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Eriksen e altri 10, la Danimarca resta un mondo lontano da Mourinho e Conte

Dal novembre 2019, arrivo di Mourinho sulla panchina del Tottenham, Chstian Eriksen ha iniziato il suo calvario, passando all’Inter di Conte, altro allenatore che non sopportava alcune sue amnesie in determinati fasi del gioco. Mentre questo accadeva, con la Danimarca Eriksen continuava a essere decisivo e centro magnetico di ogni idea che la squadra danese può sviluppare.
A cura di Jvan Sica
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Christian Eriksen ha vissuto gli ultimi due anni su delle montagne russe ripidissime e molto pericolose per la sua carriera, venendo sballottato a destra e sinistra senza che desse mai segno di nervosismi eccessivi. Prima che arrivasse Mourinho sulla panchina del Tottenham, Eriksen era l’anima tecnica della squadra, intorno ai suoi piedi e alle sue idee le frecce di Pochettino avevano creato scompiglio ovunque, arrivando anche a una finale di Champions League.

Per dare giusto qualche punto di appoggio: il 31 marzo 2019 Eriksen diventa il primo calciatore, dopo David Beckham a fornire almeno 10 assist in quattro stagioni consecutive in Premier League. Sempre in questa stagione ottiene il suo quarto titolo di calciatore danese dell’anno e chiude con la finale di Champions League del 1° giugno persa contro il Liverpool. Dopo un inizio di stagione difficile, il 20 novembre 2019 la società lascia Pochettino e prende Mourinho e per Eriksen cambia tutto. Tra piccoli problemi fisici e la difficoltà di trovare un’intesa tecnica, se non anche tattica con i desideri dell’allenatore portoghese, il danese è messo ai margini e il 28 gennaio 2020, per 27 milioni di euro, passa all’Inter di Antonio Conte.

“Ho avuto tempo per lavorare con lui e ha capito che nel calcio ci sono due fasi: quella offensiva e quella difensiva. Il calcio italiano è tattico, ci ha messo un po'. Abbiamo provato in ogni modo a inserirlo da trequartista, sono certo che può fare molto ma molto di più. Sono qui a esortarlo: sta aumentando aggressività e intensità, questo ci ha portato benefici” – Antonio Conte

Quando arriva all’Inter per tanti Eriksen è davvero la ciliegina su una torta che sembrava già quasi pronta. La squadra è muscolare, intensa come piace dire e fare al suo allenatore, ma spesso a mancare era la scintilla, quella che il genio danese doveva accendere quando serviva. Lo fa subito, perché Conte lo getta subito nella mischia, ma dopo poche settimane c’è già la prima retromarcia. Eriksen sa essere decisivo in alcuni momenti della partita, è anche un’arma tattica importante perché riesce a inserirsi in posizione di mezzapunta, alle spalle dei centrocampisti centrali, diventando molto indigesto poi per le difese, ma difetta in due cose che per Conte sono necessarie. Non ha stamina per tagliare dentro senza palla più e più volte a partita, così da accelerare in verticale il gioco ed essere decisivo con la sua tecnica in area di rigore avversaria e soprattutto non ha la fame e il ritmo per il contropressing che serve a recuperare la palla alta. Antonio Conte con il tempo lo relega in panchina e inizia la stagione 2020-2021 con Vidal nella sua posizione di mezzala sinistra, il calciatore perfetto (quando erano insieme alla Juve e il cileno aveva parecchia benzina nel serbatoio) per svolgere questi compiti con la cattiveria giusta.

“Sono qui da un anno, ormai, e ogni giorno facciamo le cose che l’allenatore ci chiede, che ho cercato di imparare sin dal primo giorno. Io e Conte dovevamo conoscerci, lui adesso mi conosce di più, io lo conosco meglio: è una buona cosa, rende più facile anche capire come interpretare certe partite”.

A inizio anno gioca davvero poco e Marotta si sbatte per una cessione troppo difficile. Il costo di acquisto è stato troppo alto per quello che poi ha dimostrato il calciatore e la pandemia ha rinsecchito ancora di più le casse dei club che un pensiero l’avrebbero pure fatto. Deve restare a Milano e si adatta anche a giocare da regista basso, per iniziare l’azione con la sua pulizia tecnica.

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Questa sua capacità di adeguarsi a tutto e sacrificarsi piace a Conte, il quale inizia a farlo giocare di più, perché, parole dell’allenatore, capendo con il tempo l’italiano è più semplice per lui comprendere cosa voglio. La stagione di Eriksen cambia il 26 gennaio 2021, quando decide il derby di Coppa Italia contro il Milan con una sua punizione. Da quel momento Eriksen è più dinamico, Conte accetta delle sue amnesie, ricompensate da una visione di gioco molto più creativa dai 40 metri in su, che aiuta la squadra a essere più veloce. Sarà destino o chissà cosa, ma il gol che dà lo scudetto all’Inter è proprio di Eriksen contro il Crotone.

“Io e Antonio abbiamo avuto sempre un buon rapporto, semplicemente lui vedeva il calcio in un modo e io in un altro – spiega il giocatore – dovevamo vincere ed è quello che abbiamo fatto. Ci ha portato alla conquista di un trofeo e di questo posso solo ringraziarlo”.

Mentre accadeva questo piccolo romanzo fra Tottenham e Inter, Mourinho e Conte, con Eriksen protagonista, in Nazionale non cambiava niente. Christian Eriksen è ormai dal 2013 il centro focale di ogni battito del gioco danese. Gli allenatori della Danimarca, di cui l’ultimo è Kasper Hjulmand, hanno semplicemente preso Eriksen e messo al centro del campo, posto dal quale deve dirigere le operazioni offensive della squadra. Intorno a lui si muovono Delaney e Höjbjerg che gli coprono le spalle e sorreggono con la loro forza le azioni offensive, coprendo ampi spazi correndo all’indietro, e Yurary Poulsen e Braithwaite che invece si muovono in continuazione in attacco per dare spazi di gioco al 10. Eriksen è semplicemente il direttore d’orchestra, il quale deve rimanere lucido per servire i compagni e mandarli in porta o meglio ancora andare direttamente alla conclusione, come fece a Dublino il 14 novembre 2017 con una tripletta che spedì la Danimarca ai Mondiali in Russia. Se il futuro all’Inter di Christian Eriksen, come dice lui stesso, dipende completamente dalle idee e dalle richieste di Simone Inzaghi, in Nazionale la Danimarca continua a essere Eriksen e altri 10 e lo sarà per molto tempo ancora.

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