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“Il mistero del campione olimpico che non ha corso più”: gli inglesi ancora all’attacco di Jacobs

A distanza di mesi il Times torna all’attacco di Marcell Jacobs, inviando due cronisti d’inchiesta in Italia per cercare di trovare prove che possano sporcare i trionfi dell’azzurro alle Olimpiadi.
A cura di Paolo Fiorenza
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Sono passati oltre 3 mesi dalle due medaglie d'oro olimpiche che hanno consegnato Marcell Jacobs alla storia dello sport mondiale e gli inglesi non si arrendono: per loro trovare la magagna nel trionfo del 27enne velocista di Desenzano del Garda è diventata una ragione di vita professionale. E dunque il prestigioso Times manda in Italia due cronisti d'inchiesta, Matt Lawton e Mark Palmer, per replicare – in versione ampliata, un doppio paginone con titolo a nove colonne – le accuse rivolte già a caldo a Jacobs nell'agosto scorso, quando i medesimi giornalisti scrissero: "La polizia indaga sul nutrizionista della stella dei 100 metri".

Il nuovo articolo intitolato "Il mistero del campione olimpico che è cresciuto senza lasciare traccia e poi non ha corso più" è tanto lungo quanto assolutamente privo di novità significative. Veleno pompato dentro tanta aria fritta: tutto viene fatto ancora ruotare intorno alla vecchia collaborazione tra Jacobs e Giacomo Spazzini, personal trainer e nutrizionista anch'egli di Desenzano che nella didascalia della foto del pezzo viene indicato come colui che "ha trasformato la carriera" del campione azzurro e che è "collegato ad un'indagine della polizia su steroidi anabolizzanti".

Spazzini è effettivamente indagato a Milano per frode, ma il suo collegamento con Jacobs è stato reciso mesi prima delle Olimpiadi ed ovviamente non ha nulla a che fare col traffico di steroidi. Per quest'ultimo tema, ovvero il doping, valgono come argomento definitivo e pietra tombale sulla vicenda i numerosi controlli cui è il velocista nato ad El Paso è stato sottoposto prima e durante le Olimpiadi. Test dai quali è uscito pulitissimo, a differenza invece di quel CJ Ujah del quale nel pezzo dei nostri arrembanti colleghi d'Oltremanica non si fa alcun cenno: si tratta dello staffettista inglese trovato positivo – lui sì – ad un paio di sostanze dopanti, con conseguente perdita della medaglia d'argento vinta a Tokyo.

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Oltre a Spazzini, il reportage mette enfasi sull'appostamento fatto al campo d'allenamento romano di Jacobs – lo stadio Paolo Rosi, descritto come "fatiscente, con una pista usurata e nuda" – per cercare di estorcere al velocista e al suo allenatore Paolo Camossi un'intervista che a detta degli inviati era stata ripetutamente negata loro. Jacobs e Camossi peraltro si mostrano estremamente cordiali e disponibili ma invitano a passare per il management. Un altro appostamento viene fatto per intercettare Spazzini all'uscita dal suo centro a Desenzano ed avere un paio di battute anche da lui sulla questione, ma pure in quel caso non salta fuori niente di significativo.

Quanto al resto, i sospetti restano appunto sospetti senza uno straccio di prova: si citano i progressi fatti da Jacobs in pochi mesi nella velocità, dopo aver abbandonato il salto in lungo per mancanza di risultati, e poi il fatto di aver deciso di non correre più dopo le Olimpiadi, rinunciando ai ricchi ingaggi dei meeting della Diamond League. Al riguardo viene riportata una risposta di Camossi, secondo il quale il campione azzurro ha smesso di gareggiare dopo Tokyo perché "era davvero stanco, qui", indicando la testa. Alla fine della lettura dei due paginoni ci resta una sensazione nitida: e no, non gli passa ancora…

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