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Giro d'Italia 2024

Perché il Covid sta diventando un problema inaspettato al Giro d’Italia 2023

Dopo una sola settimana di Giro, ben 7 ciclisti hanno dovuto abbandonare per positività ai tamponi. Tra questi il nostro Filippo Ganna e l’ex maglia rosa Remco Evenepoel. Ma il rischio di vedere altri corridori abbandonare la corsa è più che reale: a deciderlo sono i team.
A cura di Alessio Pediglieri
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Il Giro d'Italia 2023 ha concluso la sua prima settimana di corse e dopo nove tappe a vestire la maglia rosa è Geraint Thomas. Non perché se l'è guadagnata in strada ma perché a consegnargliela è stato Evenepoel, il belga che aveva il miglior tempo, anche grazie dopo la vittoria delle due cronometro e che è risultato positivo al Covid. Covid che è stato il vero fattore determinante di questa prima parte della corsa in rosa e che rischia di creare più di qualche problema nel proseguimento del Giro.

Ovviamente la notizia clamorosa del ritiro improvviso di Evenepoel ha fatto scoppiare la bolla attorno al coronavirus che già da settimane veleggiava attorno al Giro d'Italia 2023. Il Covid è stato il protagonista assoluto prima della partenza della 106a edizione,  fermando il nostro Ciccone, poi nel bel mezzo della gara. In totale prima del riposo di lunedì 14 maggio, sono ben sette i ciclisti ritirati per positività al tampone, compreso l'ultimo, Rigoberto Uran, ma altri lamentano problemi da diversi giorni.

Ovviamente, il fatto che diversi ciclisti vengano fermati ha suscitato qualche scalpore e diverse perplessità: come mai solo questo sport sembra pagare il dazio al Covid mentre altre discipline, pur di squadra e soprattutto di contatto, sembrano immuni? La risposta è da ricercare nelle scelte che hanno fatto le varie squadre, così come le decisioni prese dall'UCI e dall'organizzazione della corsa rosa. Intanto, c'è da sottolineare che il Covid non è svanito, anche se è stato qualificato come una influenza e lo stato di allerta per pandemia è stato ufficialmente tolto dall'OMS nei giorni scorsi.

Influenza che comunque c'è e che in alcuni casi mette in difficoltà i ciclisti che devono pedalare ogni giorno per tre settimane 150/200km, stando in contatto per ore, tutti i giorni, in plotone. Il rischio di contagio e trasmissione è evidentemente alto e quindi il proliferare di malesseri diffusi ha una percentuale alta. Tanto più dopo che le squadre hanno il totale libero arbitrio di decidere cosa fare con chi è trovato positivo ai tamponi predisposti a campione prima e dopo le tappe.

L'organizzazione del Giro non decide se un ciclista debba partecipare o meno e presentarsi al via: è il team di appartenenza che decide il da farsi e la scelta è quella di fermare i positivi. Così è capitato già a sei corridori, tra cui nomi grossi come Evenepoel e prima ancora Ganna. Ed è anche per questo che il belga non ha atteso il giorno di riposo per capire se poteva ripresentarsi al via oppure no: non era asintomatico, problemi di respirazione ne aveva e ha onorato l'ultima cronometro come meglio ha potuto ma non avrebbe potuto prendere parte alle montagne. Dunque, scelta di ritirarsi subito invece di aspettare uno o due giorni (visto che le prossime due tappe sarebbero state comunque un dispendio di energie e in mano ai velocisti).

Dunque, "svelato il mistero" attorno ai casi di positività che costellano il ciclismo, resta da capire quanto il Covid possa influire ancora sul resto della corsa rosa. E' un punto interrogativo con cui ci si confronta ogni mattina prima del via della tappa e ha già rivoluzionato gerarchie e vittorie, anche se con la ripartenza di martedì torneranno obbligatorie le mascherine nelle zone miste. Adesso la generale è in mano a Geraint Thomas che si è già detto dispiaciuto di avere indossato la "rosa" senza meritarselo, ma avrà tempo e modo di dimostrare di valerla. La classifica senza Evenepoel si è accorciata, i ritardi minimizzati: è l'unico aspetto positivo del Covid. Tutto il resto rimane un enorme punto interrogativo con cui dover fare ogni giorno i conti.

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