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Festival di Sanremo 2024

Sanremo 2024, primo ascolto delle canzoni: un Festival senza guizzo vincente, ma un pugno di cose buone

Abbiamo ascoltato in anteprima le canzoni del Festival di Sanremo 2024, dai Negramaro a Geolier, passando per Annalisa, Kolors, Amoroso, Emma, Ghali, Mannoia e Bertè, ecco le prime impressioni.
A cura di Francesco Raiola
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È arrivato il giorno in cui la stampa ha ascoltato in anteprima i brani dei 30 Big del prossimo Festival di Sanremo che comincerà il 6 febbraio per terminare il 10, quando sarà votato il vincitore che seguirà "Due vite" di Marco Mengoni. Amadeus ha voluto esagerare, aumentando le canzoni rispetto all'anno scorso e portando dentro un bel po' di generi, commistioni, personaggi e temi, tenendo sempre un occhio, come ripete spesso, alle radio. E i pezzi uptempo sono tanti, così come le ballate che "si aprono", come si suol dire. Tanti gli artisti attesi, dai Negramaro a Emma, Alessandra Amoroso, Annalisa, ma anche Kolors, Loredana Bertè e Fiorella Mannoia, passando per Diodato, Angelina Mango, Mahmood, Ghali, Irama e Geolier. I temi amorosi ci sono sempre, nello spettro ampio che va dall'innamoramento alla storia nella maturità fino alle scuse per un tradimento, poi ci sono i pezzi autobiografici come quelli di Bertè e La Sad, un paio di empowerment femminile, c'è chi parla di violenza subita (Big Mama, ma anche Mahmood) mentre a inserire un po' di temi politici ci sono Ghali e Dargen D'Amico. Ma soprattutto è un Sanremo che ha tanta cassa dritta e sembra mollare un po' sulla qualità dei testi.

Clara – Diamanti Grezzi

Clara esordisce sul palco dell'Ariston con la casa dritta e un mood che ultimamente a Sanremo ha pagato: "Cosa siamo noi? Solo diamanti grezzi che cadono in mille pezzi". È come se avesse studiato bene l'algoritmo, speriamo ci sia personalità sul palco.

Diodato – Ti muovi

Diodato attacca subito con la voce, non lascia spazio a un intro musicale, perché sa quanto amiamo la sua voce. L'ex vincitore del Festival sceglie di tornare con un'altra ballad d'amore, di un amore finito che ha ancora strascichi ("Anche se sai che è inutile tu ancora ti muovi") che prende aria nel ritornello, ma con un incedere che piacerà ai suoi fan storici e la solita enorme eleganza: "Davvero è questo quel che vuoi, un sorso di veleno, un altro gioco di parole, un'altra dose di dolore".

Mahmood – Tuta gold

Mahmood ormai ha un'identità ben precisa, sfrutta tutte le tronche possibili, quindi i versi chiudono spesso con night, fake e rave, jeans, jeep, gold. Il Mahmood-urban serve per raccontare un po' le sue origini, fatta di fra e di un padre che gli richiede di cambiare nome e un'infanzia di offese (Quando fuori dalle medie le ho prese e ho pianto"). I paragoni sarebbero sbagliati, ma il mood è più Soldi che Brividi, il solito ottimo mahmood.

Sangiovanni – Finiscimi

Sangiovanni arriva con una lettera ballad per un'ex, probabilmente Giulia Stabile. La canzone interesserà molto i fan che amano il gossip, essendo una dichiarazione di scuse: "Delle volte ho fatto un po' il coglione (…). Fammi sentire quanto sono pessimo, quanto ti ho mancato di rispetto non dicendoti la verità". Sangio si allontana molto da Farfalle, niente pezzo catchy, questa volta si punta all'emozione.

Loredana Bertè – Pazza

Fantastica Loredana Bertè che comincia rock, con la chitarra in primo piano e un testo bertiano. La cantante parla di sé, gioca con gli stereotipi su di lei, sulla sua pazzia ("Adesso vado dritta a ogni bivio, va bene sono pazza che c'è… Prima ti dicono sei pazza e poi, poi, ti fanno santa"). Brano a rischio standing ovation all'Ariston, nonostante l'incedere rockettaro! Una standing ovation che per prima è arrivata dalla sala d'ascolto romana.

