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De Rossi: “In Italia ci sono squadre che non si possono guardare per come giocano da schifo”

L’ex centrocampista della Roma e della Nazionale studia “da grande” a Coverciano per conseguire il patentino di allenatore. Il suo futuro è nel mondo del calcio ma attraverso un’altra prospettiva: dalla panchina. Intanto, mostra di avere le idee già molto chiare sul livello del gioco e delle strutture.
A cura di Maurizio De Santis
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"Squadre che non si possono vedere per quanto giocano da schifo". Basta questa espressione di Daniele De Rossi per spiegare quale possa mai essere l'appeal del calcio italiano all'estero. E non è questione di campioni ma di organizzazione e interpretazione tattica. Non è l'unica nota dolente del ‘sistema calcio italiano' che la pandemia ha messo sull'orlo del baratro ma non è che prima fosse florido. "Abbiamo stadi che cadono a pezzi", ha aggiunto DDR nell'intervista a Espn.

La critica durissima al livello del calcio italiano

Due tasselli che rendono bene l'idea di come, al netto del folklore che suscita l'arrivo di star come CR7, il livello della Serie A sia calato vistosamente nel corso degli anni. Parlare di strutture e livello del gioco è come rigirare il coltello nella piaga. E quando definisce "dignitosa" la situazione in Argentina – sia a livello di impianti sia cifra tecnica dei giocatori – è come affondare la lama…

A Coverciano studia per il patentino di tecnico

Cosa farà l'ex capitan futuro della Roma? L'ipotesi che si accomodi in panchina sulle orme di papà Alberto (allenatore nel settore giovanile della ‘magica') non è affatto remota. Anzi, De Rossi studia "da grande" per restare nel mondo del calcio ma attraverso un'altra prospettiva: l’ex centrocampista è impegnato a Coverciano per conseguire il patentino. "Ora sto studiando per esserlo e la mia prima esperienza sarà in Europa. Ma se dovessi attraversare l'oceano sarebbe solo per il Boca Juniors".

I ‘buoni maestri' di De Rossi allenatore

Chi sono i suoi modelli? Tre in particolare, da tutti ha appreso qualcosa di importante per arricchire il proprio know-how di allenatore. Luis Enrique che gli ha insegnato a "gestire il gruppo, rispettare l'allenatore e i compagni" e poi Spalletti e Conte che descrive come "fenomeni in panchina".

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