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Milan: perché Giampaolo non può essere esonerato malgrado la crisi di risultati

Quattro sconfitte su sei partite, tre gare perse consecutivamente, -12 punti dalla vetta, +1 dalla zona retrocessione. Il bilancio del Milan di Giampaolo è devastante eppure Boban, Maldini e Massara lo hanno confermato: perché esonerarlo adesso significherebbe esonerare anche se stessi e l’intero progetto.
A cura di Alessio Pediglieri
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Sei giornate, quattro sconfitte di cui tre consecutive. Contro l'Inter, il Torino e la Fiorentina. Solamente sei punti in una classifica che vede il Milan a -12 dalla capolista nerazzurra e a solo 1 punto di vantaggio dalla zona retrocessione. Un disastro completo. Eppure il tecnico Marco Giampaolo resta al proprio posto. Un controsenso? Per molti sì, soprattutto se tifosi milanisti perché quanto visto in campo in queste settimane è gravemente insufficiente e non si vedono segnali di reazione. Ma per la dirigenza, l'allenatore scelto in estate in accordo con la proprietà non si tocca.

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Perché Giampaolo è rimasto al proprio posto

La crisi del Milan è manifesta, non ammetterla ed accettarla sarebbe un insulto all'intelligenza di chi nel club guida le fila all'interno della piramide dirigenziale, ad ogni livello. Ma perché Giampaolo davanti all'ultima meschina figura in campo e di fronte alla contestazione di San Siro è stato riconfermato dal club? Cosa si cela dietro alle parole di Maldini nel dopo Fiorentina e che seguono a quelle già espresse nei giorni scorsi per cui si continua tutti insieme all'allenatore?

Il progetto avallato da Elliott

Dietro la conferma di Giampaolo non c'è la follia di chi non vuole vedere ciò che è evidente. C'è semplicemente la volontà, forse cocciuta, di continuare a credere in un progetto che si è condiviso tutti (nessuno escluso, nemmeno la proprietà Elliott) non più tardi di tre mesi fa. Cacciare Giampaolo, dunque, significherebbe sconfessare se stessi, gettare a mare non solo un tecnico ma l'intero progetto per ripartire da zero e non si sa con chi. Perché a quel punto, per coerenza, dovrebbero lasciare spazio anche Massara, Maldini e Boban il ‘triumvirato operativo' di Elliott.

Il futuro aziendale del Milan

E dovrebbe anche lasciare Elliott, artefice di aver avvallato la scelta estiva sia per ciò che riguarda l'allenatore – allontanando Gattuso – sia per aver sposato senza indugio un progetto delicato, fatto di una campagna acquisti di giovani, spesso in prestito, senza top player e spese folli, nella convinzione di poter costruire un progetto lungo solido e duraturo. Elliott, in realtà, vorrebbe cedere e le voci che portano il Milan vicino al gruppo LVHM al di là delle smentite di sorta, sono più che reali.

Il futuro tecnico del Milan

La scelta del Milan, dunque, è la meno semplice. Sarebbe stato facile addossare le colpe all'allenatore, imputargli la disfatta e lasciarlo su una scialuppa verso le correnti. Ciò vorrebbe il popolo rossonero stanco di umiliazioni sportive ma non è l'intento societario che prova a restare coerente a se stesso: si va avanti a vista, monitorati, in attesa che la situazione si sblocchi in positivo. O ci si salva tutti insieme o si abbandona la nave a braccetto. Per qualcuno potrebbe essere considerato il punto debole di una dirigenza ottusa, ma potrebbe rivelarsi la mossa vincente per cementare l'ambiente e creare finalmente quel gruppo sportivo-dirigenziale che oggi è semplicemente sulla carta.

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