BNKR44 – Governo punk

Citazionismo spintissimo per i BNKR44 che al Festival portano un punk rock con numi tutelari come i Sex Pistols (Sono un Dio che ha una regina da salvare), Blur e Queen (un po' di namedropping che male non fa). Ma non abbiamo capito quale sarebbe il Governo punk, o cosa intendono, vediamo come ce lo spiegheranno: "Parliamo d'amore in mezzo alla rivoluzione". Ci sono un po' di hook interessanti, attendiamo un po' della loro attitudine punk al festival. Quota GenZ accontentata.

Alessandra Amoroso – Fino a qui

Nonostante la produzione di Takagi e Ketra, Amoroso porta una ballad che cita L'odio e la Sally di Vasco che non ha più voglia di fare la guerra, raccontando evidentemente il malessere di questi mesi ("Non sanno che sto male e forse nemmeno gli importa). Nessuna sorpresa per lei, Amoroso torna al festival con la canzone che ci aspettavamo, quindi piacerà ai fan storici, speravamo in un altro guizzo, ma perché poi se la sua formula vincente è quella?

Fred De Palma – Il cielo non ci vuole

Attacco di synth per un pezzo che non ti aspetti da lui, che in Italia è conosciuto soprattutto per i suoni latini. Anche De Palma ha studiato la lezione degli anni scorsi, l'algoritmo di borisiana memoria, e in particolare Cenere di Lazza.

Fiorella Mannoia – Mariposa

Diamo atto a Fiorella Mannoia che ci ha regalato un testo e questo, oggi, non è poco. Un bel brano con sfumature latine, sudamericane, in cui Mannoia racconta le donne, tante sfumature di donne, cogliendo anche l'occasione per una citazione del progetto benefico: "Sono stata tua e di nessuno e di nessun altro, con le scarpe e a piedi nudi, nel deserto e anche nel fango, una nessuna centomila".

The Kolors – Un ragazzo una ragazza

I Kolors tornano a Sanremo con alle spalle un vero tormentone come Italodisco e se la formula vincente non si cambia, sul palco dell'Ariston ci vanno con un altro pezzo funkettone, con la cassa dritta perché ci sta sempre bene, con nel cuore il Silvestri festivaliero, per non farsi mancare niente. La firma è sempre quella di Stash e Davide Petrella, perché squadra che vince non si cambia: "L’amore non si può cantare in una strofa da otto (…). Serve un’idea più del pane". Questa si farà ballare e non poco (e TikTok scalda già i motori).

Emma – Apnea

Emma ci ha preso gusto e negli ultimi mesi non ha sbagliato un passo, questa volta ispirandosi alle cantanti italiane degli anni 80, alle voci femminili tipo Viola Valentino, con un brano che sembra vintage ma nel senso migliore del termine, a cui siamo già affezionati, con l'elettronica a vestire un testo che racconta "un'emozione talmente forte da togliere il fiato". Ottimo l'incontro con Petrella e Antonacci.

Santi Francesi – L'Amore in bocca

I Santi Francesi sarà interessante vederli muoversi sul palco, con questa ballad con la cassa in quattro che prende ritmo nel ritornello e nella seconda strofa, in un incedere che non ci sorprende ascoltare su quel palco. È un buon esordio per la band ex X Factor, forse è un po' il testo a lasciare l'amaro in bocca, si poteva tentare un po' di più: "Mi hai lasciato con l'amore in bocca senza farlo apposta, sono le ultime gocce di pioggia, scivoliamo sopra i tetti, prima di cadere a pezzi".

Rose Villain – Click boom!

Il percorso di Rose Villain dice che questo potrebbe essere il trampolino giusto, lei lo usa puntando forte sulla propria voce e soprattutto su una serie di hook quando il brano si immerge nell'urban, in particolare nel ritornello: "Per me l'amore è come un proiettile, ricordo ancora il suono click boom boom boom, senti il mio cuore che fa boom boom boom". Piacerà alle radio, anche se in radio così ne abbiamo sentite.

