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Da Ancelotti a Gattuso, i 36 giorni che hanno stravolto la storia del Napoli

Il 5 novembre del 2019 segna una tappa emblematica nella storia recente del Napoli: è la notte dell’ammutinamento della squadra contro la società. Allan arriva quasi allo scontro fisico con il figlio del presidente. Insigne e la squadra reagiscono così al club che ordina il ritiro: “Dici a tuo padre che ce ne andiamo a casa”. A distanza di un mese circa arriverà l’esonero di Carlo Ancelotti, in quel periodo De Laurentiis aveva già preso contatti con Gattuso: “Dopo il disguido del ritiro-non-ritiro gli ho telefonato e gli ho detto: Rino, stai calmo, non prendere decisioni se ti chiama qualcuno, stai fermo”.
A cura di Maurizio De Santis
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"Noi torniamo a casa nostra, dillo pure a tuo padre". Per spiegare qual è il valore della frase pronunciata da Insigne e sventolata sotto il muso di Eduardo De Laurentiis, figlio del presidente e suo vice, bisogna riavvolgere il nastro e rivedere cosa è accaduto in quel mese rivoluzionario. I 36 giorni che hanno stravolto la storia recente dei partenopei. È il 5 novembre, il Napoli ha pareggiato in casa con il Salisburgo in Champions e fa un altro passo verso la qualificazione agli ottavi di finale. In Coppa le soddisfazioni non mancano: il Liverpool  s'inchina al San Paolo (oggi Maradona), Klopp viene battuto da Ancelotti (2-0) e ad Anfield viene spaventato dal gol di Mertens (1-1); in campionato, invece, va così così e la squadra perde contatto dalle prime quattro posizioni e precipita al settimo posto.

Napoli bello in Coppa, deludente in campionato

Il meccanismo perfetto sotto la gestione Sarri s'è inceppato, è svanita definitivamente anche quell'atmosfera che aveva condotto gli azzurri a un passo dallo scudetto e li aveva aiutati nella prima fase della transizione nel cambio in panchina. Ma adesso non basta più. Il tecnico emiliano chiede alla società di accelerare il processo di rinnovamento e procedere, via via, alla cessione dei big che hanno dato tutto e sono a fine ciclo. La squadra ha bisogno di altre certezze. Per nuove sfide servono nuovi interpreti, adatte alle nuove esigenze: De Laurentiis recepisce il messaggio ma, per diverse ragioni, frena nell'opera di ricambio. E quella sensazione di irresolutezza segna tutta l'avventura del neo allenatore, fino all'implosione dello spogliatoio in quella notte oscurata dalla rivolta dei calciatori contro il presidente.

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Perché scoppia l'ammutinamento contro De Laurentiis

Perché ce l'avevano con lui? La goccia che fa traboccare fu la decisione calata dall'alto di ordinare il ritiro a Castel Volturno ma nel gruppo il malcontento arriva da lontano: la sconfitta di Roma (2-1) ha lasciato il segno e, soprattutto, sgretolato il terreno sotto i piedi in classifica. Alla vigilia del match di Coppa il presidente annuncia a Radio Kiss Kiss: "Il Napoli sarà in ritiro fino a domenica, cioè fino alla partenza per le Nazionali. Non si tratta comunque di un ritiro punitivo, ma di uno costruttivo affinché i giocatori si conoscano meglio". Qualcosa non va e allora è meglio ‘lavare i panni sporchi in famiglia', dirsi tutto faccia a faccia e andare avanti piuttosto che trascinare malesseri pericolosi.

La decisione di ordinare il ritiro "costruttivo"

De Laurentiis è insoddisfatto e dà alla sua scelta una motivazione molto chiara: piena fiducia e stima nei confronti dell'allenatore, i calciatori facciano il loro dovere sempre, trovino gli stimoli giusti per dare continuità ai risultati anche in Serie A non solo al cospetto delle grandi sfide di Champions. "Carlo è un grande allenatore e un signore – le parole del patron -, quindi non ho alcun motivo di pretendere da lui cose migliori di quelle che ha fatto. Il problema va riscontrato nel lavoro del gruppo: non è un lavoro che dipende dall'allenatore, ma di amalgama che dipende dai giocatori che devono trovare motivazioni non solo contro Liverpool e Salisburgo dove si gioca ad alti livelli e dove abbiamo visto un’altra squadra".

La rivolta: "Ce ne andiamo a casa, dillo a tuo padre"

Quel ritiro che avrebbe dovuto fare da mastice si trasforma in una polveriera. Avvisaglie arrivano alla vigilia del match col Salisburgo quando Ancelotti in conferenza stampa ammette: "Se mi chiedete cosa ne penso, dico che non sono d'accordo con la decisione della società. Poi l'allenatore deve fare l'allenatore e queste sono decisioni che spettano alla società". Dopo la gara succederà il putiferio. Mertens, Callejon, Allan, Insigne, Koulibaly (la spina dorsale dello spogliatoio, colonne del Napoli di Sarri) fa saltare il banco: quando il ds Giuntoli invita i giocatori a salire sul bus che li avrebbe riportati a Castel Volturno incassa le prime rimostranze. Il centrocampista brasiliano arriva quasi allo scontro fisico con De Laurentiis jr. Il capitano pronuncia la fatidica frase: "Noi ce ne andiamo a casa, dillo pure a tuo padre… il presidente".

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La bomba è deflagrata, l'ammutinamento della squadra è in atto. I toni sono aspri. Ancelotti salta la conferenza stampa organizzata dalla Uefa ma, a differenza dei calciatori, esegue le direttive della società e torna nel quartier generale del club. De Laurentiis apprende al telefono cosa sta accadendo: quella ribellione è uno schiaffo alla sua autorità, all'autorevolezza della dirigenza e un colpo all'immagine del club. Il tira e molla sulle multe e sulla causa resterà sullo sfondo per tutta la stagione, salvo ‘perdoni' e chiarimenti, salvo quel buonsenso che porta a sfumare tutto col tempo.

Il contatto con Gattuso quando Ancelotti era ancora in carica

La notte della rivolta apre uno squarcio vero il futuro e offre una lettura della situazione: la figura di Gattuso si staglia all'orizzonte. Ironia della sorte, quelle voci che lo infastidiranno nei giorni più caldi delle critiche alla sua gestione, sono le stesse che s'agitano sulla testa di Ancelotti, suo amico ed ex allenatore. Anche ‘ringhio' si ribella, lo fa alla sua maniera mettendoci direttamente la faccia e parlando in diretta TV, accusando il presidente De Laurentiis di non averlo difeso, di averlo lasciato da solo mentre dall'esterno lo "massacrano".

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Dal 5 novembre all'11 dicembre: ‘ringhio' arriva dopo 36 giorni

Deluso, parlerà senza peli sulla lingua. Eppure lui stesso aveva accettato quel cliché, lo si intuisce nelle parole del massimo dirigente che a giugno scorso – quando era già in ballo il discorso sul suo possibile rinnovo del contratto. "Ci eravamo rivisti al compleanno di Ancelotti a Capri – racconta al Corriere dello Sport -. Ci siamo intrattenuti per tre ore. Dopo il disguido del ritiro-non-ritiro gli ho telefonato e gli ho detto: Rino, stai calmo, non prendere decisioni se ti chiama qualcuno, stai fermo". E lui restò fermo. Ancelotti chiude la propria esperienza a Napoli dopo la vittoria per 4-0 sul Genk che certifica il passaggio agli ottavi di Champions. È il 9 dicembre, 2 giorni dopo arriveranno prima l'esonero e poi l'ingaggio di Gattuso.

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