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La Rai minaccia l’addio a Sanremo pensando di poter fare il Festival ovunque: come annientare una tradizione

Paestum, Torino, Senigallia. La Rai mostra i denti al comune di Sanremo e risponde alla richiesta economica più alta facendo trapelare ipotesi di un Festival che si potrebbe fare ovunque. Ma Sanremo è il Natale laico italiano, un evento che tempo e luogo precisi. Alterare questa tradizione significherebbe, sostanzialmente, correre il rischio di distruggerla.
A cura di Andrea Parrella
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Per la Rai il Festival della canzone italiana esiste anche senza Sanremo. Il braccio di ferro tra l'azienda e il comune di Sanremo arriva al suo apice in questo rovente finale di giugno. Alla presentazione dei palinsesti i malumori Rai erano stati espressi in modo lieve, attraverso le parole dell'ad Rossi che aveva sottolineato a più riprese le strutture inadeguate della città, gli scarsi investimenti a dispetto della richiesta economica del comune di Sanremo attraverso il bando presentato nei mesi scorsi.

E allora succede che la Rai mostra i denti, legittimamente, viste le pressioni che arrivano anche dal mondo della discografia. Più soldi chiesti dal comune, più soldi chiesti dal mondo discografico, così l'azienda fa trapelare con maggiore forza i progetti di un Festival che lascia Sanremo e va altrove. Costiera sorrentina, Paustum, Torino, ma anche città sull'adriatico come Senigallia, sono le fantasiose ipotesi che emergono in queste ore da un articolo del Messaggero.

Tutto vero, o semplice strategia per fare pressione sull'interlocutore? La differenza tra le due cose è labile, ce ne rendiamo conto a maggior ragione in tempi in cui le ben più gravi e urgenti vicende internazionali ci dicono che sedersi a un tavolo poggiandoci su una pistola stia diventando il criterio base per una trattativa.

Così la Rai fa leva sull'idea che un Festival di Sanremo lontano dalla riviera avrebbe eguale efficacia, un successo intatto e forse farebbe incassare all'azienda, e anche ai discografici, molti più soldi di quanti se ne portino a casa ora con un evento che è sì tra i più popolari e noti in Europa, ma va in scena in un cinema adattato a teatro e in una città che non pare più idonea ad accogliere una manifestazione che ferma, letteralmente, il Paese per una settimana.

Se nell'analisi costi-ricavi il ragionamento non fa una piega, esiste un altro fronte d'analisi ineludibile: Sanremo sparirebbe senza il Festival, ma il Festival non esisterebbe senza Sanremo. È un'antonomasia a dircelo, sono in pochissimi a utilizzare la locuzione intera "Festival di Sanremo", per tutti è "Sanremo" e basta. Il Festival di Paestum non potrebbe essere Paestum e basta. Non ci stancheremo mai di dirlo da queste parti: Sanremo è il nostro Natale laico. Un evento che ha un luogo e un tempo preciso. Il rischio di spostarlo da Sanremo è quello di distruggerne la sacralità, fare a pezzi una tradizione in modo irreversibile, tentare di addobbare l'albero a marzo. Ma l'albero non si addobba a marzo, anche se provi a convincere la gente.

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare ciò che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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