Come fa la Fiorentina a ritrovarsi ultima in classifica e perché non riesce a uscire dalla crisi

La crisi della Fiorentina non ha una sola origine. È il risultato di scelte sbagliate, instabilità societaria, fragilità emotive e prestazioni che non reggono il confronto con le ambizioni estive. È un lento cortocircuito che parte dai piani alti e finisce per travolgere campo, spogliatoio e tifoseria che si aspettava di vivere una stagione come le precedenti, sicuramente lontanissima dalla zona retrocessione che adesso ha inghiottito i viola. La squadra ha qualità, ma la confusione che la circonda la sta trascinando sul fondo della classifica in un viaggio che sembra avere un unica meta, a meno che qualcuno non riesca a invertire immediatamente la marcia.
I motivi della crisi della Fiorentina
Le dimissioni di Daniele Pradè sono state solo l'ultimo atto di una frattura aperta da mesi: il direttore sportivo voleva lasciare già la scorsa stagione e fu convinto da Commisso a restare, ma si è trovato in una situazione più grande di lui che lo ha costretto a prendere scelte drastiche. Il mercato estivo era stato costruito assieme a Stefano Pioli, tornato alla Fiorentina per permettere al club di fare un passo in avanti, ma si è rivelato poco coerente subito dopo l'esonero dell'allenatore. L'arrivo di Vanoli ha cambiato ogni cosa, anche perché non c'era una rosa modellata sul suo stile di gioco e costruita per la lotta alla salvezza.

A peggiorare la situazione c'è anche l'assenza fisica di Commisso, lontano per motivi di salute, che priva la società della sua figura centrale e della guida che dovrebbe tenera a bada anche gli animi bollenti. La gestione quotidiana è affidata a dirigenti che non sembrano pronti ad affrontare una crisi di queste dimensioni, soprattutto perché in mezzo si è inserita la contestazione dei tifosi che si fa sempre più forte dopo ogni partita. Ora tutto passa nelle mani di Goretti, promosso internamente e chiamato a ricostruire nel mercato di gennaio una squadra confusa e squilibrata.
La stagione porta ancora le cicatrici emotive della morte di Joe Barone, figura centrale nello spogliatoio e nella quotidianità del club. La sua scomparsa ha lasciato un vuoto umano enorme: per molti giocatori era un riferimento costante e l'assenza improvvisa di quella presenza ha contribuito a un clima di smarrimento che la Fiorentina non ha ancora del tutto assorbito.
I numeri impietosi in campo
Il caos societario trova il suo specchio in campo dove le difficoltà sono evidenti. Perfino giocatori navigati come Dzeko e De Gea si trovano in una situazione complessa e che non avevano mai gestito prima, soprattutto nei confronti dei tifosi che stanno giocando un ruolo centrale. La Fiorentina punta spesso sul possesso palla ma è lento, sterile e prevedibile, caratteristiche che neanche l'arrivo di Vanoli ha saputo cambiare. Non sa essere concreta e crea pochissime occasioni, pur avendo uomini di qualità in avanti.

Poi c'è la questione mentale, con i secondi tempi che sono fatali per la viola: oltre il 60% dei gol subiti arriva negli ultimi 20 minuti, segno di una fragilità emotiva che esplode sotto pressione come successo con il Sassuolo, dove la squadra era andata in vantaggio ma si è lasciata rimontare perdendo 3-1. Non è arrivato il clic mentale, neanche con l'ultimo posto, e a peggiorare la situazione c'è anche la difesa che ha incassato 24 gol in 14 giornate. Tutti sembrano irriconoscibili e hanno contribuito al quadro finale che parla di 0 vittorie in quasi quattro mesi di campionato, dando vita a una stagione che attualmente sembra nefasta.