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Castan rivive la comparsa del tumore: “Nello spogliatoio ad Empoli, persi 15 kg in due settimane”

Leandro Castan ha raccontato in un’intervista la sua storia. Al difensore ex Roma fu diagnosticato un cavernoma cerebrale, ovvero un tumore benigno al cervello che ha poi messo fine alla sua avventura in giallorosso.
A cura di Fabrizio Rinelli
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Era il 18 luglio 2012 quando Walter Sabatini, allora direttore sportivo della Roma, piazzò un colpo importantissimo per i giallorossi acquistando Leandro Castan dal Corinthians. Un investimento da 5 milioni di euro, neanche così importante, ma che sicuramente ai capitolini avrebbe fruttato tantissimo in futuro. Una delle classiche operazioni alla Sabatini che pescò in Brasile un difensore centrale di cui si parlava già un gran bene. Contratto di 4 anni per un giocatore che subito ha fatto la differenza sotto la guida di Rudi Garcia. Castan giocò 81 partite con la maglia giallorossa segnando anche un gol e un assist. Un rendimento importante che fece di Castan uno dei migliori difensori al mondo capace di entrare subito anche nel giro della Nazionale del Brasile. Le stagioni 2012/2013 e 2013/2014 furono assolutamente esaltanti e il valore di mercato di Castan era schizzato alle stelle.

Peccato però che a settembre 2014, nella seconda giornata di campionato 2014/2015, qualcosa andò storto. La prima stagionale in trasferta contro l'Empoli al Castellani di fatto mise fine alla carriera del brasiliano. Un incubo che si materializzò nell'intervallo del match in Toscana. Vertigini, crampi alle gambe dopo 5 minuti e una sensazione strana. Fu Maicon a indicare a Garcia che Castan andava sostituito. Fu l'inizio della fine. Castan ha raccontato di quelle fasi della sua carriera in un'intervista a ‘Cronache di Spogliatoio'. Un racconto da brividi che si amplifica poi fino al suo ritorno in campo con la Roma di Spalletti e l'addio imposto al giocatore proprio da parte dell'attuale tecnico del Napoli che lo mise alla porta senza troppi giri di parole: "‘Senti, la partita di ieri è stata un disastro’. Gira lo schermo e c’erano 3-4 squadre di Serie B: ‘Il tuo livello è questo, non puoi giocare alla Roma’"

Castan nella fase finale della sua carriera col Vasco da Gama.
Castan nella fase finale della sua carriera col Vasco da Gama.

Questo fu dunque l'epilogo di una vicenda che iniziò appunto a Empoli. Castan racconta quella giornata e gli immediati giorni a seguire. Garcia chiede di metterlo in campo nonostante dopo pochi giorni la Roma dovesse affrontare il CSKA: "Ricordo che nei primi 5 minuti di partita mi vengono i crampi alla gamba – spiega – Maicon mi guarda e capisce subito che avevo qualcosa di diverso. Al rientro negli spogliatoi Maicon fa a Garcia: ‘Mister, togli Castan. Gli fa male la gamba’. E io: ‘Oh, ma che dici? Sto bene, gioco’. Allora Rudi dice: ‘Leandro che hai?’. ‘Niente’. Maicon ribatte: ‘Toglilo, fidati’. Da lì, non rientro in campo per un anno". Fu l'inizio di un incubo per Castan che non dimentica quegli istanti: "Il giorno dopo mi sveglio e non mi reggo in piedi. La testa mi girava fortissimo, pensavo di morire in quegli istanti. Non riuscivo a fare niente".

Stupore generale anche da parte dei medici della Roma che hanno approfondito al meglio il caso proprio per non lasciare nulla al caso. "Per 15 giorni sono rimasto così, senza capire cosa mi stesse accadendo – racconta Castan che non dimentica quei momenti – Avevo giramenti di testa e poi vomitavo, vomitavo e in due settimane ho perso 15 chili. Mi dicevo: ‘Sto morendo’. Non pensavo al rientro in campo, ma solo al restare vivo. Lì ad Empoli, è finita la mia carriera e si sono spenti tutti miei sogni: giocare un Mondiale, vincere uno scudetto, fine". La verità e la certezza sulle condizioni fisiche di Castan furono confermate dopo circa 3 settimane: cavernoma cerebrale, un tumore benigno al cervello.

Walter Sabatini e Sinisa Mihajlovic: le due figure più importanti dell'esperienza italiana di Castan.
Walter Sabatini e Sinisa Mihajlovic: le due figure più importanti dell'esperienza italiana di Castan.

