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Uccise i suoi genitori per ottenere l’eredità: Pietro Maso chiede di lavorare per i servizi sociali

Nel 1991 massacrò i suoi genitori per impossessarsi dell’eredità: Pietro Maso chiede di terminare la sua pena lavorando in un’associazione impegnata nel reinserimento. Per l’omicidio, avvenuto a Montecchia di Crosara, l’uomo fu condannato a 30 anni di carcere.
A cura di Carmine Della Pia
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Carcere milanese Opera

Pietro Maso ha chiesto di scontare quanto gli resta della pena fuori dal carcere. Nel 1991 il 40enne uccise i suoi genitori per impossessarsi dell'eredità. Il caso fece particolarmente scalpore, e se ne discusse molto anche dieci anni dopo, nel 2001, per il Delitto di Novi Ligure, quando Erika de Nardo uccise, con la complicità dell'allora fidanzato Omar Favaro, sua madre e il suo fratellino di dieci anni. Nel 1992, ad un anno dal massacro avvenuto a Montecchia di Crosara (Veneto), si scoprì che non vi era stata alcuna rapina, come inizialmente riferito agli inquirenti: ad ammazzare i coniugi Maso era stato proprio il figlio 20enne, che da anni cercava di compiere il folle gesto, senza riuscirci. Pietro fu condannato a 30 anni di prigione nel '92, ma, tra indulto e liberazione anticipata, la pena terminerà tra 17 mesi, con quasi dieci anni di anticipo. In occasione dell'udienza al tribunale del riesame, fissata per il prossimo maggio, Maso ha chiesto di poter scontare la sua pena fuori dal carcere, specificando che gradirebbe occuparsi dei lavori di segreteria in un'associazione impegnata nel reinserimento.

Condannato a 30 anni di carcere per l'omicidio dei suoi genitori, avvenuto il 17 aprile 1991 a Montecchia di Crosara (Veneto), Pietro Maso scontò la sua pena fino al 2008, quando ottenne il regime di semilibertà. Fino allo scorso anno, l'uomo, ora 40enne, si occupava di inserimento dati e rientrava in cella solo alle 22.30 di sera. Per circa un mese, però, a Maso era stata sospesa la semilibertà per un mese, a causa di una denuncia da parte di un uomo che sosteneva di subìto minacce. I giudici decisero di non negare la semilibertà, ma di apporre restrizioni in termini di orario, per cui il 40enne tornò a lavoro iniziando l'attività di spazzino. Ora, a 17 mesi dalla fine della pena, Pietro Maso invia una nuova richiesta per occuparsi della segreteria di un'associazione che si occupa del reinserimento. "Non ho potuto salvare me stesso, quindi cerco almeno di salvare gli altri", avrebbe riferito. L'uomo fu rinchiuso nel carcere milanese di Opera nel 1992, quando confessò di aver ucciso Antonio Maso e Mariarosa Tessari, i suoi genitori, servendosi di un tubo di ferro e di altri corpi contundenti come spranghe e, addirittura, un bloccasterzo.

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