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Savina Caylyn, i marittimi chiamano casa: “Ci torturano ogni giorno. Perché nessuno ha ancora pagato?”

Dopo un silenzio durato 20 giorni tutti i membri dell’equipaggio italiani hanno chiamato i loro familiari. Ma la situazione è inquietante: “Sto morendo: le gambe non le sento più”, sono le drammatiche parole di Eugenio Bon, ufficiale della petroliera in mano ai pirati somali ormai da oltre sette mesi.
A cura di Biagio Chiariello
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Legati, picchiati a sangue, senza più acqua, logorati dalla stanchezza, angustiati dall'isolamento che li travaglia da oltre sette mesi. E' la condizione che viene fuori dalle ultime, drammatiche telefonate dei marittimi italiani sequestrati a bordo della Savina Caylyn. Delle 22 persone in mano ai pirati somali tutti e cinque i membri italiani sono riusciti a sentire i rispettivi parenti dopo un silenzio durato ben 20 giorni: "Sto morendo: le gambe non le sento più, non riesco a camminare, ho la pelle tutta rovinata, ormai ci torturano ogni giorno, sono sfinito" comunica al padre, Eugenio Bon, l'ufficiale della petroliera. "Il corpo non risponde più – prosegue l'uomo, la cui angosciante telefonata è stata riferita alle agenzie di stampa dal padre – e ogni giorno è peggio. Perché ancora nessuno ha pagato, perché Pio Schiano [delegato a trattare dall'armatore] e Luigi D'Amato [armatore] ci lasciano morire? Ti prego telefona a loro per dirgli che paghino subito, io non so quanti giorni ancora riesco a resistere e sopravvivere".

Eugenio chiede poi lumi al padre in merito alle autorità italiane: "Ma l'Italia sa che noi siamo qui abbandonati da febbraio, può fare qualcosa per non lasciarci morire? Perché tutti ci hanno abbandonato? Papà ti prego fai qualcosa per salvarmi". Nella giornata di ieri le famiglie avevano avuto un incontro con l'unità di crisi della Farnesina, conclusosi – a quanto pare – con un nulla di fatto. Il signor Bon ha riferito anche dell'incontro avuto lo scorso 7 settembre, giorno della manifestazione organizzata a Montecitorio per la liberazione degli ostaggi, con Gianni Letta: "dopo lunga insistenza riuscimmo a parlare con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Durante il breve colloquio ci diede fiducia promettendoci che avrebbe preso la vicenda nelle sue mani. Speriamo sia di parola".

Inquietanti sono anche le parole al telofono di Giuseppe Lubrano Lavadera. "Stiamo male, aiutateci ad uscire da questa c. di nave perché se non andremo via subito qualcuno non tornerà a casa" è l'accorato appello del marittimo alla moglie. "Ormai ci tengono tutti legati in un angolo della nave e non mangiamo neanche tutti i giorni. Viviamo momenti di ansia e tensione ogni volta che un elicottero sorvola la nave – ha aggiunto il comandante – i pirati si innervosiscono e mitra alla mano ci costringono a stare immobili. Aiutateci!".

Uno striscione per chiedere a gran voce "Liberi subito" è apparso oggi all'ingresso della sede romana della Cisl. Lo slogan è quello che ormai contraddistingue i cortei e le manifestazioni tenutesi a Procida, seguite anche da Fanpage nel mese di agosto, per chiedere la liberazione dei marittimi rapiti.

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