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Opinioni

Colosseo e legge sullo sciopero: è l’ennesima propaganda di governo contro i diritti

Il Colosseo chiude per assemblea sindacale e centinaia di turisti attendono in fila sotto il sole. Politici e governo annunciano la necessità di una nuova legge sul diritto allo sciopero. Che in questo caso non c’entra nulla. È solo propaganda.
A cura di Michele Azzu
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Mettiamo in chiaro una cosa: quanto è successo oggi al Colosseo non ha nulla a che fare col diritto di sciopero. È invece preoccupante la reazione del governo volta a criminalizzare lavoratori e sindacalisti, assieme all’annuncio di un consiglio dei ministri sui servizi pubblici e gli annunci indignati – dal sindaco di Roma Ignazio Marino a Matteo Renzi al ministro Dario Franceschini – sulla necessità di procedere a una (già annunciata) riforma degli scioperi.

È probabilmente il caso più eclatante di propaganda realizzato finora da questo governo. E cioè, rilasciare dichiarazioni su una cosa che non c’entra niente al fine di promuovere le politiche di Matteo Renzi. In questo caso, servirsi di un episodio sul disagio dei turisti per promuovere il disegno di legge – promosso da Pietro Ichino e Maurizio Sacconi – sulla riforma degli scioperi, e cioè sulle restrizioni che si vogliono introdurre per poter protestare sul lavoro.

È chiaro a tutti, governo, opposizioni ed enti locali che non può essere il diritto di sciopero ad aver creato la situazione di disagio di questa mattina – quando centinaia di turisti hanno atteso sotto il sole l’apertura del Colosseo mentre un cartello (scritto un po’ male) informava che il monumento sarebbe stato chiuso per tre ore per via di un’assemblea sindacale.

L’assemblea è un diritto. Questa del Colosseo, in particolare, era stata comunicata per tempo: con due giorni di preavviso. Tre ore di assemblea non sono neanche tante, e le ragioni per cui lavoratori e sindacalisti si sono trovati a discutere erano serie e urgenti: tra queste il mancato pagamento degli straordinari da oltre un anno.

Insomma, un’assemblea legittima e necessaria (se vi è mai capitato di non venire pagati per oltre un anno sapete di cosa parlo). Il disagio dei turisti non è stato causato dai sindacalisti, dai lavoratori, o dal diritto allo sciopero. Questa è una questione di pessima gestione della comunicazione e del rischio: chi aveva dovere di informare il pubblico poteva facilmente pensare che ci sarebbero stati centinaia di turisti stranieri che non leggono le comunicazioni della stampa locale o le bacheche sindacali.

Ignazio Marino, Matteo Renzi e il ministro Dario Franceschini, ora, dovrebbero individuare i responsabili. Chiarire l’accaduto con la Sovrintendenza dei Beni Culturali. Invece no. Come per l’episodio del funerale di Vittorio Casamonia, anche qui governo e municipio sembrano avere una grande difficoltà ad individuare le responsabilità, a seguire le procedure e decidere le sanzioni (nel caso ci fossero). No, lontani da tutto questo governo e parlamentari a caso si sono buttati a capofitto sulla polemica della settimana. E già che ci siamo, perché non battere il ferro sulla riforma degli scioperi?

Facciamo un po’ di chiarezza. Anzitutto la questione sul diritto allo sciopero è in atto in tutta Europa, e va ben oltre l’Italia, il Colosseo, e gli account twitter dei nostri ministri. In inghilterra, ad esempio, oggi è stata approvata in seconda lettura la “Trade Union Bill”, un testo di riforma del governo dei conservatori di David Cameron in cui si pongono dei paletti all’esercizio del diritto di sciopero. Il progetto di legge prevede che più del 50% dei dipendenti di una società partecipi al voto su uno sciopero perché sia legale (esattamente come vogliono fare in Italia). Il testo deve ancora essere approvato in via definitiva, ma il partito Labour del neo-eletto leader Jeremy Corbyn si oppone duramente (mentre in Italia è il partito labour nostrano, il Pd, a volere le stesse misure della destra inglese).

