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Franco Baresi e gli anni del piccolo Milan: da Piscinin a Kaiser, dalla Serie B al mondo

Franco Baresi ha vissuto gli anni d’oro del Grande Milan, vincendo ovunque e più volte. Ma prima del caviale c’era stato il letame della serie B, la prima volta per lo scandalo Totonero e la seconda sul campo, i match contro il Campobasso e il desiderio di restare anche di fronte a un’offerta della Juventus. Per questo motivo Baresi è ancora oggi considerato come il Capitano eterno del Milan.
A cura di Jvan Sica
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Dopo l’uscita del bel libro di Diego Guido su Paolo Maldini, dal titolo “Paolo Maldini, 1041”, si è riaccesa la discussione fra i tifosi milanisti e non solo riguardo al fatto che il vero capitano iconico del Milan degli ultimi 30 anni fosse Franco Baresi o Paolo Maldini. Quest’ultimo ha vinto di più, è la faccia e il corpo del Grande Milan nel mondo, ancora oggi è riconosciuto e premiato per la sua straordinaria carriera, ma, al netto dei problemi avuti da Maldini con alcuni tifosi e manifestatisi il giorno del suo addio, per tanti tifosi rossoneri è Franco Baresi il capitano delle battaglie più aspre che hanno portato il Milan in cima al mondo.

Parlando con Sergio Taccone, autore del bellissimo libro “Quando il Milan era un piccolo diavolo”, questa quasi evidenza può stare nel fatto che Franco Baresi abbia sì giocato e vinto nel Milan più grande di sempre, quello berlusconiano che ha appunto conquistato il globo, ma che lui c’era anche quando il Milan era piccolo piccolo, così infimo da andare due volte in serie B, la prima volta per lo scandalo scommesse e la seconda sul campo. In quella fase della storia della squadra Franco Baresi era già un Franco Baresi in potenza, cioè un campione del futuro, e con la squadra in B ha voluto restare fedele ai colori, rifiutando di sicuro un’avance quasi irrinunciabile da parte di Gianni Agnelli e la Juventus.

“Baresi II è dotato di uno stile unico, prepotente, imperioso, talora spietato. Si getta sul pallone come una belva: e se per un caso dannato non lo coglie, salvi il buon Dio chi ne è in possesso!” – Gianni Brera

Anche il soprannome di quegli anni non era Kaiser Franz, che prese poi da Beckenbauer ma soprattutto dall’autorevolezza con cui comandava la difesa, bensì Piscinin, come pensò bene di chiamarlo il massaggiatore Paolo Mariconti appena lo vide, perché era un solo cucciolo quando mise la maglia del Milan che gli andava di due taglie più grande. A 15 anni stava quasi per andare all’Inter, la squadra che aveva già preso il fratello Beppe, ma era davvero troppo piccolo, striminzito, dove poteva arrivare uno così leggero.

Allora Italo Galbiati chiese di provinarlo al Milan, ma nemmeno lì ne vedevano un calciatore del futuro. Era troppo piscinin appunto, non andava bene. Per fortuna sua e dei rossoneri, Guido Settembrino ruppe tutte le scatole possibili pur di acquistarlo e riuscì a farlo prendere nelle giovanili. Dopo pochi mesi tutti capirono che il piccolo era forte davvero. L’esordio nel Milan in cui a dirigere anche l’aria era ancora Gianni Rivera, è datato 23 aprile 1978, contro il Verona. Lo stesso Rivera dopo poche partite disse:

“Questo ragazzo farà molta strada”.

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La strada fu subito piana e lastricata d’oro, tanto è vero che Nils Liedholm nel 1978-79 mise in panca Turone per dargli il ruolo di libero titolare ad appena 18 anni. Come andò? Scudetto, esordio in Europa e 50 milioni per la vittoria del tricolore. Non male.
La stagione successiva il peso sulle spalle del bambino si era triplicato. Gianni Rivera aveva detto addio portando una stella al suo Milan, ora toccava a lui avere e sopportare addosso gli occhi di tutti i tifosi. E qui iniziano i problemi.

Non tanto da un punto di vista tecnico o tattico, Baresi cresceva ogni partita e il Milan non era una macchina come l’anno precedente ma non andava tanto male. I guai iniziarono quando il 23 marzo 1980 negli spogliatoi arrivarono le manette per il Totonero. Il Milan c’era dentro fino al collo con Enrico Albertosi, Giorgio Morini e Stefano Chiodi pesantemente coinvolti, per non parlare del ruolo del presidente Felice Colombo. La squadra fu letteralmente scaraventata in serie B e la Juve un secondo dopo fece un’offerta forte per prendere il campione giovane del Milan, Franco Baresi appunto.

“E da oggi Franco Baresi è il migliore libero d'Italia, Freda e Ventura esclusi naturalmente” – Beppe Viola

Anni dopo Baresi ha confessato di averci pensato a lungo ma che decise però di rimanere, anche in serie B. In un primo momento la scelta fu esaltante, perché nel 1980-81 il Milan dominò il campionato cadetto e Baresi divenne la bandiera di quella squadra, oltre a dominare le partite anche con la sua sola presenza.

Risalito in A, si immaginava un Milan di nuovo alla carica delle posizioni che contavano, ma la squadra non girava. Fu preso il centravanti del Manchester United, Joe Jordan, ma venne a mancare proprio il perno della difesa, Franco Baresi, ai box per quattro mesi a causa di una malattia del sangue. Fu una mancanza terribile, che portò i rossoneri a giocarsi la salvezza nell’ultima giornata di campionato. A Cesena il Milan riuscì a vincere per 2-3, ma il Genoa pareggiò a sua volta al San Paolo contro il Napoli e costrinse il Milan a scendere di nuovo fra i cadetti.

La Juve tornò alla carica di Baresi, ma questa volta il no fu ancora più rapido e netto. Altro giro in B, su campi come il “Giovanni Romagnoli” di Campobasso, il “Franco Ossola” di Varese, il “Comunale” di Arezzo e il Milan vinse quel campionato tornando in A.

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Dopo questi tre anni, l’affetto dei tifosi per Franco Baresi era davvero al massimo. Diventato capitano e bandiera, nessuno da quel momento osava criticarlo per i minimi errori che pochissime volte commetteva. C’era da dire che in ottica generale, tutti pensavano che il livello suo e della squadra non erano molto alti, le ultime due stagioni le aveva giocate in serie B e per tanti quelle esperienze non lo avevano fatto crescere.

Intanto al Milan erano arrivati Alberigo Evani, Mauro Tassotti, Filippo Galli e da lì a poco avrebbe esordito un altro bambino, Paolo Maldini. Agli occhi dei contemporanei erano fatti di poco conto. Noi posteri sappiamo che invece proprio su quei calciatori, grazie a un presidente che sconvolgerà tutto, partirà la leggenda del Grande Milan.

Nessuno però dimentica il “Piccolo diavolo” e la sua bandiera, Franco Baresi, che resterà per sempre sul pennone più alto del ricordo rossonero.

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