Castan deve sottoporsi immediatamente a un'operazione. Attimi indimenticabili in cui la sua vita stava cambiando. C'è solo un ricordo di quello che sarà effettivamente l'ultimo vero approccio alla Roma: Walter Sabatini. Il ds giallorosso di quegli anni lo chiamò e gli fece un discorso di grande professionalità e serietà: "Senti, fino a quando sono qua, tu resti il centrale della Roma – racconta Castan citando le parole di Sabatini –  Prenditi il tempo che vuoi. Non vuoi più giocare? Va bene, sono d’accordo con te, ma pensaci". Parole indelebili nelle mente del brasiliano: "Mi emoziono ancora oggi a parlarne". L'operazione e il ritorno a quella normalità che si aspettava di trovare Castan furono una montagna ancora più grande da scalare. Nella stagione 2015/2016 alla Roma era cambiato qualcosa e Castan giocò solo 3 partite fino a gennaio. Ma soprattutto era arrivato Spalletti al posto di Rudi Garcia.

La famosa gara col Verona in cui Castan fu disastroso.
La famosa gara col Verona in cui Castan fu disastroso.

L'allenatore della Roma, oggi al Napoli, convocò Castan in ufficio. Il brasiliano racconta quell'episodio come se fosse successo ieri. Era consapevole che non riusciva ancora ad esprimersi ai massimi livelli come prima, ma aveva bisogno di tempo: "Leandro, senti ho bisogno che torni ad essere il migliore difensore dellhfffa Serie A – dice Spalletti a Castan che risponde – Mister, ho bisogno di giocare. Prima ne facevo 35 su 38, ora al massimo 3-4″. Spalletti non fa una piega: "Non ci sono problemi, ti metto in campo. Sei pronto già per il Verona? – Castán risponde – ‘Sì, però ho bisogno di un po’ di partite. Devo ritrovare il ritmo". Spalletti è sicuro di quello che sta facendo: "Tranquillo, ci penso io". 

Castan fa l’esordio ufficiale nella nuova Roma di Spalletti contro il Verona ma la prestazione fu un disastro: "Giocai malissimo, forse la partita peggiore della mia carriera – racconta – Pareggiamo 1-1 e procuro un rigore". Il giorno dopo Spalletti lo convoca in ufficio e letteralmente lo lascia senza parole: "Entro, era lì al pc – racconta – Neanche mi siedo e mi fa: ‘Senti, la partita di ieri è stata un disastro’. Gira lo schermo e c’erano 3-4 squadre di Serie B: ‘Il tuo livello è questo, non puoi giocare alla Roma’. Mi è crollato tutto. Gli rispondo: ‘Allora me ne torno in Brasile’. E lui: ‘Fa’ come vuoi, qua sicuro non giochi più". Una chiusura netta che lo porterà lontano dalla Capitale.

Leandro Castan con la maglia del Torino.
Leandro Castan con la maglia del Torino.

Castan ricomincia dalla Sampdoria per poi trasferirsi al Torino dove torna ad essere il giocatore che tutti ricordavano. Aveva bisogno del suo tempo ma aveva trovato sicuramente in Sinisa Mihajlovic un allenatore capace di capirlo e valorizzarlo nuovamente facendolo sentire importante, come il fulcro della squadra. "Al Toro i primi 6 mesi furono bellissimi – spiega – Mihajlović spingeva anche per comprarmi a titolo definitivo e soprattutto vincemmo anche 3-1 contro la Roma". Un momento che Castan non dimenticherà mai: "Ad ogni nostro gol, fissavo Spalletti: ‘Vedi, sono io quello che scarso? E allora perché ti ho battuto?’". Sembra potesse essere un nuovo inizio per Castan ma poi tornarono i guai fisici: "Avevo continui problemi alla gamba. Avevo voglia di spaccare il mondo, ma il mio corpo non rispondeva".

Prima di lasciare il Toro e concludere la sua carriera tra Cagliari, Vasco da Gama e Guarani, Castan ha conservato dell'Italia il ricordo meraviglioso proprio di Mihajlovic: "L’incontro con il serbo è stato molto più di una mera questione di campo – ha detto – Come lui ha visto che iniziavo ad aver problemi, mi ha portato dai suoi medici. Le ha provate tutte. Gliene sarò per sempre grato. Con me Mihajlović è stato speciale: alla fine di ogni allenamento, mi insegnava come calciare il pallone". Mihajlovic ha voluto seguirlo passo dopo passo: "Dopo l’operazione, infatti, per me era come se dovessi imparare di nuovo a calciare – ha spiegato il brasiliano – Facevamo di tutto: passaggi, cambi di gioco, sinistro, destro. Lui ogni giorno mi prendeva con sé, si metteva lì e passavamo le ore insieme. Questo è l’uomo che è stato Mihajlović, non so quanti altri allenatori avrebbero fatto lo stesso".

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