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Samuele Bartoletti, in gonna o pantaloni la persona non cambia: “La diversità non è un difetto”

Samuele Bartoletti a Fanpage.it ha raccontato il suo viaggio verso la consapevolezza. Andando oltre gli stereotipi e i pregiudizi ha trovato la sua libertà di esprimersi, anche con l’abbigliamento. Ha trasformato la sua diversità, che per anni aveva visto come un difetto, in un punto di forza da valorizzare e proteggere.
A cura di Giusy Dente
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Instagram @samuelebartoletti
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La massima forma di espressione per Frida Kahlo era l'autoritratto, una sorta di diario per immagini in cui la pittrice riversava emozioni e sensazioni, dolori, passioni e turbamenti. Era un modo intimo per dare forma e consistenza a se stessa, attraverso le pennellate sulla tela. Sono dipinti che ci raccontano di un estremo bisogno di espressione, di dar voce a quel corpo che insieme era una gabbia e uno strumento di libertà. A Fanpage.it Samuele Bartoletti ha raccontato che proprio ispirandosi a Frida Kahlo ha cominciato a prendere coscienza di sé, attraverso la fotografia e l'autoritratto. E l'immagine di sé che metteva su tela era sempre molto diversa da quella che poi vedeva nello specchio. A quel punto si è chiesto: perché non posso essere in quel modo anche nella vita di tutti i giorni, se è così che mi sento? E lì è iniziato il suo percorso.

Prendere consapevolezza di sé è un viaggio verso la libertà

Oggi Samuele è un ragazzo di 24 anni che sfoggia con sicurezza una folta chioma di capelli ricci, indossa indistintamente gonne e pantaloni, veste di rosa così come di paillettes. Sa di attirare su di sé sguardi non sempre benevoli, ma spesso morbosamente curiosi e l'esposizione sui social lo mette quotidianamente dinanzi a domande e battutine, sul suo aspetto fisico. Certi commenti non sono una novità, sono parole cattive che si porta dietro sin da quando era bambino. A quel tempo ci soffriva ed erano proprio quei commenti a farlo chiudere ancora di più in se stesso, impedendogli di esprimersi con libertà e verità.

Instagram @samuelebartoletti
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"Ero un bambino molto timido, facevo fatica a esprimermi perché mi sentivo giudicato costantemente per il mio aspetto. Questo mi bloccava. Ho vissuto l'infanzia e l'adolescenza indossando una maschera per sentirmi accettato dagli altri. Se ci ripenso è come se pensassi a un'altra persona: non ero proprio io. Poi col tempo ho iniziato a pensare alla diversità come a un concetto positivo: fino a quel momento era un difetto, essere diverso. Poi l'ho visto come qualcosa che poteva rendermi felice" ha raccontato. E a quel punto è iniziato il suo viaggio di consapevolezza, che lo ha reso chi è oggi.

Instagram @samuelebartoletti
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Guardarsi e finalmente riconoscersi

Gradualmente Samuele ha ribaltato il suo punto di vista: il suo corpo da gabbia è diventato uno strumento per volare verso la felicità. "Prima quando mi guardavo allo specchio non mi riconoscevo. Ora, con tutti i miei difetti e le mie insicurezze, vedo chi sono e questa è la cosa più importante: so che sono così e mi riconosco" ha spiegato. Di grande aiuto gli è stata l'arte, in particolare la pittura e la fotografia: "Quando ho iniziato a prendere consapevolezza di me stesso ho iniziato a dipingere autoritratti, stavo leggendo la biografia di Frida Kahlo e mi affascinava il suo essere se stessa fregandosene dei canoni estetici. La sua unicità, la sua diversità la rendevano ancora più bella ai miei occhi. Ho iniziato a fare autoritratti perché mi dipingevo come volevo essere: coi fiori, coi capelli lunghi. E quando guardavo quei quadri mi dicevo: perché anche nella realtà non posso essere così?".