Negramaro – Ricominciamo tutto

Per la loro prima volta in gara tra i Big i Nergramaro scelgono una canzone d’amore, ma un amore maturo, con degli anni alle spalle, in cui c'è la voglia di riscoprirsi e ritrovarsi. È un Sangiorgi che dosa bene la voce e quella che è la storia della band, con un brano che sale man mano fino all'esplosione di questa ballad rock che parte col piano, continua con l'orchestra e gli archi di Davide Rossi, con tappeto di synth che ormai è marchio di fabbrica della band, una citazione battistiana ("Discese e risalite" e "senza bionde trecce") e il campionamento di un countdown stile Nasa (insomma, non rifatto à la Space Oddity bowiana).

Big Mama – La rabbia non ti basta

Big Mama porta a Sanremo un pezzo che unisce la sua attitudine rap a quella dance (perdendo la prima a favore della seconda), a dimostrazione che ha imparato e fatto sua la lezione di Elodie, una delle sue mentori. Il pezzo è una dedica alla Marianna piccola che si universalizza, il quattro quarti del rap confluisce sul dancefloor, piacerà alle radio e soprattutto sarà interessante vedere come sarà la performance sul palco: "Se vuoi ballare balla, non ti fare scomparire (…) È facile distruggere i più fragili, colpire e affondare chi è solo".

Renga e Nek – Pazzo di te

Diego Mancino ha scritto canzoni bellissime seppur poco conosciute, purtroppo, e firma con Renga un pezzo che a volte sembra lasciarsi andare a un'attitudine indie, senza però lasciarsi andare del tutto, con Renga e Nek che si tengono nella loro comfort zone, anche musicalmente con archi un po' (troppo) Sanremo di qualche anno fa.

Ghali – Casa Mia

Ghali scrive un pezzo uptempo, cercando una sponda radiofonica che possa permettergli di (ri)fare il botto. È un Ghali che dopo essersi cercato a lungo, ritrovandosi, a un certo punto, e lo fa gridando a ogni piè sospinto che l'unico modo è ritrovando le proprie (varie) radici, come sottolinea in un testo che mescola le sue case: "Casa mia, casa tua, che differenza c'è? Non c'è (…) Dal cielo è uguale". E poi, dietro la cassa in quattro, c'è un po' di politica, uno dei pochi, come quando canta: "Ma come fate a dire che qui tutto è normale, per tracciare un confine, con linee immaginarie, bombardate un ospedale".

Irama – Tu no

Irama ha cambiato vita artistica negli ultimi anni, passando con Shablo, Re Mida dell'urban italiano, eppure al Festival torna con una ballad che segue un po' la scia e il successo di Ovunque Sarai. Si parte col piano, con l'arrivo dell'orchestra che cerca di creare un picco emotivo, l'unico problema è nell'interpretazione, sperando sia meno à la Blanco di quello che pare nella versione in studio.

Angelina Mango – La noia

Angelina Mango arriva al Festival con una canzone co-scritta assieme a Madame – con Dardust che le accompagna nella produzione – e mesi di singoli azzeccati. E possiamo dire che ha scritto uno dei pezzi più interessanti di questa edizione con questa cumbia rivisitata che sorprende, perché tenta una strada diversa e lo fa con un bel carattere. Brava!

Geolier – I p' me, tu p' te

Geolier arriva al Festival come il campione del 2023 e sul palco dell'Ariston mette da parte il suo flow senza pause, ma gioca con le sue sfumature più dance-pop, raccontando l'amore come ha fatto in questi anni: "Nun l'essa pensato maje ca l'inizio dda storia ppe nuje era ‘a fine dda storia pe nuje" (classica costruzione per il rapper napoletano). C'è da dire che mantiene il suo proposito e al Festival porta un testo solo in napoletano, potrebbe essere una delle sorprese di questa edizione.

Maninni – Spettacolare

Maninni se la gioca con una ballad cantautorale e – permetteteci di usarlo per la prima volta – "sanremese", che non è brutta ma neanche ti fa saltare dalla sedia, resta un po' la domanda sul perché Amadeus abbia pensato che fosse una canzone che meritasse di evitare il purgatorio di Sanremo Giovani. Vediamo se questo racconto potrà crescere con gli ascolti.

