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Cuore nero, la scia di sangue che unisce Castelvolturno e Firenze [REPORTAGE]

La strage di Firenze, frutto dell’odio razzista di Gianluca Casseri, e la strage di Castelvolturno, parte dell’ascesa e del tramonto criminale del sanguinario Giuseppe Setola – sicario senza scrupoli del clan dei Casalesi. Una scia di sangue lega la Campania e la Toscana.
A cura di Alessio Viscardi
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Cuore nero, cuore zingaro. #1 – da Castelvolturno a Firenze

Una scia di sangue lega Firenze e Castelvolturno. Il massacro dei senegalesi perpetrato da Gianluca Casseri come la strage di Giuseppe Setola. Tra xenofobia e camorra, il razzismo unisce l'Italia.

Il 13 dicembre del 2011 le strade di Firenze si sono sporcate di sangue e l'Italia si è riscoperta razzista. Un killer vicino all'estrema destra di CasaPound, Gianluca Casseri, ha aperto il fuoco nel mercato di piazza Dalmazia. Sono morti due immigrati senegalesi, Samb Modou e Diop Mor, che da anni lavoravano onestamente nel nostro paese. La caccia all'assassino è terminata in un parcheggio sotterraneo, dove Casseri si è tolto la vita prima di essere catturato dalle forze dell'ordine.

La strage di Firenze è l'ultimo atto di una lunga scia di sangue, fatta di aggressioni e intimidazioni, che soltanto pochi giorni prima aveva portato un gruppo di ultras iuventini a incendiare un campo Rom di Torino dopo una falsa accusa di stupro da parte di una quindicenne. Il 17 dicembre, centinaia di senegalesi sono scesi in piazza in tutta Italia per gridare il proprio dolore. Scene già viste a Rosarno e a Castelvolturno, dove la follia criminale della camorra aveva già fatto strage di stranieri.

La strage di Castelvolturno e quella di Firenze

Firenze e l'odio razzista

Il 17 dicembre scorso, pochi giorni dopo i fatti di Firenze, le comunità senegalesi italiane sono scese in strada per protestare pacificamente e per ricordarci che anche loro sono figli dell'Italia: "Come fa un grande paese ad ammazzare i propri figli?" si chiede uno degli uomini di colore che prende il microfono sotto la pioggia scrosciante di Napoli. "Io sono tunisino, ma oggi mi sento senegalese, mi sento Rom e sono orgoglioso di esserlo" urla un mediatore culturale del Maghreb reggendo un'enorme bandiera del Senegal. Una grossa donna canta con un vocione gospel dopo aver gridato il suo terrore: "Noi ci svegliamo e abbiamo paura, andiamo a dormire e abbiamo paura. In Italia, noi non viviamo più bene". Un giovane con occhialoni da sole, giaccone di pelle e capelli scolpiti col gel, rivendica rispetto: "Ho un dolore dentro di me, perché vorrei che quando un africano prende l'autobus venga trattato come gli altri e non insultato. Noi abbiamo più cultura di loro, noi parliamo più lingue di loro".

"Il termine che mi dà più fastidio è ‘extra-comunitario' – afferma un altro – perché non c'è differenza: noi mangiamo, noi puliamo, noi andiamo al bagno come voi. Non c'è nessuna differenza". Un ragazzo giovanissimo, ospitato in una struttura per minori, ha già il volto segnato da una cicatrice. Al microfono urla agli italiani: "Vergognatevi di quello che ci state facendo, noi siamo stanchi!"

Incontriamo il presidente dell'associazione Jerry Essan Masslo, l'ex-sindaco di Casal di Principe Renato Natale, nella sede di Libera al centro della "Corleone della Campania", il fortino della camorra da cui gli Iovine, i Zagaria e gli Schiavone hanno governato le sorti dell'intera regione per decenni. L'ex primo cittadino ci tiene a sottolineare la "differenza tra la strage di Firenze, maturata in un clima culturale razzista, e quella di Castelvolturno, dove maggiore è stato il peso delle dinamiche camorristiche". Nel capoluogo toscano, precisa Natale, si è arrivati a un tragico epilogo dovuto al fatto che sugli immigrati si scaricano le tensioni sociali dovute al particolare momento di crisi. Il presidente, però, sottolinea anche come i commercianti fiorentini "che dieci anni fa sarebbero scesi in piazza contro gli immigrati" questa volta abbiano indetto una serrata in solidarietà con la comunità senegalese di Firenze.

Castelvolturno, un pezzo di Africa in terra di Gomorra

La strage di Castelvolturno si generò nell'intreccio perverso tra la follia camorrista del sicario Giuseppe Setola, cane sciolto del clan dei Casalesi, e un retroterra di razzismo insito nella malavita castellana, che cerca di controllare il mercato delle braccia da lavoro e della prostituzione. Soprannominato "o' Cecato", Setola ci vedeva benissimo. Insanguinò le strade della provincia di Caserta, da Casal di Principe a Castelvolturno, dopo essere fuggito da una clinica di Pavia nella quale era stato trasferito perché dichiarato non-vedente. Il 18 settembre del 2008, il suo gruppo di casalesi scissionisti aprì il fuoco davanti a una sartoria di Varcaturo, facendo mattanza di stranieri.

Protesta di immigrati a Castelvolturno

Il massacro degli immigrati scatena la prima rivolta contro la camorra dei Casalesi, a guidarla sono gli africani. Non era la prima volta che gli stranieri finivano nel mirino della malavita, infatti c'erano stati negli anni Ottanta l'omicidio del rifugiato politico Jerry Essan Masslo e la strage di Pescopagano, ma la mattanza di Castelvolturno genera un orrore inedito nella popolazione immigrata.

La strage di Castelvolturno avviene alla fine di un'estate segnata dalla follia omicida del gruppo di fuoco guidato da Setola, che con intimidazioni e omicidi cercava di controllare il territorio. In quel periodo, cadono sotto il piombo dei camorristi Domenico Noviello, imprenditore che dieci anni prima aveva denunciato i propri estorsori, il padre del pentito Domenico Bidognetti e il proprietario di un lido sul litorale domizio. In quel contesto, ricorda Renato Natale "il clan dei Casalesi fa pressione sulle mafie africane, attraverso aggressioni e atti intimidatori, per aumentare i proventi del mercato della droga e della prostituzione". La strategia di Setola è "terroristica": il sicario ei suoi sodali ammazzano indiscriminatamente sei stranieri africani, che nulla hanno a vedere con la criminalità, per lanciare un messaggio a tutti gli altri. I nomi delle vittime sono Kwame Antwi Julius Francis, Affun Yeboa Eric, Christopher Adams del Ghana; El Hadji Ababa e Samuel Kwako del Togo; Jeemes Alex della Liberia. "Si è sparato nel mucchio – ricorda il presidente dell'associazione intitolata a Jerry Masslo – Si è semplicemente cercato un posto dove c'erano i ‘neri' per aprire il fuoco con i kalashnikov".

A Castelvolturno, così come a Firenze, così come in qualsiasi altro luogo del mondo, il sangue dei "neri" uccisi era rosso proprio come quello dei bianchi assassini. Da un parte, il sanguinario sicario della camorra, dall'altra un folle ideologo vicino ai movimenti xenofobi di destra. In mezzo, troppi cadaveri.

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