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Opinioni

Così la Serie A diventa una farsa: gli arbitri continuano a fare i soliti tre errori

A distanza di una settimana due episodi pressoché simili (Dumfries su Alex Sandro e Kjaer su Pellegrini) vengono valutati in modo opposto dagli arbitri, lo specchio di una classe arbitrale in confusione e ondivaga nell’applicazione del regolamento e delle direttive generali. Un campionato schiavo dalla discrezionalità del singolo arbitro, onnipresente negli episodi decisivi, perde la propria credibilità.
A cura di Sergio Chesi
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Mettetevi nei panni di un marziano che arriva sul nostro pianeta e si appassiona alla Serie A giusto in tempo per poter assistere, nel giro di appena una settimana, a Inter-Juve e Roma-Milan. Non deve averci capito granché dopo aver visto gli episodi che hanno di fatto indirizzato le due partite, entrambi nei minuti conclusivi. Pressoché identici come dinamica, ma diversi per gestione (dal punto di vista tecnico) e decisione finale. Non è possibile, a sette giorni di distanza, considerare falloso l'intervento di Dumfries su Alex Sandro e regolare quello di Kjaer su Pellegrini: delle due, una è sbagliata. Metro di giudizio differente e privo di qualsiasi fondamento regolamentare che si ripresenta, in modo più o meno eclatante, ad ogni giornata, su tutti i campi.

Non è questione di squadre più o meno favorite, maglie o colori, ma di credibilità di un intero campionato, che si misura in special modo nelle partite più decisive. L'impressione è che tutti ci stiano capendo poco.

A partire dagli stessi giocatori, come si è letto tra le righe dello sfogo – composto ma deciso – di Gianluca Mancini a pochi minuti dal fischio finale di Roma-Milan: "Noi difensori non possiamo più intervenire, non possiamo fare contrasti, sempre con le mani dietro la schiena come pinguini per evitare i falli di mano. Vengono a parlare, facciamo le riunioni. Sui contatti dicono tutti gli anni che vogliono dare sempre meno rigori, poi danno un rigore come quello di Ibanez. Un contrasto normalissimo in area di rigore. Se si dà rigore per questi contatti, non è più calcio".

Ma è soprattutto dagli arbitri che arriva, potente, la sensazione di confusione e smarrimento. Coloro che dovrebbero garantire la regolarità della competizione si dimostrano ancora una volta incapaci di mettersi d'accordo tra loro nella linea da adottare, l'applicazione delle regole e l'utilizzo degli strumenti a disposizione. Come in un loop infinito, il copione che si ripresenta è sempre lo stesso e presenta i soliti tre errori.

  1. Difformità di giudizio. Il regolamento resta uno e uno soltanto, corredato da direttive e circolari interne che dovrebbero limitare al massimo gli effetti potenzialmente devastanti della discrezionalità. Ma arbitri diversi continuano a vedere le cose in modo diverso e a prendere decisioni diverse. È il problema più antico della storia del calcio e si pensava che il supporto del VAR potesse aiutare a risolverlo, almeno in parte. Ma è successo il contrario: alla difformità di giudizio si è aggiunta la difformità di utilizzo del VAR.
  2. Basta rigorini. Era la novità più caldeggiata dai vertici arbitrali in vista di questa stagione, il diktat passato da Rocchi ai suoi arbitri nel raduno estivo di Sportilia: i rigori sono una cosa seria e necessitano di irregolarità altrettanto serie. Sono bastate poche giornate per capire che qualcosa dev'essere andato storto nella trasmissione del messaggio, perché i mezzi rigori continuano a farla da padrone. E anche due "contattini" come Dumfries-Alex Sandro e Kjaer-Pellegrini diventano carne da rigore.
  3. Protocollo VAR sconfessato. Sullo sfondo di ogni questione resta sempre il VAR e il modo in cui viene sfruttato (o non sfruttato, a seconda dei casi). Anche in questo caso innumerevoli indicazioni su come e quando ricorrere al supporto delle immagini vengono disattese ad ogni giornata di campionato. La linea di adoperarlo solo in caso di "chiaro ed evidente errore" viene applicata con sfumature fin troppo grossolane, generando quell'effetto di moviola in campo e VAR ad intermittenza che non è esattamente sinonimo di trasparenza.

Stabilire delle regole e seguirle a propria discrezione, scegliere una linea comune ed applicarla a macchia di leopardo, fare ad ogni giornata tutto e il contrario di tutto non fa che rendere una farsa un campionato che vive di equilibrio ed episodi decisivi, troppo spesso condizionati da scelte sbagliate degli arbitri. Che potrebbero parlarne, per fugare i dubbi, spiegare le decisioni, educare alla comprensione del regolamento. Un'apertura promessa e rimasta finora nella lista dei buoni propositi. Ma questa è un'altra storia.

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Giornalista sportivo, caporedattore di Fanpage.it con delega all'area Sport. Tra le esperienze precedenti, ho ricoperto il ruolo da direttore di Goal.com, network di informazione calcistica del gruppo DAZN.
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