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Siria: Chi sta uccidendo chi e perché? La disinformazione regna, i dubbi crescono

Ecco l’ultima Ansa in arrivo dalla Siria: “Sono almeno 54 i siriani uccisi nelle ultime 24 ore dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad, di cui undici bambini e sette donne. La città di Hama è la zona più colpita, con 22 vittime, tra cui bambini di pochi anni”. Ma l’unica fonte di queste notizie è l’ “Osservatorio siriano per i diritti umani”, organizzazione che non ha mai fornito la lista dei nomi delle vittime e che fa capo a un unico anonimo attivista.
A cura di Anna Coluccino
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(NOTA: In calce al pezzo la rettifica di Lorenzo Trombetta, corrispondente ANSA da Beirut)

A sentire i media occidentali più accreditati, la verità sull'attuale situazione politica in Siria è unica, semplice, evidente, incontestabile; e davanti alla presa di coscienza di tale verità i governi occidentali non possono che rispondere militarmente, affiancando la rivolta del popolo siriano e destituendo il dittatore. Leggendo i principali giornali di mezzo mondo, tutto sembra chiaro: il regime di Bashir al-Assad si fa ogni giorno più violento, l'uccisione di donne e bambini è diventata quotidiana, addirittura 400 bambini sarebbero morti dall'inizio del conflitto, tra cui sedici neonati prematuri, uccisi dall'esercito lealista per mezzo del taglio della corrente all'ospedale che li ospitava (notizia poi rivelatasi falsa); l'arroganza del potere – quindi – sembrerebbe non conoscere limiti, tanto che l'esercito arriva a sparare contro gli osservatori ONU inviati a monitorare il rispetto del cessate il fuoco. Persino alcuni soldati cominciano a disertare, a rifiutarsi di sparare e – per questo – verrebbero giustiziati. In poche parole: al-Assad è impazzito. Pur di sedare le rivolte interne e mettere a tacere i suoi oppositori, arriverebbe a rischiare una guerra con l'occidente. La Francia, infatti, ha già reso più che palesi le sue intenzioni d'attacco, gli USA affermano oggi che la loro pazienza è finita, mentre Russia e Cina – che finora hanno sostenuto il governo di al-Assad – cominciano a tentennare.

Stando al racconto dei media di main stream, questa è l'unica interpretazione possibile. Se però si prova addentrarsi di più e meglio nel contraddittorio coacervo dell'informazione riguardante il Medio Oriente si scopre che la fonte prediletta dalla maggior parte dei mezzi di informazione – dalla Reuters, alla CNN, da Le Monde ai quotidiani nostrani – è una sola e non è verificabile, tanto che in più occasioni ha fornito notizie poi rivelatesi false. Tale fonte si fa chiamare Osservatorio siriano per i diritti umani – ma l'Osservatorio è composto da un unico soggetto e non ha mai fornito l'elenco con i nomi delle vittime, limitandosi a dare numeri e informazioni riguardanti l'età, lo "schieramento politico" e il genere sessuale degli assassinati. Il controllo delle notizie risulta quindi impraticabile. Questo non significa certo che tutte le voci di disperazione che arrivano dalla Siria siano un'invenzione, significa che ci sono diverse inesattezze nel racconto mediatico; inesattezze che – se sommate l'una all'altra – non possono che evidenziare il desiderio di ingigantire la ferocia della repressione di Assad.

Leggendo molte delle news pubblicate dalle più celebri agenzie di stampa difficilmente ci si imbatte in qualche nome. Si cita quasi sempre il generico "Osservatorio" – che ha base a Londra – o al massimo qualche anonimo attivista. Eppure la conta dei morti risulta precisissima e la descrizione degli scenari è sempre piuttosto dettagliata; solo che quando si parla dei dati forniti dal regime si sottolinea – giustamente – come sia impossibile verificarli a causa della censura e della disinformazione, quando si parla dei dati  forniti dagli insorti non si fa cenno al fatto che – spesso – la verifica è impossibile, si procede sulla fiducia. Pochissimi media, ad esempio, hanno riportato la notizia riguardo il rapporto conclusivo della missione di osservazione della Lega Araba in Siria – Lega che ha sempre promosso l'ingresso degli osservatori ONU e si è dichiarata favorevole alle sanzioni imposte a Damasco, quindi non parliamo di una forza schierata aprioristicamente con Assad. Il rapporto – la cui lettura integrale è vivamente consigliata – affermava esplicitamente che:

A Dera'a e Homs, la Missione ha visto gruppi armati commettere atti di violenza contro le forze governative, causando morti e feriti nelle loro file. In certe situazioni, le forze governative hanno risposto agli attacchi condotti con forza contro di loro. Gli osservatori hanno notato che alcuni dei gruppi armati stavano usando razzi e proiettili perforanti.

