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Marco Muller si getta sotto un treno: l’ex calciatore era latitante da 36 anni, fu chiamato Robin Hood

Diventato un fantasma per 36 anni, dopo una vita in fuga per la sua carriera criminale, l’ex calciatore svizzero Marco Muller è ricomparso senza vita sui binari di una ferrovia. Fu soprannominato il ‘Robin Hood svizzero’: rubava dove c’erano molti soldi, ma non ha mai sparato un colpo. Muller, che evase due volte, è tornato a morire nella sua città natale.
A cura di Paolo Fiorenza
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Una foto segnaletica di Marco Muller
Una foto segnaletica di Marco Muller

Un'esistenza maledetta, una fine tragica: Marco Muller è morto a 71 anni, si è suicidato gettandosi sotto un treno. L'ex calciatore svizzero era latitante da 36 anni, praticamente una vita. Tutta trascorsa in clandestinità per scappare dal suo passato criminale, fatto di rapine in banca senza peraltro sparare un colpo: proprio questo particolare della sua ‘seconda carriera' lo aveva fatto ribattezzare il ‘Robin Hood' svizzero, oltre al fatto che rubava dove c'erano molti soldi.

Muller era un centrocampista con presenze nelle nazionali giovanili svizzere, negli anni '70 aveva giocato tra le altre con lo Young Boys nella massima serie elvetica, poi aveva preso una strada sbagliata, diventando un bandito che all'epoca finì in prima pagina. L'ex calciatore è morto – dopo essersi dato alla macchia per quasi 40 anni – proprio vicino la sua città natale, Bassecourt, nel Canton Giura. Il suo corpo è stato ritrovato a febbraio sui binari della ferrovia ed è stato identificato solo nei giorni scorsi grazie ad un'analisi comparativa del DNA effettuata con un parente. La Procura ha escluso il coinvolgimento di terzi, avvalorando la tesi del suicidio.

Il ritaglio di giornale con la notizia della cessione in prestito di Marco Muller dal Delemont allo Young Boys nel 1972
Il ritaglio di giornale con la notizia della cessione in prestito di Marco Muller dal Delemont allo Young Boys nel 1972

Negli anni '80 – dopo aver appeso le scarpette al chiodo – Muller mise a segno diverse rapine a banche e furgoni portavalori. La sua vita da film lo vide evadere per due volte dalla prigione. La prima dal carcere del capoluogo cantonale del Giura, dove era detenuto per rapine nel Giura e a Neuchatel. In quella occasione, dopo essere scappato inviò alla polizia cantonale giurassiana una cassa di cognac per Natale per beffa. La seconda e definitiva evasione fu dal carcere di Thorberg, nel canton Berna, dove era rinchiuso per essere processato per due rapine a portavalori a Ginevra e Delemont.

Era il 1988, da quel momento di Marco Muller si persero completamente le tracce, divenne un fantasma e la sua storia quasi una leggenda dimenticata. La storia del calciatore che riuscì a rubare un bottino complessivo quantificato in quasi tre milioni di franchi (poco più di tre milioni di euro, non ritrovati neanche in parte), prima di sparire con una giocata degna di quel campione che coi tacchetti non era mai stato. Fino a ricomparire senza vita sui binari, un paradosso per uno che i binari della vita non aveva mai voluto seguirli.

Si pensava che il calciatore latitante si fosse nascosto in Francia negli anni successivi all'ultima evasione, poi ha deciso di porre fine alla sua vita dove tutto era iniziato 71 anni fa, la città dov'era nato. Un ex complice di Muller, Andre Jaggi, ha dichiarato al riguardo: "Non credo che Marco sia mai tornato nella sua città natale mentre era in fuga. Non era stupido. Anche sotto mentite spoglie lo avrebbero riconosciuto qui dal suo modo di camminare. Di solito si teneva la maggior parte del denaro dopo le rapine. Poi mi chiedeva in prestito qualcosa della mia parte e diceva che mi avrebbe ripagato alla prossima rapina".

Yves Girard, coetaneo di Muller, lavorava in una banca di Bassecourt rapinata dall'ex calciatore nel 1979. Il suo ricordo di quel giorno è vivido: "Quel ragazzo entrò con una parrucca rossa e un cappotto lungo, come in un film di Sergio Leone. Tirò fuori dei candelotti di dinamite e mi disse di prendere tutti i soldi dalla cassaforte altrimenti sarei saltato in aria". Probabilmente Marco non lo avrebbe mai fatto. Che fosse un bandito negare non si può, ma ci sarà stato un motivo per cui lo chiamarono Robin Hood…

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