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Chi è Davide Ancelotti, il figlio di Re Carlo che hanno definito “raccomandato” solo in un posto

Davide Ancelotti, figlio di Carlo, è l’ancora a cui l’allenatore del Real Madrid si aggrappa nei momenti difficili e in quelli di gioia. Sogna di vincere la finale di Champions con il Real Madrid dopo aver attraversato anche momenti difficili.
A cura di Enrico Scoccimarro
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Carlo Ancelotti ha scelto ormai da tempo di avere al suo fianco la persona che più di tutti possiede la sua fiducia: suo figlio Davide. Già nel 2012 al PSG era entrato nello staff come preparatore atletico, ma da quasi sei anni, cioè dai tempi dell’avventura in Baviera, è il suo secondo. Se è vero che, da un lato, nel suo percorso Davide ha sempre seguito le orme del padre, è vero anche che dietro la grande ombra di Carlo c'è un uomo che a soli 32 anni ha saputo gestire e mantenere delle grandissime responsabilità affidategli. Andiamo quindi a scoprire quali sono stati i suoi primi passi e come si è dimostrato all'altezza di sostituire uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio.

Nato a Parma nel 1989, nel suo percorso di studi Davide Ancelotti ha conseguito la laurea in Scienze Motorie. Per un periodo ha anche provato a giocare a calcio nelle giovanili del Milan, fino alla Primavera, e successivamente al Borgomanero. Resosi conto di non poter proseguire con la carriera da calciatore, nel 2009 fa quindi la scelta più importante: comincia a studiare per diventare allenatore, sotto i consigli e le esortazioni di suo padre. Mentre studia, lavora: grazie alla laurea in Scienze motorie può far parte dello staff di preparatori fitness prima a Parigi e poi al Real Madrid nel 2013, durante la prima esperienza di Carletto, in cui vince la Champions, "la decima". Arriva così il momento di passare allo step successivo: nel 2016 prende il patentino Uefa A, grazie al quale può di diritto sedersi in panchina affianco a suo padre. E così, nel curriculum può già vantare il titolo di vice allenatore di Bayern Monaco, Napoli, Everton e adesso Real Madrid.

Carlo Ancelotti e il figlio Davide esultano dopo la vittoria e la qualificazione in finale di Champions
Carlo Ancelotti e il figlio Davide esultano dopo la vittoria e la qualificazione in finale di Champions

A fronte dei ruoli di rilievo, bisogna riconoscere il fatto che si sta meritando la posizione che ricopre attraverso grande lavoro e dedizione, che dimostra con la sua professionalità in campo e gli studi extra campo. Davide con il tempo ha fatto crescere infatti il suo peso all’interno dello staff: non prende più solo lezioni, ma dà consigli e suggerisce mosse tattiche. Forse sarebbe pronto anche a camminare con le proprie gambe. La domanda è se sia lui che fatica a staccarsi dal padre o se, invece, è il contrario. Re Carlo sembra infatti mantenersi saldo al figlio, confidandosi nei momenti di difficoltà e condividendo con lui per primo le soddisfazioni più grandi, come hanno visto tutti in quell'abbraccio al fischio finale di Real Madrid-Manchester City, che ha decretato il passaggio in finale di Champions.

Davide è arrivato anche a sostituire papà Carlo in panchina per due volte: la prima in Serie A con il Napoli a novembre 2019 contro la Roma, a causa della squalifica di Carlo: non andò benissimo, gli azzurri persero 2-1. L'esperienza di Davide Ancelotti a Napoli rimarrà però per sempre legata alla sua vita privata: all'ombra del Vesuvio sono nati infatti i suoi due figli. La seconda esperienza come guida in panchina è arrivata proprio quest'anno, ad aprile, nella delicata ma non impossibile trasferta del Real contro il Celta Vigo, per la positività al Covid di Ancelotti senior: questa volta gli va bene, i blancos vincono per 2 a 1.

Davide Ancelotti alla guida del Napoli durante la sfida contro la Roma nel 2019
Davide Ancelotti alla guida del Napoli durante la sfida contro la Roma nel 2019

Il giovane Ancelotti conosce bene la sua condizione e lo ha anche riconosciuto pubblicamente: "Sono un privilegiato e voglio onorare il nome che porto". Tuttavia potremmo dire che "da grandi eredità, derivano grandi responsabilità" storpiando una famosa frase della Marvel. Anche quella di dover gestire le pressioni di un cognome ingombrante, che può diventare appiglio facile per le critiche. Come successo proprio nella parentesi di Napoli, non appena le cose sono iniziate ad andare male: "Lavoro da 10 anni con mio padre e il tema del nepotismo salta fuori quando si perde. Sono consapevole che ci siano questi pregiudizi, e sì, penso sempre di dover dimostrare qualcosa – ha spiegato al Corriere della Sera -. Ma per me è benzina: mi fa stare motivato e non la voglio perdere. Però per il posto di vice non si fanno casting, ogni allenatore sceglie un uomo di fiducia. Dove me l'hanno fatto pesare di più? Nell’unica italiana dove ho lavorato: il Napoli. Ma credo sia legato al fatto che in Italia la parentela fa più rumore".

A costo di passare per un raccomandato, il "principe Davide" continuerà a cercare di dimostrare a tutti quanto sia in grado di essere dov'è, magari scegliendo un giorno di mettersi in proprio. Per adesso va bene così, c'è una finale di Champions League che lo attende.

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