A Homs, Hama e Idlib, le missioni degli osservatori hanno assistito ad atti di violenza commessi contro Forze governative e civili, che hanno causato diversi morti e feriti. Esempi di tali atti includono il bombardamento di un autobus di civili, che ha  ucciso otto persone e ferito altri, tra cui donne e bambini, e il bombardamento di un treno che trasportava gasolio. In un altro incidente a Homs, un autobus della polizia è stato fatto saltare in aria, uccidendo due ufficiali di polizia. Sono stati bombardati anche una conduttura di carburante e alcuni piccoli ponti. 

La Missione ha osservato che molti partiti hanno riferito falsamente di esplosioni o di violenze che si erano verificate in diverse località. Quando gli osservatori sono andati in quei luoghi, hanno scoperto che quei rapporti erano infondati.

La Missione ha inoltre osservato che, secondo le squadre in campo, i media hanno esagerato la natura degli incidenti,  il numero di persone uccise in incidenti e le proteste in alcune città.

In conseguenza di quanto appreso, dunque, e fermo restando la certezza degli abusi di cui il regime di al-Assad si è macchiato fin dall'inizio della rivolta, così come la necessità di trovare una soluzione per aiutare il popolo siriano che non passi per la l'ennesima guerra, sono in molti a sostenere che la fiducia nell'Osservatorio siriano per i diritti umani e nelle informazioni che fornisce non sia esattamente ben riposta e – in generale – che il fenomeno della disinformazione sui fatti siriani stia assumendo proporzioni preoccupanti. Ufficialmente, si parla infatti di ottomila morti, in gran parte civili, ma si tratta di un numero che nessuno ha mai avuto modo di verificare, sia per entità che per composizione. Lo scopo di tale disinformazione sembrerebbe chiaro: far crescere un diffuso astio nei confronti di un regime che arriva a targettizzare i bambini, tale da giustificare l'intervento militare. Mutatid mutandis, si tratterebbe di una sorta di replica dell'ormai esemplare "modello libico". D'altronde, come non chiedersi per quale ragione i media internazionali siano così attenti a raccontare il massacro siriano ignorando quello della popolazione palestinese, quello del Bahrain, del Sudan e mille altri ancora? Proviamo a fare un po' di chiarezza.

Accertato che il partito di Assad e l'entourage del presidente gestiscono il potere in maniera antidemocratica; accertato che la famiglia Assad non è nuova all'assassinio dei propri avversari politici – il padre dell'attuale presidente si rese protagonista, nel 1982, del massacro di migliaia di uomini ad Hama; accertato che non esistono vere e proprie elezioni e che il potere è passato da Assad padre ad Assad figlio per linea ereditaria; accertata l'esistenza di diffuse proteste tra la popolazione e la pratica repressiva del regime contro di esse, a che pro il presidente spedirebbe l'esercito a freddare senza sosta donne e bambini? Quale sarebbe la convenienza di un simile gesto? Eccidi come quelli di cui si racconta hanno tutta l'aria di essere il triste ritratto di una guerra civile piuttosto che della sola azione repressiva del governo. Non si può non considerare, infatti, che farebbe comodo a molti oppositori interni al regime – come i Fratelli mussulmani, ad esempio – amplificare la già dura repressione di Assad attraverso la messa in scena di atti efferati e violenti per poi addossare la colpa all'esercito lealista.

Perché si comprenda la reale entità di questo possibile tentativo di depistaggio riportiamo la testimonianza di Mère Agnès-Mariam de la Croix – superiora palestinese del monastero siriano di San Giacomo, che sta tentando di diffondere la liste di vittime causate non solo dall'esercito, ma dalle bande armate. La suora si è occupata di risalire alla fonte di una notizia che, nei mesi scorsi, aveva infiammato gli animi arrivando persino a essere ribattuta dalla CNN: la carneficina di Homs, ovvero l'uccisione di dodici membri della famiglia Bahadour, tra i quali c'erano diversi bambini. Secondo la versione ufficiale, fornita da un anonimo "vicino di casa", testimone dell'accaduto e ribattuta dall'Osservatorio, gli assassino erano "uomini in divisa, lealisti del regime, che poi protetti dai cecchini dell’esercito sono saliti su un blindato".  Dopo diverse ricerche, la suora è riuscita a contattare la famiglia in questione. Ecco quanto ha scoperto: "Abdel Ghani Bahader era fratello di Ghazouan Bahader, autista dell’ufficio del governatore di Homs. Egli ci ha riferito quanto segue: Siamo una famiglia sunnita che lavora per lo stato. Vogliamo essere neutrali. Ma gli insorti ci hanno attaccati più volte tanto che mio fratello voleva spostarsi altrove dopo aver rifiutato l’invito a unirsi all’Esercito siriano libero. Ma non ha fatto in tempo". Secondo il fratello del capofamiglia ucciso, quindi, gli assassini non facevano parte delle forze lealiste, bensì delle forze di opposizione tra cui – è bene non dimenticarlo – troviamo Al-Qaeda.

