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Covid 19

Lo sciopero non si minaccia, si fa: l’ennesima pagliacciata in Serie A

Lo sciopero dell’Assocalcatori annunciato e poi rientrato a poche ore dal fischio d’inizio dei recuperi ha offerto l’ennesima pagina grottesca del calcio italiano ai tempi del Coronavirus. Nel corredo accessorio ci sono anche le parole del presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, che usa ancora il condizionale quando parla di calcio da fermare “in caso di contagio di un calciatore” rimandando tutto a una riunione straordinaria convocata per i prossimi giorni, e una Lega Serie A litigiosa e arroccata intorno agli interessi di parte. Più che una pagliacciata, uno schifo.
A cura di Maurizio De Santis
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"In caso di contagio in Serie A il campionato potrebbe fermarsi". Le parole "caso" e "contagio" che il presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, mescola nella stessa frase danno l’esatta dimensione di come la Figc (e la Lega, a proposito che fine ha fatto Paolo Dal Pino?) siano nel pallone. I dati sull’evoluzione della pandemia di Coronavirus (perché non è mai stata una banale influenza e non è più solo un’epidemia localizzata altrove) sono sotto gli occhi di tutti. L’approccio non può essere causalistico perché non ci troviamo di fronte a un raffreddore oppure a un’intossicazione alimentare. La Lombardia è in ginocchio, più di venti province sono incluse nella zona rossa. Un terzo del Paese – ma il resto non è che sia al sicuro – è ufficialmente in quarantena. Non è già abbastanza chiaro cosa sta succedendo?

E l’idea dello spettacolo che deve continuare perché così si aiuta la popolazione ad alleggerire la tensione è una fesseria. Davvero Gravina e il suo sodale della Serie A credono che, in questo momento, alle persone interessi qualcosa del calcio? Coloro che, presi dal panico e in maniera improvvida, hanno invaso la stazione di Milano e sono saliti a bordo dei treni a ogni costo se ne fregano di tutto. E nemmeno riescono a comprendere le conseguenze più nefaste della loro fuga. Sono fuori controllo, incoscienti. La gente si sente in trappola, ha paura e basta. Ha paura perché questo morbo è un nemico silenzioso (puoi averlo contratto e passarlo a qualcun altro senza saperlo) contro il quale non c’è ancora una cura specifica. Ha paura perché se stai male di tuo, se le tue difese immunitarie non sono forti a sufficienza, il virus arriva dentro di te e ti spazza via. Ha paura ed è frustrata perché non sa come combatterlo. Ha paura perché s'ammalano anche i medici e se entri in ospedale (sempre che ci sia posto) non sai cosa accadrà.

E credete che un gol di Cristiano Ronaldo oppure un colpo dell’Inter a Torino, in uno stadio vuoto, basti per lenire tutto ciò? Ridicolo pensare allo sport come elemento di distrazione di massa quando tutto intorno a te va alla malora ed è in grave pericolo la salute pubblica, tesserati compresi.

Ecco perché quando rileggo il pensiero espresso dal numero uno della Figc mi viene in mente l’interpretazione di Bruno Ganz che raccontò le ultime ore di Adolf Hitler rintanato coi suoi generali nel bunker della cancelleria a Berlino. Aveva i russi sull’uscio, ragionava ancora di truppe da spostare. E proprio non riusciva ad accettare la realtà. Che, ormai, era finita. Sui social quella sequenza videoclip è divenuta un cult tragicomico, ironia beffarda applicata alle situazioni più drammatiche. Il film è “La caduta”, prima o poi in rete verrà fuori qualche “meme” del genere a scandire anche questa commedia.

Il calcio è padrone dei propri calendari, nessuno gli impedisce di ipotizzare scenari futuri, soluzioni dettate dalla contingenza degli eventi. E l’emergenza non è solo italiana. In Europa la diffusione del Covid-19 non ha raggiunto ancora il picco, la stessa Uefa non sa cosa succederà da qui a giugno, quando dovrebbe giocarsi Euro 2020. Il Cio s’interroga sul futuro delle Olimpiadi. L’unica cosa che conta davvero adesso è prendere atto di una situazione reale per difendersi nel modo migliore. Null’altro.