La Sad – Autodistruttivo

I La Sad portano se stessi sul palco, con Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari che cerca di poppizzarli un po'. Perdono un po' di spinta punk-rock e soprattutto scelgono di non portare provocazioni ma un testo un po' pessimista: "E sono sempre stato quello solo perché non sono stato come loro". Faranno un bel casino sul palco, ma sembrano un po' anestetizzati.

Gazzelle – Tutto qui

Un altro molto atteso era Gazzelle, che porta la sua poetica indie pop sul palco. Non strafà ma neanche si può dire che non abbia tentato di portare una canzone gazzelliana, forse non la migliore per arrivare a chi non lo conosce, mancano i versi che abbiamo imparato a fissarci in mente al primo ascolto. Però crediamo in lui e siamo certi che farà un bel percorso.

Annalisa – Sinceramente

Attesissima, diciamolo senza nasconderci. È sua la canzone che tutti vogliono ascoltare, dopo il filotto che l'ha portata a essere la popstar italiana degli ultimi mesi assieme a Elodie. Anche questa volta la scelta è per una canzone uptempo che ha una serie di hook musicali e testuali che si inchiodano al primo ascolto. Annalisa ha imparato bene: "E mi piace quando quando quando quando piango, e anche se poi cadesse il mondo non mi sogno di morire di sete" anche se tutti canteremo quel "di nuovo sotto un treno".

Alfa – Vai

Alfa si gioca bene la sua carta, dopo la delusione dell'anno scorso, quando un problema di salute lo blocco alla vigilia di Sanremo giovani: la canzone ci sta, c'è un richiama al fischio di Lost on you di LP e quel "uh uh" che se giocato bene servirà da gancio, poi a un certo punto prende una deriva quasi rap, ma per fortuna torna subito sui binari giusti.

Il Volo – Capolavoro

Intanto abbiamo evitato l'effetto Grande amore (quasi per la canzone intera), e questa volta Il Volo tenta una strada più pop e meno lirica, come in tanti gli chiedono da anni e gli va dato atto di aver tentato una strada nuova, almeno per loro. Non si capisce, però, dove vogliano andare a parare per adesso con un brano che passa senza lasciare grandi sobbalzi, ma l'aria del Festival pagherà, come sempre, quindi alla fine avranno ragione loro.

Dargen D'Amico – Onda alta

A Dargen D'Amico gli si vuole bene perché sorprende sempre, senza bisogno di sforzarsi, porta un pezzo importante in questo contesto: "Sta arrivando, sta arrivando l'onda alta, stiamo fermi e non si parla e non si salta, senti il brivido ti ho deluso lo so, siamo più dei salvagenti sulla barca" canta, ma anche "Come faccio a volere una vita in incognito se parlo solo di me, se basta un titolo  a fare odiare un intero popolo". Siamo oltre Come si balla, ma ancora una volta può essere la possibile sorpresa del Festival.

Il Tre – Fragili

Esordio del Tre a Sanremo con un brano pop rap che rispecchia un po' l'anima del cantante che, fuori dall'Ariston, ha un suo pubblico fedele. Almeno non cerca il pezzo paraculo anche se come in altri pezzi c'è un grosso problema di testo e narrazione.

Mr. Rain – Due altalene

Non è facile tornare sul palco dell'Ariston dopo il successo enorme di Supereroi e Mr.Rain cerca di non duplicare quel brano, ma tenta una strada diversa, giocando con l'autotune e con l'emo-rap che gli ha regalato enormi soddisfazioni. Sembra abbia una marcia in meno rispetto all'anno scorso, però, vediamo cosa dirà il palco.

Ricchi e Poveri – Ma non tutta la vita

Autocitazione alla prima parola ("Che confusione il sabato") e poi per i Ricchi e Poveri un pezzo elettropop con cui si giocano soprattutto l'effetto meme e quello nostalgia. La cosa che sbalordisce, però, è che alla fine ci pensi, ricordi il resto delle canzoni e dici: "Ma sì, perché no?".

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