso un desiderio indotto, e su un concetto di libertà che nasce da pregiudizi sociali e valori etici generati dalla cultura in cui si nasce, come il mito della priorità dell’arricchimento personale.

Locandina di Conversazioni con Noam Chomsky, la Talk-Opera che si terrà il 26 Gennaio all'Auditorium Parco della musica di Roma.
Locandina di Conversazioni con Noam Chomsky, la Talk-Opera che si terrà il 26 Gennaio all'Auditorium Parco della musica di Roma.

Il 24 e 25 Gennaio, Noam Chomsky sarà a Roma, all’Auditorium Parco della Musica, nell’ambito del Festival delle scienze e dei linguaggi 2014 al via oggi 23 Gennaio, e parteciperà ad un evento molto particolare: un’opera musicale, o meglio una Talk-opera, uno spettacolo dove il filosofo discuterà il topic dal titolo Le storture del mondo globalizzato (24 Gennaio, ore 21) circondato da una performance video e musicale, ideata da Emanuele Casale e diretta da Fabio Cherstich, in cui tutti i personaggi, Chomsky per primo, saranno “interpreti di se stessi”, e con l’aiuto di uno schermo si  evocheranno e discuteranno figure del potere e della libertà del Novecento: Ronald Reagan, Margaret Tatcher, Salvador Allende e tanti altri. Altamente consigliata, poi, una conferenza in cui si discuterà della grammatica generativa, sabato 25 alle 21, in cui Chomsky sarà introdotto dal linguista e neuroscenziato Andrea Moro.

Chomsky, lo si può dire senza paura di essere smentiti, rappresenta un po’ il piatto forte del Festival delle scienze di quest’anno: la sua influenza e il suo impegno lo hanno reso  un intellettuale di enorme seguito non per il carisma, o magari per il prestigio acquisito dalle sue ricerche sulla lingua od altri fattori più o meno superficiali, ma essenzialmente per  la chiarezza, la forza della logica, con cui porta avanti tesi giustamente radicali, che trovano la loro ragion d’essere solo nella loro razionale radicalità, come del resto avviene sempre per la filosofia.

È anche solo per questa ragione che vale la pena ascoltarlo: perché anche nel modo in cui parla del potere, con la scarna lucidità che caratterizza i suoi discorsi, rappresenta la vittoria di un anomalia comunicativa, un’anomalia per cui la chiarezza, la distinzione e la dimostrazione di tesi legate ad alcuni aspetti fondamentali dell’esistenza umana, che riguardano tutti i soggetti politici, linguistici ed economici del mondo globalizzato, viene ascoltata per la forza della sua intelligenza.

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