492 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Guerre, furti e lingotti d’oro: le fantastiche avventure della Coppa Rimet

La Coppa Rimet ha vissuto una marea di avventura, dalla sua nascita fino al 19 dicembre 1983, giorno in cui viene rubata in Brasile e fusa in lingotti d’oro (forse). Creata dall’orafo Lafleur, è passata da Nasazzi a Carlos Alberto, dopo essere stata nascosta ai tedeschi in una scatola di scarpe ed essere ritrovata dal cane Pickles in Inghilterra nel 1966.
A cura di Jvan Sica
492 CONDIVISIONI
Immagine

Il 19 dicembre di 37 anni fa moriva la Coppa Rimet. Ma che vita ha vissuto!

Tutto inizia in modo poco avventuroso in realtà, con un verbale del congresso di Amsterdam del 29 maggio 1928, in cui viene discussa e poi approvata la proposta di Henri Delaunay: realizziamo un torneo mondiale per nazionali e ovviamente creiamo un trofeo degno di questo prestigio. Jules Rimet, presidente della FIFA, da l’incarico all’orafo di scuola Cartier, Abel Lafleur. L’artista francese mette insieme le correnti alla moda al momento, un po’ di classicismo esotico con la Nike alata protagonista e tutta d’oro, gocce di Art deco e Liberty per decorare il tutto e tanto sfarzo, con un piedistallo di lapislazzuli a base ottagonale. Il peso complessivo è di 3800 grammi, di cui 1800 grammi in argento "sterling" placcato oro. L'altezza del trofeo è di 30 centimetri.

Il trofeo c’era, bisognava portarlo in Uruguay dove la federazione ha voluto festeggiare il Centenario dell’Indipendenza con il primo Mondiale di calcio. Viene imbarcata sul Conte Verde che da Villefranche-sur-Mer naviga verso il Sud America con quasi tutte le squadre europee partecipanti a bordo (manca solo la Jugoslavia). Dalle mani di José Nasazzi in poi la Coppa, che doveva chiamarsi Victory, inizia la sua vita, arrivando in Italia nel 1938 per non lasciarci più per un bel po’ di tempo. L’Italia vince i Mondiali del 1934 e del 1938 e quando scoppia la seconda Guerra Mondiale è ancora da noi.

L’oro serve, i tedeschi lo cercano ovunque e sanno che a Firenze c’è la Rimet. Ottorino Barassi, segretario della Federcalcio, va a prelevare la Coppa dalla banca dove era custodita e la nasconde in casa, in uno scatola di scarpe sotto il letto. I tedeschi guardano ovunque ma lì proprio non riescono a crederci che ci possa essere. La Coppa si salva per un pelo ma è solo una delle sue tante avventure.

Immagine

Dopo la Guerra si riprende a giocare e nel marzo 1966 la Coppa va in Inghilterra dove si giocheranno i prossimi Mondiali. Prima dell’evento si organizza una mostra di francobolli sportivi al Westminster Central Hall e si decide di mostrare anche la Rimet, che il 20 marzo viene rubata. Si va subito a chiederne conto a Edward Bletchley, il quale aveva inviato a Joe Mears, presidente della Football Association, presso la sede di Lancaster Gate, una lettera anonima: c’era una proposta per una trattativa (riscatto di 15.000 sterline) e la testa rimovibile superiore della Coppa. Mears accetta la proposta ma allo scambio di Battersea Park si porta anche la polizia, che arresta Bletchley. Passano giorni di interrogatori e ansia, perché il resto della Rimet ancora non c’è. Per fortuna nella nostra storia arriva Pickles, cane simpatico e curioso di David Corbett, avente di viaggi di 26 anni, che annusa qualcosa di strano sotto una siepe in un giardino della periferia di Londra. È proprio la Coppa, che Bobby Moore poi il 30 luglio 1966 riceverà dalle mani della regina Elisabetta II a Wembley.

Nel Mondiale successivo, Messico 1970, si arriva al redde rationem. Tre delle quattro semifinaliste, Brasile, Italia e Uruguay, hanno vinto la Coppa per due volte. Il regolamento dice che alla terza vittoria il trofeo verrà consegnato definitivamente. Vincerà il Brasile di Pelé 4-1 contro di noi in finale e la Coppa va in Sud America.

Arriviamo al 19 dicembre 1983. Nella sede della Confederazione Brasiliana di calcio, Sergio Pereira Ayres detto Peralta, José Luis Rivera, detto Luiz Bigode, e Francisco José Rocha, detto Chico Barbudo entrano e rubano ancora una volta la Rimet. Questa volta vanno poco per il sottile. In poco più di 7 ore la fondono per farne lingotti d’oro. La vendita gli frutta 15.500 dollari.

Quel giorno muore l’oggetto ma non il mito, cosa che incredibilmente non avevano capito i ladri brasiliani. Nel 2015 è stata ritrovata, in un deposito della FIFA, la base in pietra originale del trofeo. Il blocco di lapislazzuli di forma ottagonale ha quattro targhette sui cui sono incisi i nomi dei primi quattro vincitori tra il 1930 e il 1950. Dall'edizione del 1954 infatti il trofeo venne modificato con una nuova base. Molti pensano che in futuro potrebbe uscire fuori anche qualcos’altro perché se i ladri hanno certificato di averla fusa, la speranza che non abbiano detto tutta la verità è ancora forte.

492 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views