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Quanto costerebbe per l’Italia la mancata qualificazione ai Mondiali 2022 in Qatar

Un nuovo sponsor tecnico dal 2022, la mutualità dei diritti tv e i ricavi commerciali in aumento già nel quadriennio in corso sono un salvagente per la Figc anche in caso di sconfitta ai play-off.
A cura di Benedetto Giardina
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La sbornia per la vittoria dell'Europeo è già esaurita. L'Italia teme di assistere al Mondiale dal divano di casa per la seconda edizione di fila, ma stavolta lo fa con meno timori rispetto al 2018. Allora, l'idea di dover rinunciare alla più importante competizione per nazionali si raffigurò come un tuffo nell'ignoto, soprattutto dal punto di vista economico. Nei fatti, però, la Figc è riuscita a tamponare gli effetti nefasti di quel disastro sportivo, riuscendo addirittura ad aumentare i ricavi dopo la debacle di San Siro con la Svezia e a riportare un trofeo sulla bacheca di Coverciano, grazie al successo a Euro 2020. La pandemia ha riportato i conti alle cifre del quadriennio precedente, ma con i nuovi sponsor in arrivo il trend dovrebbe tornare positivo. Il dubbio, semmai, è uno: lo sarà anche senza partecipare al Mondiale in Qatar?

Cosa è successo con la mancata qualificazione al Mondiale del 2018?

Il parallelo è presto fatto. Nel 2014, anno dell'ultima partecipazione dell'Italia ad un Mondiale, il valore della produzione della Figc si aggirava sui 170 milioni di euro, cifra che quattro anni dopo è scesa a 160 milioni. Un passo indietro che non si è trasformato in tracollo grazie agli oltre 23 milioni di "altri ricavi" che, come si legge nello stesso bilancio federale sono principalmente riconducibili «al primo anno pieno di entrata in vigore del sistema di Mutualità generale di sistema di cui alla Legge n. 255 del 1 dicembre 2016, che attribuisce alla Figc, dal 1 luglio 2017, il 10% dei ricavi annui della Lega Serie A da licenza centralizzata dei diritti audiovisivi delle proprie competizioni». Questa fetta di "altri ricavi", da sola, è valsa 12,2 milioni di euro, ovvero più della metà della voce in questione. Senza questo mini-salvagente televisivo, dunque, l'impatto del mancato accesso a Russia 2018 avrebbe sarebbe stato diverso. Non catastrofico, ma comunque tangibile.

L'apocalisse, come l'aveva battezzata a suo tempo l'allora presidente federale Tavecchio, si sarebbe dovuta abbattere sui conti della Figc proprio in questo quadriennio, per effetto dei nuovi contratti di sponsorizzazione e di un appeal destinato a crollare senza la partecipazione al Mondiale. Invece, su questo fronte, la Federcalcio è riuscita non solo ad evitare il peggio, ma a rendere la nazionale azzurra un brand nuovamente competitivo: senza considerare il contratto con lo sponsor tecnico, i ricavi commerciali hanno superato quota 100 milioni di euro (nel precedente quadriennio si attestavano a 70 milioni) per il quadriennio che ha visto l'Italia tornare sul tetto d'Europa, senza però avere ancora la certezza di prender parte al prossimo Mondiale in Qatar. Ed è qui che sorge la preoccupazione sul futuro: se da un lato è vero che la Figc ha saputo reggere alla botta della mancata qualificazione in Russia, cosa succederebbe in caso di secondo "forfait" di fila nella principale kermesse internazionale? Il blasone dei campioni d'Europa basterebbe per evitare il peggio?

Sponsor tecnico e televisioni il "salvagente" azzurro

La risposta è sì, perché di fatto le basi sono già state poste. Nel 2022 scadrà il lungo contratto che ha legato Puma alla maglia azzurra, dopo 18 anni. Notizie ufficiali su chi sarà il nuovo kit supplier dell'Italia non ce ne sono, ma con ogni probabilità si tratterà di Adidas, in cambio di un conguaglio maggiore rispetto a quello fornito dallo sponsor attuale. Puma ha versato nelle casse federali tra i 22 e i 23 milioni di euro annui, Adidas dovrebbe garantire tra i 35 e i 40 milioni. Già questo, unito all'incremento dei proventi dell'ultimo quadriennio e ai proventi televisivi, basterebbe per tamponare gli effetti immediati di un'eventuale sconfitta nei play-off di qualificazione al Mondiale. Questo, ovviamente, se per effetti immediati si considerano i soli contributi relativi alla partecipazione al torneo, basati sul piazzamento nella competizione.

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Il Mondiale in Qatar potrebbe valere 50 milioni di dollari

Nel 2018, la Fifa ha stanziato 400 milioni di dollari per le 32 federazioni partecipanti al Mondiale in Russia, con un montepremi da 38 milioni di dollari (pari a circa 33 milioni di euro) portato a casa dalla Francia, campione del mondo. Quattro anni prima, la Germania che alzò al cielo di Rio de Janeiro la quarta coppa della sua storia, ottenne poco meno dei transalpini (35 milioni di dollari). Per il 2022, le previsioni sono di un ulteriore aumento dei premi per chi scenderà in campo in Qatar. Anche in questo caso, non sono state ancora rese note le cifre ufficiali, ma il trend dei precedenti Mondiali parla chiaro (si ipotizza persino un aumento del premio per il vincitore a 50 milioni di dollari). Cifre ben lontane dal premio con cui si chiuse malamente l'avventura brasiliana del 2014: dal bilancio Figc dello stesso anno, i contributi per la partecipazione al Mondiale ammontano infatti a 7,8 milioni di euro.

Se a marzo la nazionale di Mancini non dovesse staccare il pass per Doha, sarebbe un'incredibile occasione persa tra premi e altre opportunità commerciali. Il disastro che non si materializzò quattro anni fa, però, non dovrebbe materializzarsi nemmeno nel più clamoroso dei casi. Il salvagente, già costruito nel corso di questo quadriennio tra Europeo e Nations League, è pronto ad essere gonfiato dagli sponsor. Nel 2020, nonostante un inevitabile arretramento dovuto alla pandemia (con ricavi in calo da 174 a 169 milioni di euro), proprio le sponsorizzazioni segnarono un inversione di tendenza, passando da 40,7 a 46 milioni. E per il prossimo anno si aspetta il contratto col nuovo sponsor tecnico, destinato ad aumentare ulteriormente gli introiti. Sulla scia di un Europeo vinto e non, si spera, su quella di un secondo Mondiale mancato.

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