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Stupro Firenze, studentesse Usa ascoltate per 12 ore: accuse confermate contro i carabinieri

Le studentesse americane che hanno accusato due carabinieri di averle stuprate a Firenze sono state ascoltate per oltre 12 ore e, tra pianti e malori, hanno confermato che la notte del 7 settembre furono violentate da due carabinieri che avrebbero dovuto accompagnarle a casa.
A cura di Susanna Picone
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È andato avanti per più di dodici ore, tra pianti e lievi malori, l'incidente probatorio all'aula bunker di Firenze sul caso della denuncia di due carabinieri per violenza sessuale contro due studentesse americane di 19 e 21 anni. Stupri che, secondo la denuncia delle giovani donne, avvennero la notte del 7 settembre scorso, quando i due carabinieri Marco Camuffo e Pietro Costa le accompagnarono a casa con l'auto di servizio dopo la serata trascorsa in un locale. Il Gip Mario Profeta ha ascoltato le due ragazze in lunghe deposizioni durate rispettivamente circa 7 ore la prima e cinque ore e mezzo la seconda. All'uscita dell'aula gli avvocati hanno detto che sono state fatte solo brevi pause per necessità personali. Le due giovani americane – hanno spiegato gli avvocati Gabriele Zanobini e Francesca D’Alessandro – hanno confermato i loro racconti nonostante le numerose domande che i difensori dei due carabinieri avevano chiesto di fare al giudice nella forma della modalità protetta con cui sono state sentite. I due legali hanno riferito che ci sono stati dei “momenti drammatici e di sofferenza” durante le due deposizioni e che una delle studentesse, la ventunenne, è scoppiata a piangere quando le è stato chiesto di ricordare il momento dello stupro. “Ne ha parlato con molta sofferenza, è stato un pianto liberatorio, il superamento di uno scoglio, ora può affrontare meglio il suo percorso di riabilitazione”, ha spiegato l’avvocato.

Gli avvocati dei carabinieri: “Fessi a portarle a casa in auto, ma nessuno stupro”

Da parte loro, i due carabinieri accusati di stupro non avrebbero intenzione di scusarsi. “Non hanno da chiedere scusa. Non devono chiedere nessuna scusa alle ragazze, semmai siamo noi quelli amareggiati”, ha commentato il difensore del carabiniere scelto Pietro Costa, l’avvocato Giorgio Carta, dopo l'incidente probatorio. L’avvocato lo ha detto ribadendo la linea della difesa, per cui i rapporti sessuali tra i carabinieri e le studentesse sono avvenuti ma le ragazze erano consenzienti. “Eventualmente sono stati fessi – ha aggiunto l’avvocato – a metterle nella macchina di servizio per accompagnarle a casa”. Carta si è detto sicuro dell'innocenza del suo assistito, sconvolto per le accuse. L’avvocato ha anche detto di avere apprezzato il modo in cui “il giudice Profeta ha gestito gli interrogatori” anche se “un terzo delle 260 domande che ho proposto non sono state fatte”. Comunque, ha aggiunto, “siamo soddisfatti, questa è solo una fase del processo”.

Perché una delle ragazze aveva memorizzato il numero del carabiniere?

Durante l'incidente probatorio è stata ricostruita tutta la dinamica: dall'approccio dei due carabinieri nei confronti delle studentesse, conosciute dopo una serata passata nella discoteca Flò, all’auto di servizio dei militari e al rapporto sul pianerottolo e nell'ascensore del palazzo dove alloggiavano le americane. Gli avvocati dei militari hanno presentato quasi duecento domande, molte delle quali non sono state ammesse dal giudice. Ad esempio, quelle di voler sapere se le ragazze indossassero gli slip la notte del rapporto sessuale o se trovavano sexy i militari. Accettato dal gip invece il quesito sul motivo perché una delle due studentesse, che hanno confermato di aver bevuto molto alcol quella notte, avesse memorizzato sul suo cellulare il numero di uno dei militari accusati. La giovane, da quanto si apprende, avrebbe confermato di averlo salvato nella rubrica aggiungendo però di non ricordarne il motivo.

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