In Italia, invece, il massimo dello sforzo è la convocazione di una riunione straordinaria in Federazione martedì, quando la lista dei recuperi sarà completa (lunedì alle 18.30 a Reggio Emilia – uno dei Comuni inclusi nella zona rossa – si disputa Sassuolo-Brescia…). Se l’obiettivo era portare tutte le squadre alla 26a giornata (eccezione fatta per l’Inter che ha in bilico il recupero contro la Samp e in attesa di Atalanta-Sassuolo) e poi sospendere la stagione, allora mi chiedo perché non fermare tutto subito invece di strattonarsi per la giacchetta sulle date dei recuperi, le porte chiuse o quasi, le dirette tv annunciate e smentite, e quant’altro ancora fa parte del corredo accessorio di questa situazione grottesca. E pazzesca come autorizzare il viaggio del Genoa a Milano e quello dell'Inter a Torino.

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E che dire dello sciopero dell’Assocalciatori annunciato da una circolare interna nell’imminenza delle partite e poi rientrato? Il presidente, Damiano Tommasi, non può abbaiare alla luna facendosi latore di istanze legittime e poi tornare a cuccia. Bisognava arrivare a pochi minuti dal fischio d’inizio di Parma-Spal per paventare la serrata? Uno sciopero (se le motivazioni sono fondate) non si minaccia, si fa. Altrimenti è solo esibizione clownesca di muscoli e distintivo. Il tentativo di salvare ciascuno la propria faccia senza però assumersi la responsabilità di fare il primo passo, prendere decisioni drastiche ma necessarie perché in ballo c’è qualcosa di molto importante: la vita delle persone.

Il Consiglio di Lega Serie A – si legge nella nota -, ha ritenuto doveroso rispettare le indicazioni governative previste nel DPCM di questa mattina, proseguendo con lo svolgimento delle partite a porte chiuse. Le medesime considerazioni qui espresse valgono per quanto riguarda i diritti televisivi, dove Lega, Sky e Dazn si sono attenute alle disposizioni in essere.

Insomma, se vanno (o meno) in campo è perché l'ha voluto qualcun altro. Una pagliacciata che si aggiunge al balletto sulla trasmissione in chiaro delle partite in diretta televisiva. Lo sapevano tutti che autorizzare la messa in onda è impossibile in base alle prescrizioni della "legge Melandri". A meno che, per decreto, non sia lo stesso Governo a inserire il provvedimento nel novero delle norme di emergenza varate in queste ore.

Le reiterate e contrastanti dichiarazioni governative contribuiscono soltanto ad accrescere lo stato di confusione generale e sicuramente non aiutano il sistema a superare il momento di difficoltà generato dal Virus.

Lo sa anche il ministro Vincenzo Spadafora, che in questi giorni ha sbandierato la proposta lasciando il cerino in mano alla Lega di Serie A. La stessa Lega che, giocando col “risiko” delle scadenze emergenziali, ha barattato una partita a porte chiuse con la regolarità di un campionato, messo il profitto davanti a tutto e la polvere sotto il tappeto assieme ai rischi altissimi per la salute pubblica. Più che una pagliacciata, è uno schifo.

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Da venticinque anni nel mondo dell’informazione. Ho iniziato alla vecchia maniera, partendo da zero, in redazioni che erano palestre di vita e di professione. Sono professionista dal 2002. L’esperienza mi ha portato dalla carta stampata fino all’editoria online, e in particolare a Fanpage.it che è sempre stato molto più di un giornale e per il quale lavoro da novembre 2012. È una porta verso una nuova dimensione del racconto giornalistico e della comunicazione: l’ho aperta e ci sono entrato riqualificandomi. Perché nella vita non si smette mai di imparare. Lo sport è la mia area di riferimento dal punto di vista professionale.
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