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Allenamenti Serie A, intervengono le regioni: 7 squadre possono ripartire (ma non tutte lo faranno)

Quattro regioni allentano le misure decise dal governo ed aprono alla possibilità di allenamenti individuali anche per le squadre di calcio. In Serie A potranno ripartire in sette, ma c’è chi attenderà il protocollo ufficiale prima di riprendere. Un primo passo verso il ritorno alla normalità, ma la strada verso gli allenamenti di gruppo è ancora lunga.
A cura di Sergio Chesi
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Nella partita tra governo e calcio, per la ripresa delle attività, entra in scena un terzo incomodo: sono le regioni, che a macchia di leopardo hanno allentato i provvedimenti adottati dal governo in relazione agli allenamenti individuali – concessi solo a chi pratica discipline individuali – allargando la possibilità anche alle squadre di calcio. In alcuni casi, come la Campania, in seguito ad una trattativa diretta tra regione e squadra di calcio (il Napoli, nella fattispecie); in altri, come l'Emilia-Romagna, per iniziativa diretta della regione. Costringendo anche il governo, e in particolare il ministro dello sport Vincenzo Spadafora, ad un parziale dietrofront rispetto ai piani iniziali di ripresa degli allenamenti: è stato già richiesto, al comitato tecnico-scientifico, di valutare su scala nazionale la ripresa degli allenamenti individuali per le squadre di calcio a partire da lunedì 4 maggio. Un robusto anticipo rispetto alla data del 18 maggio, data al centro del confronto tra comitato tecnico-scientifico e Federcalcio sul protocollo medico, il vero terreno di gioco su cui si decideranno le sorti della stagione calcistica.

Nel dettaglio sono sette le squadre di Serie A alle quali è stato concesso di poter aprire i propri centri sportivi per consentire agli atleti di sostenere sedute di allenamento rigorosamente individuali: le quattro squadre dell'Emilia-Romagna (Bologna, Parma, Sassuolo e Spal), Lazio e Roma da metà settimana, il Napoli e il Cagliari. Non tutte lo faranno. Cagliari e Spal hanno deciso di attendere il protocollo ufficiale per ripartire con gli allenamenti, le altre seguiranno delle procedure interne che in qualche modo ricalcano quanto previsto nella prima versione del protocollo. I calciatori arriveranno al centro sportivo con mezzi propri, non avranno contatti con altre persone, effettueranno seduta di allenamento in solitaria (chi in metà campo, chi utilizzando un intero terreno di gioco) e al termine dell'allenamento – senza doccia – faranno direttamente rientro a casa. Chiusi gli spogliatoi e tutti gli spazi comuni. I compagni di squadra, nella migliore delle ipotesi, si incroceranno da lontano. Alcune squadre hanno lasciato facoltà di scelta e ognuno potrà decidere se allenarsi in casa o al centro sportivo.

Si tratta di una scelta di buon senso, più che di un primo segnale di possibile ritorno per il calcio. Gli atleti hanno bisogno di allenarsi, specialmente dopo un lungo periodo di inattività, e non avrebbe avuto senso mandare i calciatori in giro per i parchi cittadini anziché nei centri sportivi delle squadre. Ma resta ancora lunga la strada verso il ritorno reale agli allenamenti di squadra, per i quali servirà un'intesa sul protocollo medico tra comitato tecnico-scientifico e Federcalcio: la giornata di oggi, in questo senso, potrebbe regalare sviluppi importanti. La questione centrale resta sempre la risposta ad un eventuale nuovo caso di positività all'interno del ‘gruppo squadra'. Le società, intanto, accolgono con soddisfazione una prima, minima riapertura, che consentirà ai giocatori di potersi allenare singolarmente in condizioni ottimali e ribadisce ulteriormente la volontà comune di portare a termine il campionato, presa di posizione necessaria per non esporsi a rischi legali con le tv in caso di stop definitivo del campionato per mano del governo.

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