Conte ha stravolto il Napoli con il mercato, sembra il “suo” Chelsea: ma gli manca ancora qualcosa

Antonio Conte fa trasparire molto bene quello che prova nel momento in cui parla, ha una faccia che sa poco nascondere. Quando parla delle squadre che ha allenato in passato gli occhi si accendono soprattutto al nominare il Chelsea 2016–2017. Posta questa sensazione anche comprensibile, perché vinse il campionato più difficile al mondo al primo anno e questo per lui è un vero capolavoro, si capisce in maniera chiara il calciomercato che sta facendo Napoli.
L'idea di base è avere un 4-3-3 stabilizzato, con la necessità di cambi di moduli davvero remota (incredibile che a volere questa stabilità sia l'allenatore che lo scorso anno ha vinto uno scudetto grazie a una flessibilità di moduli e ruoli continua). Per avere questo servono due "undici" speculari e infatti il Napoli ha praticamente costruito un'altra squadra comprando i calciatori ruolo per ruolo.
Di quella sua squadra albionica sembra non solo voler riprendere solo il modulo, ma anche le funzioni in campo. La difesa a 4 c'è, con i terzini Di Lorenzo e Olivera in scia di Azpilicueta e Marcos Alonso, e due centrali prima di tutto potenti e veloci, come erano al tempo Cahill e Terry (Rrahmani-Buongiorno e i loro sostituti). A centrocampo ci sono una grande mezzala creatrice, in quella squadra Fabregas e qui De Bruyne, che sappia fare tante cose ma soprattutto creare la superiorità centrale e il collasso delle difese avversarie saltando l'uomo e tenendo il controllo del pallone, un'altra mezzala box-to-box dal grande fisico come Matic lì e McTominay qui. Poi la vera grande differenza: come motore atletico della squadra in quel Chelsea c'era uno dei migliori centrocampisti della storia, Kantè.

I Kantè non nascono sotto i cavoli e Anguissa non può esserlo. Quella capacità infaticabile soprattutto nelle coperture permetteva al Chelsea di aggredire con molti uomini e spalancare il campo, come piace a Conte. Anguissa non copre le porzioni di campo di uno che correva 15 volte a partita i 60 metri in 8 secondi, il suo corpo non può farlo. Ecco perché si cerca un prospetto alla Musah, che niente ha a che fare con la grandezza di Kantè, ma che ha la stamina per ripeterne i compiti. Poi nel Napoli c’è quel calciatore unico di fronte al quale nessun allenatore non sa adattarsi, Lobotka, il quale gestirà, come sempre, le operazioni e prenderà uno dei tre slot di centrocampo.
In attacco via Raspadori che ha una dimensione troppo spuria per chi vuole solo l'attacco a 3 (ha provato Conte a riconvertirlo nella mezzala creativa alla Fabregas, ma Jack non ha l'attitudine e, giustamente, nemmeno la voglia, essendo l'attaccante dell'Italia in questo momento) e dentro la coppia di centravanti Lukaku-Lucca, come lì c'erano Diego Costa e Batshuayi (il belga giocò e segnò tanto e anche Lucca, secondo me, giocherà spesso).
Il vero tarlo attuale di Conte è l'uomo in più. Un grande peso nella finalizzazione e nella creazione decisiva sotto la porta altrui in quel Chelsea era demandato a Eden Hazard, l'uomo chiave dell'attacco. In quella posizione Conte vuole il campione (e infatti Conte è venuto a Napoli perché c’era Kvara e voleva andarsene quando Kvara è andato via). Dopo l'inizio di Noa Lang, che non è e non sarà mai Hazard ma in questa serie A nella testa di tutti poteva fin da subito farlo immaginare, Conte ha molti dubbi. Per questo motivo in quella posizione si cercherà fino alla fine il colpo grande, il colpo da cinema, magari sperando in esuberi dalle grandi squadre d'Europa.