Giovanni Esposito: “A STEP con De Martino il clima di una cena tra amici, sarebbe giusto finire per non degradarlo”

L’attore si racconta in un’intervista a Fanpage. Dopo i successi di Stasera Tutto è Possibile e Bar Stella racconta “Ora il pubblico associa il nome a un volto”. Dai film con Capuano a Loro con Sorrentino, passando per la Tv con Guzzanti, Giovanni Esposito ripercorre la sua carriera fino ad oggi, con l’uscita del suo film da regista alle porte.
A cura di Andrea Parrella
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Gli esordi con Capuano, la collaborazione con Paolo Sorrentino, i film con Aldo, Giovanni e Giacomo, Mai Dire Gol, Pippo Chennedy Show. Lacarriera di Giovanni Esposito è un campionario di esperienze che pochi altri interpreti possono vantare. Ma le traiettorie di questo percorso non sono state sempre scontate e uno sprint importante è arrivato di recente come membro della compagnia di giro che si è creata attorno a Stefano De Martino, gallina dalle uova d'oro della Rai. Da Bar Stella a Stasera Tutto è Possibile, Esposito è un pozzo di aneddoti inesauribile. Alcuni di quelli raccontati a microfoni spenti, come quando ricorda di avere assistito, in una pausa sul set, a una telefonata di Clooney a Biden pochi giorni prima che l'attore togliesse l'appoggio alla ricandidatura del presidente, sono sketch comici puri che meriterebbero uno spettacolo teatrale al quale spero, prima o poi, lavorerà. Gli altri li troverete in questa intervista a Fanpage, in cui si racconta in un momento che non fatica a definire di riscoperta da parte del pubblico.

La televisione in qualche modo ti ha ritrovato. E una nuova giovinezza artistica?

È una terminologia che mi piace molto, perché rivivere una giovinezza è un sogno che ha anche qualcosa di letterario. In qualche modo più che una giovinezza c'è un'associazione del nome a un volto.

E così il pubblico riscopre tutto quello che hai fatto prima come fosse oggi. 

E anche la nuova giovinezza la fanno rivivere i bambini, i ragazzini perché poi scopri che ci stanno questi ragazzini e si mettono lì e si rivedono le cose tue per per ore e ore.

Stasera Tutto è Possibile ha fatto il miracolo, ma il binomio con De Martino è iniziato con Bar Stella. Grandi novità di queste ultime stagioni, anche se non si tratta di una televisione nuova.

Assolutamente no, una televisione standard organizzata su schemi collaudati. In Bar Stella prendevamo dichiaratamente spunto da quella che era la televisione di Arbore per poi, diciamo, giocarci sopra. Per STEP penso che ci sia un elemento magico, è l'unica trasmissione in questo momento che riesce a mettere tutte le fasce d'età sopra il divano a guardare una cosa divertente, senza impegno, per poi andare di là in cucina, fare delle cose, tornare e non essersi persa nulla.

La sensazione è quella di un ingrediente segreto nella ricetta di questi programmi. 

È segreto perché, di fondo, non esiste. Molti pensano che ci si inventi ogni volta chissà cosa, ma in realtà non ti devi inventare niente perché stai semplicemente vivendo. È come stare a a cena tra amici e quando si crea quella magia della cena tra amici, anche la cazzata più stupida può diventare esponenziale alle orecchie di chi sta ascoltando e agli occhi di chi sta guardando. Forse l'ingrediente è questo, ormai ci guardiamo e capiamo uno dove sta andando.

C'è un momento in cui ti sei unito a questa compagnia di giro?

È stato un processo lento, perché io conosco da tanti anni l'autore Riccardo Cassini e Stefano l'ho conosciuto una sera allo spettacolo con Biagio Izzo e Paolantoni. Riccardo mi aveva chiesto se mi andasse di fare questa trasmissione, ma i responsabili del programma erano perplessi, dicevano fossi troppo attore e Stefano gli ha detto "Ma dovete vedere questo che fa e poi rendetevi conto". Abbiamo fatto un piccolo accordo per alcune puntate, ma poi hanno voluto le facessi tutte proprio con l'idea di creare questo nucleo, un recinto con noi quattro dove poi all'interno si muovevano tutto il resto degli ospiti. Ha funzionato tantissimo, specie in quest'ultima edizione.

