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I Celtics in crisi nera, altra bruttissima sconfitta. Lo spogliatoio è in crisi?

Quinta sconfitta di stagione per i biancoverdi, sempre più schiavi di problemi mai del tutto realmente risolti e ormai presenti da anni. Marcus Smart accusa le due star della squadra di passare poco la palla, la difesa è ben lontana dal definirsi accettabile, e Tatum alterna proteste a isolamenti fini a se stessi. Rivoluzione in vista o saranno in grado di compattarsi nelle prossime settimane?
A cura di Luca Mazzella
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Un parziale di 37-9 subito negli ultimi 12 minuti, 19 punti di vantaggio dilapidati, un eloquente dato a rimbalzo difensivo con 0 totali catturati nel periodo, un crollo verticale contro quella che a tutti gli effetti è una diretta concorrente per le posizioni alle spalle dei più quotati Brooklyn Nets e Milwaukee Bucks. Il tutto, subito dopo la pessima partita giocata e persa contro i Washington Wizards, che ha mostrato per l'ennesima volta le crepe (già evidenziate nella disastrosa sconfitta contro i Toronto Raptors) che sulle due metà campo i Boston Celtics hanno confermato di avere anche stanotte. Una squadra che, all'ennesima chance di diventare grande, è eternamente cristallizzata nei suoi storici problemi e oggi, con un record di 2 vittorie a fronte di 5 sconfitte, sembra già sull'orlo di una crisi di nervi come testimoniano inequivocabilmente le parole di Marcus Smart, veterano ormai della squadra, nei confronti delle due star del roster Jayson Tatum e Jaylen Brown.

L'accusa di Marcus Smart

Smart, uno dei volti più rappresentativi e carismatici all'interno dello spogliatoio Celtics, ha lasciato intendere senza troppi giri di parole quanto in questo momento manchi sintonia tra le due superstar e il resto della squadra. Lo ha fatto presentandosi ai microfoni nel dopo partita:

"Vorrei semplicemente giocare a pallacanestro. Tutte le squadre sanno che finiremo col dare la palla o a Jayson o a Jaylen, e ovviamente tutte preparano la partita per fermare loro due. Credo che ogni scouting report suggerisca loro di passare, ma non lo fanno. È qualcosa che dobbiamo imparare, qualcosa che loro per primi stanno imparando. Siamo molto orgogliosi dei miglioramenti che hanno avuto finora, ma devono fare un altro passo in avanti e mostrare di saper creare occasioni non solo per se stessi, ma anche per i compagni. E così essere più liberi nei finali di partita, quando dovranno segnare tiri difficili o comunque affrontare accoppiamenti difensivi molto duri. È qualcosa che gli stiamo chiedendo e che stanno imparando, ma dobbiamo far si che apprendano quanto prima e metterli in condizione di aiutarci"

Dito puntato, quindi, contro il basket poco coinvolgente di Tatum e Brown, troppo spesso ristagnante in situazioni di uno contro uno con pessime scelte di tiro e scarichi che tendono a non arrivare quasi mai coi tempi giusti. E in più, a complicare ulteriormente le cose, un crescente nervosismo proprio di Tatum contro gli arbitri, sfociato troppe volte in reiterate proteste senza nemmeno rientrare nella metà campo offensiva a seguito di mancati fischi.

Una sconfitta "storica"

Non è mai edificante finire nel libro dei record NBA per una sconfitta, ma nel tragicomico inizio di questi Celtics c'è davvero spazio per tutto. Il vantaggio di 14 punti in apertura di ultimo periodo (103-89) poi dilapidato fino al 128-114 per gli ottimi Chicago Bulls inserisce infatti Boston dal lato sbagliato della storia: prima squadra dal 1954-55 capace di perdere di così tanti ptuni (14) dopo essere stata in vantaggio di 14 o più punti alla fine del terzo quarto.

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I limiti strutturali del roster

Limitare però il discorso agli errori di gioventù dei due simboli della squadra sarebbe in qualche modo un parafulmini fin troppo semplice per la (neo)dirigenza della squadra, passata dalla conduzione di Danny Ainge alla promozione dietro la scrivania dell'ex coach Brad Stevens, rimpiazzato in panchina da Ime Udoka. I Celtics attuali mancano in maniera evidente di un solido e affidabile passatore, devono ancora trovare il giusto equilibrio tra starter e second-unit (allo stato decisamente poco produttiva), e hanno disperatamente bisogno di un leader vocale in difesa, che tutti sperano possa tornare ad essere Al Horford, riacquisito nella sfiducia generale ma tra i pochi a salvarsi di questo inizio. 7 partite sono davvero pochissime per concludere con giudizi eloquenti, ma chi sperava che cambiare semplicemente coach avrebbe ridato linfa a un progetto tecnico in fase di stallo ormai da troppo tempo si sbagliava. A Udoka servirà tempo, ma i problemi di Boston oggi hanno connotati ben precisi e sono probabilmente insiti nelle caratteristiche di un roster per il quale, se confermato questo andamento nel prossimo mese, si inizierà a parlare di clamorose e inaspettate rivoluzioni.

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