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Covid 19

Il calendario di Serie A e Champions lo decide il coronavirus (ma il calcio non l’ha ancora capito)

Il calcio studia il possibile piano per la ripartenza, tra date, ipotesi e scenari. Solo adesso i vertici del movimento calcistico stanno faticosamente mettendo a fuoco la realtà: il calendario di Serie A, Champions League e gli altri campionati lo determinerà l’evoluzione dell’emergenza sanitaria, l’unica vera priorità in questo momento.
A cura di Sergio Chesi
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Il calcio fermo ad ogni latitudine del pianeta è tutto un brulicare di date e ipotesi. Specialmente in Italia. Nello stesso paese in cui per il ministro dell'istruzione "è impossibile ipotizzare" una data per la riapertura delle scuole, il ministro dello sport auspica la ripresa del campionato il 3 maggio: l'esatta fotografia del caos.

Quando si tornerà in campo? In realtà se lo chiedono ovunque, dalla Serie A alla Premier League, dalla Liga alla Bundesliga. La riunione plenaria condotta dall'UEFA ha prodotto il primo e finora unico effetto definitivo dell'emergenza coronavirus sul calendario calcistico: il rinvio di Euro 2020, un atto praticamente dovuto che risolve soltanto in parte i problemi di riprogrammazione delle partite rinviate, regalando qualche settimana in più di margine ai club per chiudere la stagione.

Per il resto circolano solo bozze di scenari e ipotetici piani alternativi, perché anche il mondo del calcio – dopo qualche difficoltà – sta prendendo coscienza del fatto che solo la fine dello stato di emergenza consentirà di tornare gradualmente alla normalità. E oggi mancano elementi e certezze per poter individuare una data realistica per la ripartenza. Non a caso la UEFA ha sottoposto a federazioni e campionati sette programmi diversi a seconda della data in cui si tornerà a giocare, da metà aprile (caso migliore ma irrealistico, già accantonato) a metà giugno (lo scenario peggiore). La data del 3 maggio per la possibile ripresa della Serie A, citata sia dal ministro Spadafora che dal presidente federale Gravina, va inserita in questo contesto di completa aleatorietà.

Altro problema: l'emergenza sta attraversando stadi diversi da nazione a nazione. L'Italia è stato il primo paese europeo ad esserne stato colpito e potrebbe dunque uscirne prima rispetto a chi ha seguito a ruota, come Spagna e Francia. E' dunque complicato riuscire ad immaginare un calendario che possa conciliare le esigenze di tutti, tenendo conto che andranno incastrate giornate di campionato ed appuntamenti di Champions ed Europa League.

La certezza è una, ribadita trasversalmente, sia dalle leghe che dalla UEFA: tutti vogliono portare a termine i campionati, in virtù – soprattutto – dei ricchi accordi per i diritti televisivi su cui si regge l'intero sistema calcio, che non possono restare disattesi. Anche per questo motivo sta cominciando a vacillare la deadline del 30 giugno, sventolata da più parti per ragioni logistiche e amministrative. Lo stesso presidente Gravina, così come la UEFA tra le righe di un comunicato diramato post-riunione, ha aperto alla prospettiva di trascinare la stagione fino a luglio inoltrato. Con buona probabilità giocando a porte chiuse per lunghi periodi, una misura di sicurezza che sarà inevitabile adottare soprattutto nelle prime fasi della ripresa.

Aspettare e adattarsi, affrontare sacrifici, prepararsi ai cambiamenti. È il destino del mondo intero. Anche del calcio, che non l'ha ancora capito.

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