Hai citato la parola "ultima", perché è il vero tema. Paolantoni in un'intervista a noi diceva che non si sa se sarà l'ultima oppure no, però sicuramente se non dovesse esserci De Martino "non ci saremo nemmeno noi". Lo confermi?

Beh, sì, perché poi dopo alla fine devi creare qualcos'altro. Il gruppo è quello, io lo vedo poi nelle persone che ti fermano, l'effetto del materiale andato sui social, quella goliardica mangiata prima della trasmissione avvenuta così all'improvviso e che sembrava un format televisivo dietro il format televisivo. Milioni di visualizzazioni con una purpetta in mano. C'era questo ragazzo, Ugo Di Fenza, che girava il dietro le quinte ed è stato bravissimo. Ha questo dono anche di stimolarti e di farti stare dentro a quella dimensione, di far vedere il divertimento.

Ciò che funziona deve finire, è una legge della Tv. 

Forse sì, sarebbe il caso che diciamo che non degradi quella cosa o che altri provino a creare un altro tipo di divertimento, anche perché c'è il rischio che che magari vai a noia. Dieci puntate di STEP non sono poche, il divertimento non è a comando, devi essere sempre predisposto a divertirti, cosa che non è così scontata, diciamo.

Giovanni Esposito con De Martino a STEP.
Giovanni Esposito con De Martino a STEP.

Il ricordo più divertente di queste ultime edizioni?

C'è una cosa meravigliosa con Bianca Guaccero. Ero andato a fare un provino con Marco Bellocchio per un ruolo importante nella sua serie, per me lui è un mito e prima della trasmissione ne parlavo con con Bianca. E quella nel momento in cui io c'avevo una parrucca e stavamo sulla casa inclinata, mi guarda e dice a bassa voce: "Ti starà guardando Bellocchio in questo momento". Mi sono guardato dal di fuori e ho detto "Oddio cazzo, è finita".

Sei un interprete che oscilla tra il drammatico e il comico. Recentemente hai raccontato di aver scoperto attraverso un trauma che tu eri predisposto più alla comicità.

L'ho scoperto all'Accademia recitando un canto dell'inferno. Io pensavo che lo stessi facendo rigorosamente, come Dio comanda, come il mio maestro Paolo Giuranna mi aveva insegnato. Invece ho alzato la testa quasi alla fine e ho visto che tutti stavano sotto le sedie a ridere per non farsi vedere. Quello è stato un trauma impressionante.

Poi come ti sei risolto?

Paolo è stato bravissimo a spiegarmi che se anche involontariamente facevo ridere sul sesto canto dell'inferno voleva dire dire che c'era qualcosa su cui lavorare. Aveva ragione, anche perché io dallo sconforto me n'ero andato con la testa.

La risata, questa sconosciuta. In quei famosi dietro le quinte di STEP l'hai definita come un tapis roulant su cui si sale in corsa, senza saperlo, venendo travolti.   

È qualcosa che ha a che fare con la fisica e la chimica insieme. Certe volte in teatro tu pensi che quella cosa che hai scritto faccia ridere per forza. E invece non è così ragazzo. C'era una cosa meravigliosa che mi succedeva con Gianfelice Imparato, facevamo Uomo e galantuomo e c'era questa battuta di Eduardo dove tu, pure se la vedi in televisione, ridi sempre. Lui diceva quella battuta e non non succedeva niente, ma matematicamente, in tutti i teatri dove andavamo.

Una tragedia.

Lui quindi aveva preso a fare questa cosa che a teatro si chiama il sottolingua, cioè parli con un altro attore senza farti capire dal pubblico. Lui prima di dirla si girava e mi diceva "io ora la dico, ma che la dico a fare…". Si girava, diceva la battuta e c'era il gelo. Lui si rigirava e mi diceva "Manco p'o cazzo". E ce ne andavamo in quinta. La risata è un mistero.

E non ha geografia. 

Non credo. Facevamo uno spettacolo, Benvenuti in casa Esposito, preparato qui a Napoli, accolto con grande successo in città e provincia. Andiamo a Bologna, super risate anche lì. Quando arriviamo a Torino dico alla compagnia di non aspettarsi la stessa cosa. E invece teatro pieno, risate. "Ma dove dove siamo, a Melito", ci siamo detti.

