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Opinioni

“Terrone di m***a” ci ricorda che il calcio italiano ha un grosso problema con il razzismo

Il caso del tesserato dell’Atalanta immortalato mentre reagiva in malo modo alla provocazione di un tifoso del Napoli, al grido di “terrone di merda”, è l’ultima fotografia del razzismo strisciante e latente da cui il calcio italiano non riesce a liberarsi. Tra attenuanti e giustificazioni, anziché condannare, in un costante e avvilente minimizzare.
A cura di Sergio Chesi
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Alla fastidiosa e gratuita provocazione di quel tifoso del Napoli nei confronti dell’Atalanta tutta si sarebbe potuto rispondere in tanti modi. "Pedala coglione", ad esempio, come ha fatto Gian Piero Gasperini. O anche "testa di cazzo", il primo epiteto urlato dal tesserato dell’Atalanta immortalato nel video che in queste ore sta facendo il giro del web. Ma quella che è una storia di banali e futili schermaglie da bar sport cambia connotati quando il tifoso "testa di cazzo" diventa anche un "terrone di merda".

Ci ricorda che il calcio italiano ha un grosso problema con il razzismo nel momento in cui un tesserato – per quanto stuzzicato e infastidito in modo sgradevole – non resiste all’impulso di urlare con spregio "terrone di merda" alla provocazione di un tifoso. Un male atavico, strisciante, endemico, che da anni, ormai, viene affrontato per forma più che per convinzione. E che ha alimentato, all’estero, una visione primordiale dell’Italia calcistica. Di cui c’è una percezione solo parziale.

La lotta al razzismo, secondo la visione del calcio italiano, è un fiume di parole e iniziative di facciata che non trova (quasi mai) seguito nei fatti. Una collezione impolverata di magliette simboliche, campagne social plastificate fini a se stesse,  appelli a favore di telecamera che perdono ogni effetto non appena si sposta l’inquadratura. Come se a nessuno importasse realmente, in fondo. C’è una tendenza avvilente che in questi casi si rincorre sistematicamente: minimizzare. La ricerca dell’attenuante, la giustificazione a prescindere, la conta dei responsabili. Si tratta sempre di ‘un caso isolato', ‘una minoranza', ‘un gruppo di imbecilli'. Molto raramente di situazioni da condannare senza se e senza ma.

Il buon esempio, dopo quanto successo, dovrebbe darlo proprio ll'Atalanta. La squadra più spettacolare del nostro campionato, un modello di gestione tecnica, unica rappresentante dell'Italia (per il momento) nella Final Eight di Champions League. Una presa di posizione chiara e determinata, senza esitazioni, a sgombrare il campo da qualsiasi sospetto. Sarebbe bello. Sarebbe giusto. Sarebbe il minimo.

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Giornalista sportivo, caporedattore di Fanpage.it con delega all'area Sport. Tra le esperienze precedenti, ho ricoperto il ruolo da direttore di Goal.com, network di informazione calcistica del gruppo DAZN.
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