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La vita di Patrizio Peci dopo le Brigate Rosse: cosa fa e dove vive oggi l’ex brigatista

Patrizio Peci è stato il brigatista che ha inferto il colpo più duro alle BR, diventando collaboratore di giustizia anche grazie al lavoro svolto dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Le BR, per ritorsione, sequestrarono, processarono e uccisero suo fratello Roberto.
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Patrizio Peci è stato il brigatista che ha inferto il colpo più duro alle BR, diventando collaboratore di giustizia. Le sue attività si sono svolte principalmente a Torino. Di fatto, è stato il primo militante delle Brigate Rosse a essersi pentito, contribuendo a una serie di svolte chiave per smantellare l'organizzazione terroristica, anche grazie al contributo del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Purtroppo, il suo pentimento ha avuto conseguenze tragiche nei confronti della sua famiglia: suo fratello, infatti, fu ucciso dalle BR dopo che lui decise di collaborare con le Forze dell'Ordine. Attraverso il suo arresto e il suo pentimento, fu recuperato il memoriale delle BR a Milano.

L'arresto di Patrizio Peci e l'uccisione del fratello Roberto

Patrizio Peci fu arrestato a Torino il 20 febbraio 1980. Fu il primo a pentirsi delle BR. Grazie alle sue rivelazioni rese possibile l'individuazione del covo delle BR in via Fracchia a Genova. Stando ai rapporti, Peci fu riconosciuto per caso da due carabinieri e quindi arrestato. In carcere, il direttore riuscì a convincerlo a incontrare il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Pe le BR, l'arresto di Patrizio Peci fu invece organizzato su delazione di suo fratello Roberto, anche lui vicino all'organizzazione. Per questo motivo, le BR sequestrano Roberto e lo processarono, condannandolo a morte. "Mio fratello avrebbe potuto salvarsi", disse Patrizio Peci in una intervista a Enzo Biagi, "loro volevano con questo sequestro creare delle contraddizioni all'interno dello Stato, far cadere le persone che avevano rapporti con me, in particolare Carlo Alberto Dalla Chiesa".

L'ex brigatista Patrizio Peci diventa un collaboratore di giustizia

"Facevo parte di Lotta Continua e avevo 18 anni, forse ero anche più giovane. Era quel momento in cui lo Stato faceva sentire forte la sua repressione, anche arrestando i compagni che manifestavano in piazza". Poi decide di armarsi spinto dai suoi ideali, come confermerà a Enzo Biagi. Prima di diventare collaboratore di giustizia, Patrizio Peci è stato coinvolto in diverse azioni: il ferimento di Antonio Munari, capo officina Fiat; il ferimento del geometra Franco Visca, anche se a sparare fu Andrea Coi, il ferimento del militante della DC, Antonio Cocozziello, infine prese parte al pedinamento e all'omicidio del giornalista Carlo Casalegno. Peci dichiarerà che il giornalista fu assassinato per aver offeso la memoria dei membri della Rote Armee Fraktion, i quali morirono suicidi nel 1977.

Patrizio Peci oggi ha una nuova identità e vive in un luogo segreto

Oggi, Patrizio Peci vive in una località segreta sotto una nuova identità. Nel 2008, la televisione svizzera mandò in onda un documentario sui fratelli Peci dal titolo "L'infame e suo fratello". In quel documentario, attraverso la figura della sorella Ida, si mette in risalto il silenzio delle istituzioni e l'attività di Radio Radicale, l'unica che ha cercato di considerare il fratello di un terrorista come "una persona da salvare". Nel 2008, esce per Serling & Kupfer il suo romanzo autobiografico "Io, l'infame. La mia storia da terrorista pentito".

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