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Stupro Firenze, la studentessa Usa: “Il carabiniere mi ha stretto e baciato con la forza”

Il racconto di una delle due studentesse americane che hanno denunciato lo stupro da parte di due militari dell’arma. “Amo l’Italia, non incolpo questo Paese per quello che è successo” ha spiegato la giovane a Porta a Porta.
A cura di Antonio Palma
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"Quando siamo arrivati fuori della porta dell’appartamento", uno dei carabinieri "mi ha chiesto di baciarlo e, anche se ho detto di no, lo ha fatto lo stesso, ho cercato di resistere ma lui mi ha costretta a fare cose che non volevo fare", così una delle due studentesse americane che hanno denunciato lo stupro da parte di due militari dell'arma a Firenze, ha raccontato i drammatici momenti della violenza che sarebbe avvenuta la notte del 7 settembre scorso. In una intervista televisiva a Bruno Vespa per la trasmissione "Porta a Porta"e dietro l'animato, la giovane ha risposto ad alcune domande sui fatti denunciati, preferendo però non raccontare i dettagli dell'accaduto.

"Non avevamo bevuto troppo, i taxi non hanno risposto alla chiamata e abbiamo chiesto poi aiuto a un gruppo di carabinieri, erano in sei", ha spiegato la giovane raccontando che nemmeno i militari sono riusciti a trovare un taxi per loro  dopo la serata trascorsa in un locale. È a questo punto che i due carabinieri ora sotto processo, Marco Camuffo e Pietro Costa, si sarebbero offerti di accompagnarle a casa. "Si sono offerti loro di darci un passaggio, durante il tragitto verso casa che è durato circa 20 minuti, parlavano tra di loro, noi non parliamo italiano e non capivamo" ha spiegato la giovane, raccontando: "Quando siamo arrivati abbiamo detto ‘grazie per il passaggio’ e aperto la porta ma loro hanno offerto di continuare ad aiutarci. Dopo aver detto ‘grazie, grazie mille’ abbiamo cercato di andarcene per conto nostro".

Poi la presunta violenza all'interno del palazzo. "Fuori della porta dell’ appartamento mi ha chiesto di baciarlo e, anche se ho detto di no, lo ha fatto lo stesso" ha accusato la ragazza, aggiungendo: "Ho resistito ma non voglio scendere in ulteriori dettagli in questo senso, dopo essere entrate nell’ edificio". Quando la sua amica in lacrime è salita con l'ascensore con l'altro carabiniere lei dice di averla trascinata nell'appartamento e di aver subito richiuso la porta a chiave. "Sono scappata prima che loro potessero dire qualcosa e ho chiuso la porta a chiave, poi sono andata dalle mie amiche e ho chiamato mio padre in America, lui ha detto di chiedere aiuto e o ho chiamato numero di emergenza della scuola" ha spiegato la giovane, concludendo: "Amo l'Italia, non incolpo il Paese, tornerò non appena sarà fatta giustizia".

L'intervista è stata registrata prima dell‘incidente probatorio di giovedì probatorio durante il quale è stata ricostruita tutta la dinamica che ha fatto emergere anche un altri particolare: una delle due ragazze aveva memorizzato sul suo cellulare il numero di uno dei militari accusati. Di fronte alle domande della difesa, la giovane avrebbe confermato di averlo salvato nella rubrica aggiungendo però di non ricordarne il motivo. Il quesito era una delle 250 domande proposte dai difensori al giudice, molte delle quelle non ammesse. "Mi ricorda mio nonno. Neppure all'inferno mi farei toccare da lui", aveva risposto invece la ragazza ad un'altra domanda molto precisa: "Lo considerava sexy, le piaceva, provava interesse per lui?". "Il tono della domanda dimostra il tenore dato all'incidente probatorio dalle difese dei due militari, tanto è vero che il gip ha ammesso pochissime delle loro domande sottolineando che lui stesso non voleva tornare indietro di 50 anni quando anche nei tribunali circolava una diversa, e retriva, concezione della donna"ha spiegato l'avvocato di parte civile.

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