In Spagna, poi, lo scorso marzo il governo ha approvato la legge anti-protesta più repressiva d’Europa, come la definisce Marco Nurra su Valigiablu.it, introducendo durissimi limiti e pesanti sanzioni per chi protesta davanti al parlamento, insulta i politici o le forze dell’ordine sui social media. Fra i reati più gravi vengono individuati proprio gli scioperi nelle installazioni pubbliche: “Le proteste dei medici e infermieri della Sanità Pubblica, che negli ultimi anni hanno difeso un diritto sacrosanto dei cittadini, con la nuova legge sono illegali”, scrive Nurra. Insomma, c’è una volontà europea che va ben oltre l’Italia nel volere limitare il nostro diritto di sciopero.

In secondo luogo, appare pretestuoso il luogo comune per cui: “Queste cose succedono solo in Italia”. La metropolitana di Londra, ad esempio, ha subito pesanti scioperi negli ultimi mesi, tanto da aver creato una “economia alternativa” tra le persone costrette a cambiare le proprie abitudini di viaggio. Ma sui musei, sempre nella capitale inglese, è la National Gallery ad avere chiuso per ben 50 volte nell’ultimo anno per le proteste dei lavoratori. Così come è successo anche alla Torre Eiffel o al Louvre di Parigi.

Terzo: qualcuno al governo, oltre a proporre i consigli dei ministri e le leggi anti-sciopero, si è chiesto perché i lavoratori del Colosseo non ricevono parte dello stipendio da oltre un anno? Hanno pensato a trovare una soluzione? Si sono informati sulle altre ragioni di questa assemblea, ben chiare nel comunicato dei sindacalisti? C’è in ballo un rinnovo dei contratti, la creazione di un Consorzio, un confronto sull’organizzazione del lavoro che così com’è non funziona. E il caso di oggi ne è un esempio lampante.

Se al governo decideranno che bisogna creare un regime speciale per i musei, come servizi pubblici essenziali, ce ne faremo una ragione. Ma è necessario ribadire che la questione sul diritto allo sciopero non ha nulla a che vedere con quanto accaduto al Colosseo. La verità è che questo governo sta lavorando da tempo a una riforma degli scioperi, così come sta accadendo nel resto d’Europa, così come in un anno e mezzo di governo si è fatto di tutto per mettere i sindacati all’angolo.

È semplicemente l’ennesima manovra per toglierci qualche altro diritto sul lavoro, dopo l’abolizione dell’articolo 18, la liberalizzazione dei contratti di apprendistato e dei contratti a tempo, dopo i controlli a distanza sul posto di lavoro. Tutte cose su cui il governo ha legiferato nell’ultimo anno, cose che ci fanno ben capire l’intenzione di voler porre limiti anche agli scioperi. Solo, non veniteci a dire che è per il grande disagio provato oggi dai turisti al Colosseo.

Matteo Renzi, Dario Franceschini e Ignazio Marino credono davvero che si sia trattato di un grave episodio? Bene, allora si cerchino i responsabili. E chi se ne frega se “La misura è colma”, come ha commentato il ministro Franceschini su Twitter. La misura è colma anche nel dover assistere a questo uso spregiudicato della propaganda, dei media, della polemica, per giustificare ogni volontà misera di questo governo. In particolare quando si tratta di lavoro.

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Michele Azzu è un giornalista freelance che si occupa principalmente di lavoro, società e cultura. Scrive per L'Espresso e Fanpage.it. Ha collaborato per il Guardian. Nel 2010 ha fondato, assieme a Marco Nurra, il sito L'isola dei cassintegrati di cui è direttore. Nel 2011 ha vinto il premio di Google "Eretici Digitali" al Festival Internazionale del Giornalismo, nel 2012 il "Premio dello Zuccherificio" per il giornalismo d'inchiesta. Ha pubblicato Asinara Revolution (Bompiani, 2011), scritto insieme a Marco Nurra.
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