I questo momento storico è come se la napoletanità avesse superato una certa barriera di pregiudizio da parte del del pubblico nazionale.

Io penso di sì, forse anche una trasmissione come STEP credo abbia contribuito a sbloccare dei piccoli codici.

Su internet circola la voce che tu abbia qualcosa a che fare con con Pasolini, ovvero che da neonato avresti partecipato alle riprese del suo Decamerone.

È categoricamente falso. Ho anche provato a farlo cancellare, ma niente. Che poi Poi sarebbe un film fatto nel '71 e io sono nato nel 70. Quindi questo giornalista mi diceva. "Ah tu com'è stata la tua esperienza con Pasolini?", mi aveva chiesto un giornalista, con me che smentivo. Ho anche provato a indagare, chiedendo a una mia zia se fosse vero, cercando qualche foto di me neonato: "Ma figurati se tua mamma ti portava a fare Pasolini!".

Tra i lavori significativi della tua carriera, quello che fai in Loro con Sorrentino, dove interpretavi Mariano Apicella. Non so se sai che il problema di loro è che non si può vedere in Italia. 

Sì, mi hanno detto che si trova solo sul pezzotto, ma non fatelo a casa (ride, ndr). So che si trova all'estero in versione ridotta. Lo vidi per la prima volta da solo, in una sala dedicata a me, perché dovevamo fare promozione da Crozza. Quando Paolo mi chiese che ne pensavo gli dissi che era come se mi fosse caduta una cabina armadio addosso addosso. Una cosa enorme quel film.

Per recitare in quel film hai raccontato che Sorrentino ti ha costretto a imparare a suonare la chitarra.

Sì, più che a livello recitativo è stata complicata per quel dettaglio tecnico, mi ha fatto venire proprio la gastrite. Quando me lo propose Paolo era con Tony Servillo e disse che ero il primo attore che incontrava, ma non mi parlò del progetto nel dettaglio. Mentre me ne vado dice "Ma tu sai suonare?". Naturalmente gli dico di no, ma se mi impegno ce la faccio. "Ma come Roberto Murolo?", mi chiede. "Paolo, mò stai esagerando". Ho seguito questo maestro meraviglioso per tre mesi, tutta l'estate a suonare, mia moglie non ne poteva più.

Giovanni Esposito con Sorrentino e Servillo sul set di Loro.
Giovanni Esposito con Sorrentino e Servillo sul set di Loro.

Come andò?

Quando sono arrivato sul set mi dicevano che avrei dovuto mettere solo le mani perché tanto ci sarebbe stato il playback, ma io Sorrentino lo conosco da quando abbiamo iniziato a fare questo lavoro. Al primo giorno proprio di set viene la l'assistente e dice "Giovanni, senti, Paolo vorrebbe li suonassi dal vivo". Lo sapevo! Facemmo la scena mentre suonavo e lui mi prendeva in giro.

In queste settimane promuoverai il tuo film da regista, Nero, che potremmo definire un supereroe atipico.

Sì, è scritto insieme a Francesco Prisco, a Valentina Farinacci. Sono orgoglioso. Racconta la storia di quest'uomo che ha una sorella che c'ha questo ritardo prestazionale, non ha un lavoro, non ha niente. Tenta una rapina insieme a questo suo socio e in questa rapina gli parte un colpo di pistola che uccide un benzinaio. Lui va lì lì, ci mette le mani, cerca di capire se che che è successo, e c'è tutto questo sangue, è chiaramente morto. Lui scappa, solo che poi scopre che questo si è rialzato da terra come se fosse stato miracolato. Nero quindi scopre che ha questo potere di riuscire a strappare proprio dalla morte le persone, curarle in qualche modo, però presto scoprirà che ogni volta che lo fa perde un senso.

Nel film, oltre a te, ci sono diversi interpreti. 

Sì, tra cui Susy Del Giudice, che è anche mia moglie, e Anbeta Toromani, nota per essere stata ballerina di Amici che io ho individuato sin dal primo provino e l'ho voluta nel film.

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