Migliaia i video su Youtube che mostrano i danni che l'esercito fedele ad Assad avrebbe provocato su donne e bambini. Ma le immagini sono spesso accompagnate da solo testo, non mostrano gli scenari, non forniscono i nomi, le fonti. I protagonisti del video potrebbero trovarsi ovunque, in un luogo e un tempo indefinibile. Quale giornalista potrebbe mai prendere per buone simili notizie? Anche volendo agire in buona fede, assecondando il desiderio di dar voce alla sofferenza di un popolo – che esiste, è reale – come si può non domandarsi: da dove arrivano queste immagini? Come si può essere sicuri che il testo che le accompagna descriva una notizia autentica? In questi mesi, diverse fonti di comprovata affidabilità – Reuters, Al-Jazeera, ABC, CNN, eccetera – si sono viste costrette a modificare molte volte le notizie che avevano fornito riguardo la Siria, perché le informazioni si erano poi rivelate false. È emblematico il caso di un video in cui si mostrano sedicenti militari siriani impegnati a maltrattare innocui manifestanti, pestandoli e costringendoli a terra. Si è poi scoperto che il video non era neppure stato girato in Siria, che i militari in questione erano libanesi e che il video riguardava Beirut. Il culmine del paradosso è che quello stesso video era stato utilizzato mesi prima da Reuters proprio per raccontare delle violenze in Libano.

Navigando in rete si trovano diversi filmati  che accertano la disinformazione tuttora dilagante riguardo la vicenda siriana ma, purtroppo, si tratta principalmente di video che denunciano l'esistenza di un complotto contro Assad; si tratta di racconti che, dopo aver dato prova della disinformazioni rispetto ad alcuni eventi specifici, arrivano a sostenere tesi francamente assurde, ovvero che il popolo siriano che vediamo in strada e alle manifestazioni stia – in realtà – manifestando in sostegno di Assad e che tutti gli "insorti" siano mercenari occidentali pagati per destabilizzare la Siria. Naturalmente, non intendiamo abbracciare teoremi indimostrabili pur di confutare altri teoremi indimostrabili, anzi, è probabile che la verità – stavolta – stia nel mezzo. La possibile presenza di forze mercenarie sul territorio siriano, chiamate ad appoggiare gli insorti, non è del tutto campata in aria: ci sono immagini che mostrano i "ribelli" assaltare la popolazione civile – così com'è accaduto nella Libia di Gheddafi – e ingaggiare con l'esercito una vera e propria guerra, combattuta a colpi di razzi che spesso finiscono con l'ammazzare civili innocenti. Ma questo dato, per quanto reale e comprovato anche dalla missione di osservazione della Lega Araba, potrebbe avere una spiegazione leggermente più complessa. Lo sostiene, ad esempio, Kamel Wazne, politologo libanese, il quale afferma in un'intervista che "A fomentare la rivolta contro Assad in Siria sono stati gli Americani e i loro alleati, il cui obiettivo è destabilizzare il principale amico di Ahmadinejad in Medio Oriente" e aggiunge "La strategia degli Usa nella regione è sempre stata di corto respiro. Oggi dimenticano che la caduta di Assad rappresenterà una vittoria di Al Qaeda, proprio come avvenne in Afghanistan per colpa del sostegno assicurato dagli Americani ai mujaheddin". La "tecnica" di destabilizzazione sarebbe quindi un po' diversa da quella proposta dai complottisti, e consisterebbe nel fomentare gli avversari politici di Assad perché cavalchino la protesta popolare ricorrendo alle armi.

Quale che sia la verità, la questione siriana sta ponendo un serissimo problema riguardo l'affidabilità e la trasparenza dei media internazionali. Tutti i principali network sembrano spesso appiattiti su una fonte non verificabile e dalle curiose peculiarità. Pochissimi riportano informazioni direttamente dal posto – anche per la poca simpatia che il governo di Assad mostra per i giornalisti, specie se occidentali – e quasi nessuno sembra preoccuparsi di verificare le notizie fornite dall'Osservatorio. Per quel che ne sappiamo, l'intera popolazione in rivolta contro il tiranno potrebbe ora essere ostaggio di un conflitto politico che si combatte tra lealisti e oppositori: con gli oppositori fomentati dall'occidente e i lealisti sostenuti dall'esercito. Il popolo siriano, quello che abbiamo visto sfilare in piazza pacificamente e che domanda democrazia, potrebbe trovarsi stretto tra due fuochi, entrambi orientati più alla presa del potere che all'avvio di un processo democratico. Se così fosse, la guerra civile sarebbe a un solo passo, al di là del quale esisterebbe la concreta ipotesi di un nuovo conflitto internazionale. Ma la Siria non è la Libia, è bene che USA, Israele e Francia lo tengano bene a mente. La Siria è il più fedele alleato dell'Iran, una sola bomba occidentale scagliata in quella zona potrebbe scatenare imprevedibili reazioni a catena che – nel più apocalittico ed estremo degli scenari – finirebbero per innescare il tanto temuto conflitto atomico.

