Fredy Guarin: “Per tre volte ho provato a togliermi la vita, per tre volte Dio mi ha salvato”

Fredy Guarin è tornato a parlare dei suoi demoni, per continuare ad esorcizzarli e tenerli lontanissimo dalla propria realtà dopo che per diversi anni e in svariate occasioni gli hanno condizionato la carriera e rovinato la vita. A tal punto che in più di una occasione ha dovuto fare i conti in modo più che crudo, rischiando l'irreparabile. Come ai tempi italiani con l'Inter, e gli oramai già dichiarati problemi con l'alcool, o come quanto ha vissuto ai tempi del Covid, una volta andato a giocare in Brasile dove il baratro si è spalancato ripetutamente: "In quel momento si è fermato tutto, anche il calcio che era da sempre il mio psicologo. E ho pensato di farla finita".
I demoni di Guarin all'Inter: il divorzio, la distanza dai figli e la "fuga" dall'Italia
Il periodo interista da parte di Fredy Guarin è coinciso per il centrocampista colombiano con uno dei momenti più neri a livello personale. Un difficile divorzio, il delicato rapporto con l'ex moglie, la questione dell'affidamento dei figli, la lontananza per il calcio. Fino all'oramai più che ricordata crisi personale, sprofondando nel tunnel dell'alcool dove provò inutilmente a cercare conforto e che gli costò il prematuro addio a Milano, all'Inter e all'Italia. Ciò che meno si sa è che i suoi demoni, Guarin li portò con sè anche andando altrove. Una "fuga" che non servì a nulla, prima in Cina, poi in Brasile. Due tappe dove toccò altri vuoti di una caduta apparsa per diverso tempo, senza fine.

Guarin e il crollo in Cina: "Bevevo, mi allenavo, giocavo. E bevevo"
"Avevo perso la mia famiglia. I miei figli erano lontani ed ero il responsabile di quella situazione e la mia dipendenza è peggiorata" ha ricordato al Corsera, Guarin ribadendo gli anni "cinesi", quando ha giocato con lo Shanghai Shenhua (ora Shanghai Greenland Shenhua) tra il gennaio 2016 e il luglio 2019. "Ero in un nuovo Paese. Io mi sono ritrovato così da solo con il mio problema. Bevevo, mi allenavo, giocavo. E tornavo a bere." ricorda delle 100 presenze cinesi dove vinse una Coppa nazionale. "Il pallone in quegli anni era il mio psicologo. Era l’unica cosa che mi costringeva a rispettare orari, appuntamenti, responsabilità. Per non crollare del tutto".
Guarin nel baratro col Covid: "Si fermò tutto. Provai a suicidarmi 3 volte"
Un tonfo che non tardò ad arrivare quando decise di tornare in Sudamerica, per giocare nel CR Vasco da Gama. Una nuova avventura durata pochissimo, tra il settembre 2019 e il settembre 2020 dove riuscì a inanellare la pochezza di 15 presenze: "Scoppiò il Covid. In quel momento è venuta meno anche quell’unica cosa che ancora mi salvava, il calcio. Tutto si era fermato ed ero rimasto senza niente a cui aggrapparmi, ancor più solo con me stesso". Così come nella sua ultima avventura professionale ai Millionarios di Bogotà, a casa: "Avevo smesso di bere, ma dopo qualche mese ho ricominciato ed è stata la fine: ho smesso col calcio e sono gli anni di autodistruzione. Bevevo e basta, senza reagire: ho provato a togliermi la vita tre volte e per tre volte Dio mi ha salvato. Poi la mia psicologa e il mio agente mi hanno preso e messo in una fondazione, con un programma di riabilitazione che ancora oggi seguo ininterrottamente".