Instagram @samuelebartoletti
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Oggi è finalmente come si dipingeva in quei quadri: "È stato un viaggio di consapevolezza: piano piano e a piccoli passi. Anche coi miei genitori: loro non erano abituati a certe dinamiche diverse da quelle tradizionali, vedere me che approcciavo in maniera diversa alla vita non è stato facile. Ma ho fatto capire loro che ciò che volevo essere non costituiva nulla di sbagliato. Mia mamma era quella più preoccupata: aveva paura di quello che potessero farmi gli altri. Lei sapeva le mie sofferenze quando era bambino, aveva paura che potessero farmi ancora del male, ma col tempo ha capito".

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I vestiti non hanno un genere

"L'abbigliamento è il modo di esprimermi: con l'abbigliamento ho fatto vedere anche ai miei genitori chi volevo essere" ha raccontato Samuele, che nello scegliere i vestiti non fa riferimento alla tradizionale distinzione tra capi maschili e capi femminili. "Io non vedo il genere. Io quando mi vesto non guardo se è qualcosa considerato maschile o femminile, mi vesto in base a ciò che mi piace, a ciò che mi fa stare bene, che esprime la mia personalità. Per me è semplice: mi piace, lo indosso. Per me non c'è distinzione. Se indossi un paio di pantaloni o altro, se sei una brava persona, che rispetta se stesso e gli altri, che cambia?" ha spiegato.

Instagram @samuelebartoletti
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E allo stesso modo, Samuele non vive la sua vita in funzione di etichette di genere: "Mi dicono sempre: perché parli di te al maschile, se ti vesti da donna? Non mi piace definirmi, su di me non mi piacciono le definizioni, perché non mi rispecchio completamente né in un genere né nell'altro. Non mi cambia, vedermi come maschio o femmina: sono oltre questa distinzione, per quanto mi riguarda. Mi dicono (anche con arroganza): si vede che sei un uomo. Lo dicono per farti sentire sbagliato. Ma io non ho mai detto di voler somigliare a una donna". 

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Dietro il muro degli stereotipi, c'è chi sei veramente

"Io vengo da un altro pianeta. Io vedo orizzonti dove tu disegni confini" è una frase di Frida Kahlo in cui Samuele vede riflessa parte della sua storia. Il suo aspetto e il suo modo di vivere (libero, ma soprattutto coerente con se stesso) non sono da tutti accettati e compresi: "Molte persone è come se avessero dei limiti nel guardare le cose. Io ho scavalcato un muro e una volta che l'ho fatto ho visto oltre quel muro un panorama bellissimo. Ho visto la mia libertà. Io dico a tutti di guardare oltre i limiti, oltre l'orizzonte: lì dietro c'è l'infinito". Non è stato facile andare oltre quella barriera.

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Ci è riuscito solo mettendo se stesso al primo posto e lasciando indietro le aspettative altrui, le pressioni sociali, i commenti, i giudizi: "Non è facile, ma bisogna partire da questo presupposto: trasformare quelle che per gli altri sono debolezze in forze. Quando fai questo, ti potranno offendere, criticare, ma se sei fiero di te sei invincibile. Da bambino ero preoccupato quando mi dicevano effeminato e provavo in tutti i modi a eliminare questo difetto (per gli altri). Poi ho capito che non era un difetto: è quello che sono. Perché non considerarlo un pregio e valorizzarlo? È quello che ho fatto e oggi è la mia forza, nulla mi scalfisce".

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Difatti anche con gli haters ha un rapporto sereno: "Io sono  fiero di quel che sono. Mi dispiace però che certe parole possano arrivare a persone più fragili di me: non bisogna farsi abbattere da certi pensieri. La diversità è unicità, è inutile cercare di seguire modelli per sentirsi accettati, perché dobbiamo vivere per noi stessi e stare bene quando ci guardiamo allo specchio. In alcune realtà è impossibile: mi distrugge pensare che c'è una persona come me dall'altra parte del mondo che non può esprimersi come vorrebbe. Mi auguro che la mia libertà possa essere garantita in ogni parte del mondo". 

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