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Esclusa dalla squadra femminile di basket perché transgender: “Valutazione più che complessa”

E’ accaduto in Australia dove la Federbasket ha vietato a Lexi Rodgers di potersi tesserare nei Kilsyth Cobras, squadra femminile semipro di pallacanestro. Non è il primo caso nello sport e non sono mancate polemiche.
A cura di Alessio Pediglieri
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Continua a far discutere e a mantenere vivo il dibattito sulle atlete transgender ciò che è accaduto nelle scorse ore in Australia dove la Federazione di pallacanestro ha deciso di escludere dalle competizioni femminili Lexi Rodgers, 24enne tesserata dei Kilsyth Cobras con cui però non potrà scendere sul parquet per raggiungere il proprio sogno: disputare un campionato semiprofessionistico. Il motivo addotto dalla commissione che ha analizzato il caso è stato chiaro: Rodgers godrebbe di vantaggi rispetto alle sue avversarie.

Un'esclusione arrivata dopo una lunga consulta federale di fronte all'inserimento del nome di Lexi Rodgers nel roster della squadra dello stato di Victoria per la stagione 2023 e che ha optato per l'impossibilità di accettarne la presenza nel campionato di basket femminile. La Lega australiana ha riconosciuto in un comunicato la "complessità della valutazione" ma si è espressa chiaramente, vietando a Rodgers di poter giocare. Almeno per ora perché – continua nella nota – la Federbasket riconosce apertamente "di essere sempre sulla via dell'educazione e della comprensione, dove l'equilibrio tra inclusione, equità e natura competitiva dello sport sarà sempre un'area complessa da cogliere".

Parole, al momento, perché i fatti parlano chiaro: Lexi Rodgers dovrà farsene una ragione e rinunciare a tempo indeterminato al proprio sogno: "Il basket è uno dei grandi amori della mia vita" ha scritto l'atleta subito dopo la decisione federale, sui propri profili social. "Come tante persone che giocano ogni settimana in tutto il paese, il campo da basket è dove mi sento al sicuro, dove mi sento libera e dove sento di appartenere. Come atleta, questa passione e amore per il gioco mi motiva a giocare al meglio delle mie capacità contro i concorrenti più duri ai massimi livelli".

Altre parole, che resteranno vuote finché la Federbasket australiana non prenderà una decisione definitiva. A Rodgers resta la grandissima solidarietà che ha sentito attorno a sé in uno dei momenti più difficili della sua vita: "Voglio ringraziare tutti coloro che mi hanno sostenuta, perché ho cercato di partecipare alla NBL1 questa stagione. Il sostegno dei giocatori, degli allenatori, del mio club e dei membri della base del movimento cestistico è stato travolgente. Sono così grata per il loro desiderio di avermi come parte della loro comunità".

L'esclusione di Lexi Rodgers rientra tra quelle che stanno coinvolgendo sempre più il mondo dello sport in tutte le parti del mondo e in ogni disciplina. Fa parte di quelle atlete transgender che hanno vissuto la pubertà come maschi per poi cambiare genere, ma che sul fronte puramente agonistico oggi non riescono a venire collocate senza suscitare polemiche o problematiche, sia tra gli addetti ai lavori sia tra l'opinione pubblica. "Il sostegno che mi è stato rivolto mi riempie di orgoglio" ha continuato a scrivere Rodgers "ma lancio anche un messaggio onesto di uguaglianza a chi cerca anche l'appartenenza allo sport. Ho partecipato pienamente e in buona fede al processo e ai criteri di ammissibilità. Coerente con i punti di vista espressi da tanti, credo fermamente di avere un posto come atleta nel basket femminile. Mi rattrista il potenziale messaggio che questa decisione invia a persone trans e di genere diverse ovunque".

Un messaggio che ultimamente risuona sempre più forte ma che non ha mancato di trovare toni polemici e dissonanti sull'argomento, come quanto scritto sui social da Andrew Bogut, ex stella australiana del basket con un importante trascorso in NBA: "E' stata una buona decisione. Detto questo, è oltremodo allarmante che viviamo in un'epoca in cui è necessario un gruppo di esperti per prendere queste decisioni. Non lasciamo che gli attivisti cerchino di complicare ciò che è semplice: gli sport femminili sono per le donne".

Nel mondo professionistico e che ha portato non meno di un mese fa la World Athletics a esprimersi sul tema: anche in questo caso, però la prima scelta è stata l'esclusione delle atlete transgender dalle competizioni femminili, senza dare loro una immediata soluzione che possa permettere parità di trattamento. Soluzione che in altre federazioni stanno adottando come una terza categoria oltre alle classiche femminili e maschili che permettano l'inclusione e pari opportunità alle atlete transgender, come nel nuoto ad esempio. Il tutto, successivamente al caso attorno alla nuotatrice transgender Lia Thomas, che aveva ricevuto la nomination come atleta femminile dell’anno.

Anche in altre discipline la discussione resta aperta e di dibattito acceso. Nel mondo del rugby è già in atto la distinzione tra competizioni maschili, femminili e transgender, mentre nel mondo del ciclismo il "problema" resta aperto a tal punto che nelle scorse settimane si era inasprita la polemica davanti ai continui successi ottenuti da un'altra transgender, Tiffany Thomas, che a 46 anni sta facendo incetta di vittorie tra le donne. Con alcune delle atlete che hanno deciso addirittura di abbandonare l'attività agonistica in segno di protesta.

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