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Diffusero le foto di Kobe Bryant morto: la moglie Vanessa vince la battaglia legale

Continua la causa di Vanessa Bryan contro il Dipartimento di polizia della Contea di Los Angeles per le foto scattate e diffuse senza alcuna autorizzazione dei corpi di Bryant, della figlia Gianna e delle altre vittime dell’incidente in elicottero dello scorso gennaio 2020. La moglie di Kobe sarebbe riuscita ad ottenere la pubblicazione dei nomi dei poliziotti incriminati.
A cura di Alessio Pediglieri
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Emergono ulteriori dettagli sulla causa che Vanessa Bryant, la moglie del defunto Kobe, scomparso nel tragico incidente in elicottero insieme alla figlia Gianna, nel gennaio 2020, ha intentato al dipartimento di polizia della Contea di Los Angeles, dopo che alcuni poliziotti e vigili del fuoco avevano scattato – e poi diffuso – senza alcuna autorizzazione foto sui corpi dilaniati del marito, della figlia e delle altre vittime, In particolare, Vanessa avrebbe preteso che vengano diffusi i nomi soprattutto di quattro agenti che più di altri si sarebbero vantati degli scatti, fatti vedere a persone non autorizzate.

Lo sceriffo della Contea di Los Angeles si è sempre opposto a tale richiesta ma un giudice federale ha dato ragione alla vedova di Kobe: si tratta del giudice distrettuale degli Stati Uniti John F. Walter che ha respinto il tentativo degli avvocati della contea di Los Angeles di mantenere i nomi dei deputati sotto segreto istruttorio. La difesa ha provato a spiegare come il rilascio dei nomi renderebbe gli indirizzi conosciuti dei poliziotti, coinvolti nella causa, e altre informazioni personali per le quali potrebbero venire presi di mira. In attesa della decisione finale gli avvocati della famiglia Bryant hanno tenuto nascosti i nomi dei deputati nella loro memoria ma Luis Li, avvocato di Vanessa, ha affermato che "la trasparenza promuove la responsabilità. Non vediamo l'ora di presentare il caso della signora Bryant in udienza pubblica, con nomi e cognomi".

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Il giudice Walter ha ritenuto che le accuse di cattiva condotta degli agenti di polizia non dovrebbero essere nascoste agli occhi del pubblico perché "laddove il caso coinvolge la cattiva condotta della polizia, il pubblico ha diritto acquisito nel valutare la veridicità delle accuse" rigettando ogni tentativo da parte della Contea di opporsi alla pubblicazione dei nomi, sostenendo il diritto alla riservatezza e della privacy.

Nel frattempo emergono anche dettagli scabrosi come il vanto di mostrare in un bar gli scatti dei morti dilaniati nell'incidente e la notizia che uno degli imputati avrebbe scattato tra le 30 e le 100 foto, oltre al fatto che lo sceriffo – venuto a conoscenza del fatto – avrebbe concesso ai suoi uomini 48 ore per cancellare ogni traccia. Al momento, di quelle fotografie non ce n'è più traccia come sostiene la Contea di Los Angeles ma diversi vigili del fuoco e altri poliziotti hanno sostenuto di aver ricevuto sui propri cellulari foto della scena incriminata.

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