RETTIFICA – Sul vostro sito è apparso il seguente articolo: "La Siria, chi sta uccidendo chi e perché" a firma di Anna Coluccino. Il lancio del pezzo recita così: Ecco l'ultima Ansa in arrivo dalla Siria: "Sono almeno 54 i siriani uccisi nelle ultime 24 ore dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad, di cui undici bambini e sette donne. La città di Hama è la zona più colpita, con 22 vittime, tra cui bambini di pochi anni". Ma l'unica fonte di queste notizie è l' "Osservatorio siriano per i diritti umani", organizzazione che non ha mai fornito la lista dei nomi delle vittime e che fa capo a un unico anonimo "attivista". Sono l'autore di quel lancio Ansa da voi citato e che vi riporto integrale qui sotto.

SIRIA: ATTIVISTI, IN 24 ORE 54 UCCISI TRA CUI 11 BAMBINI
(ANSA) – BEIRUT, 26 APR – Sono almeno 54 i siriani uccisi, tra cui 11 bambini e sette donne, nelle ultime 24 ore dalle forze fedeli al presidente Bashar al Assad. Lo si apprende dal bilancio dettagliato e aggiornato del Centro di documentazione delle violazioni in Siria (http://vdc-sy.org) che fornisce le generalità delle vittime, le località e i dettagli della loro uccisione. La città di Hama, in particolare il quartiere di Mashaa Tayyar è la zona più colpita, con 22 vittime, tra cui bambini di pochi anni. Il Centro di documentazione fornisce anche gli indirizzi Internet dei video amatoriali dei corpi senza vita delle vittime. Altri nove uccisi si registrano nella regione di Daraa, sei rispettivamente in quella di Aleppo e di Damasco, quattro a Homs, tre in quella di Idlib e altrettanti nella regione di Dayr az Zor, uno a Damasco città. (ANSA).

Vi scrivo per chiarire due punti fondamentali e non infierirò sul resto del contenuto dell'articolo. Chi vi scrive segue da anni la Siria come ricercatore universitario, arabista e come giornalista professionista basato da oltre 10 anni in Medio Oriente….
1) Come potete leggere dalla versione integrale della notizia Ansa di ieri 26 aprile 2012, la mia fonte non è l'Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) ma il Centro di documentazione delle violazioni in Siria. Nella notizia mi ero preso la premura di segnalare il link Internet al sito. Che però è in arabo e forse chi di voi scrive di Siria non conosce la lingua del Paese per consultarlo…
2) L'Ondus, citato per lo più da Reuters e France Presse e in forma assai minore da Ansa, lavora da anni come piattaforma di monitoraggio delle violazioni in Siria. Molto prima che in Italia nella primavera 2011 una selva di improvvisati giornalisti scoprissero che esisteva la Siria e la sapessero collocare su una carta geografica.
Come ho abbondantemente spiegato in questo articolo, uscito per l'ANSA ben due mesi fa e da allora segnalato nella homepage del sito SiriaLibano.com, che ho l'onore di gestire, l'Ondus non è gestita da un attivista anonimo bensì è "è la piattaforma che vanta una più fitta e consolidata rete di attivisti e testimoni sul posto. Attiva già dal 2004, l’Ondus è diretta da Osama Sulayman, originario di Banias, meglio noto con lo pseudonimo Rami Abdel Rahman, avvocato sunnita, da anni esiliato in Gran Bretagna. Fornisce bollettini quotidiani sulle vittime della repressione in Siria. Da anni riferisce notizie sulle violazioni dei diritti umani da parte del regime.

Eppure da anni l’Osservatorio denuncia arresti di dissidenti e oppositori, rivolte nelle carceri, violazioni di vario tipo commesse dal regime. Tutte denunce confermate dai fatti in questi lunghi anni. A rafforzare la tesi che l’Ondus è parte del complotto straniero contro la Siria, questi critici ricordano che il portavoce dell’Osservatorio, Rami Abdel Rahman, è residente in Gran Bretagna. Forse perché nel suo Paese non potrebbe lavorare liberamente.

I sostenitori siriani e stranieri del regime di Damasco si sono accaniti sull’Osservatorio – il più citato dall’Agenzia France Presse e da Reuters – accusandolo di essere un centro finanziato dall’Occidente per diffondere menzogne. Nessuno di questi critici conosceva l’Ondus prima del 15 marzo. Se ne sono accorti solo a inizio della repressione".

Lorenzo Trombetta

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