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Ron Paul, un estremista alla Casa Bianca?

A pochi giorni dall’avvio delle primarie repubblicane sale alla ribalta il settantacinquenne Ron Paul. A sostenerlo non solo l’estrema destra del partito, ma anche gruppi neo-nazisti e nazionalisti (compresi attivisti di Stormfront). E se dovesse vincere in Iowa…
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Ron-Paul

Quando manca meno di un anno alle elezioni presidenziali del 2012, si avvicina il "primo round" delle primarie con le quali il Partito repubblicano sceglierà lo sfidante del Presidente in carica, il Democratico Barack Obama. Come vi abbiamo raccontato in passato, il 6 novembre 2012 gli elettori statunitensi saranno chiamati alle urne per una consultazione elettorale che assume un valore fondamentale anche in virtù dei delicati equilibri internazionali di questi ultimi anni. E se Obama arriva in affanno alla verifica elettorale, le cose in casa repubblicana stanno ancora peggio. L'assenza di una leadership definita, le divisioni sulla linea politica, la difficoltà nel tenere insieme visioni ideologiche distanti e a volte contrapposte ma soprattutto il difficile equilibrio fra l'ala intransigente e reazionaria e quella più "istituzionale": ecco i nodi irrisolti che rendono molto ardua la "rimonta dell'elefante".

E come se non bastasse ad agitare ulteriormente le acque ci stanno pensando gli "aspiranti candidati", per i quali si avvicina inesorabile il momento della verità dei caucus statali, le assemblee elettive chiamate ad esprimersi nel corso dei prossimi mesi. Dopo la valanga di scandali a luci rosse che ha travolto Herman Caine, dopo una serie di duelli televisivi caratterizzati da un "piattume insostenibile", dopo gli spot elettorali tra autolesionismo, sadismo, qualunquismo e "surrealismo" (inspiegabile come persino un politico navigato come Newt Gingrich non sia riuscito ad evitare di cadere nel ridicolo con l'ultimo improponibile spot natalizio), insomma, dopo aver portato sempre più in basso il livello dello scontro politico, ecco che all'avvicinarsi della prima verifica in Iowa, scoppia il caso Ron Paul.

A (ri)aprire la discussione è un editoriale del New York Times, dal titolo eloquente "Mr. Paul Discredited Campaign", che si apre con la preoccupante considerazione del credito di cui Paul godrebbe presso i repubblicani dell'Iowa (e non va sottolineato che un grande risultato in apertura di primarie potrebbe essere un decisivo trampolino di lancio per qualsiasi candidato). A preoccupare è in effetti la linea politica dell'esponente repubblicano, noto in passato per la feroce propaganda reazionaria, demagogica e "tendenzialmente" (per usare un eufemismo) razzista ed antisemita. Una inclinazione portata alla ribalta dalle numerose newsletters inviate negli anni '80 e '90 e denominate Ron Paul Survival Report e Ron Paul Political Report.

La semplice lettura delle considerazioni del Paul d'antan (un personaggio estremamente singolare che non ha mai ricoperto cariche di rilievo nel panorama politico statunitense ma che si è già cimentato per ben due volte nella corsa alla nomination per la Casa Bianca) consente di avere una visione chiara del pensiero del 75enne "uomo nuovo" dei repubblicani. All'idea che il 95% dei maschi afroamericani sia disposto a delinquere, si sommano i deliri sulla "preservazione" della razza bianca e le fobie antisemite. Dove però la filosofia di Paul raggiunge le vette più paradossali è nella polemica anti-statale, con demagogia e populismo che si aggiungono ad un "complottismo" mediocre e superficiale. Dal coinvolgimento del Mossad negli attacchi terroristici del 1993 al WTC, fino alla cospirazione governativa di stampo omosessuale per "coprire la diffusione" dell'AIDS, Paul più volte si è reso protagonista di strampalate denunce, ipotizzando con convinzione congiure federali e oscure trame volte al rafforzamento del "sistema" (una parola che ricorre con incredibile frequenza nelle sue pubblicazioni).

Ovviamente il politico ha cercato negli anni di prendere le distanze da tali contenuti "allucinanti", sostenendo fossero elaborati direttamente riconducibili a membri del suo staff, anche se, come nota il NYT, nella sua prima campagna congressuale ne ammetteva la "paternità".

Ma c'è di più. Nelle ultime settimane sono in molti ad aver notato il "sospetto impegno" nella campagna elettorale di Paul di decine di attivisti direttamente riconducibili ai "white nazionalists" della rete Stormfront, un universo nel quale trovano posto rivendicazioni e personaggi dell'estrema destra, dai neonazi agli integralisti cattolici. Estremisti che Paul è "convinto di poter convertire" alla dialettica democratica, tanto da ritenere "in qualche misura importante" il loro contributo in sede di campagna elettorale (e, tra le altre cose, gli ultimi sondaggi continuano a segnalare la crescita di consensi, in Iowa e non solo). Ed è certo che un eventuale boom nel primo caucus avrebbe delle ripercussioni enormi sul prosieguo della campagna elettorale, anche perché "regalerebbe" ulteriore visibilità alla miriade di gruppi di estrema destra che sposano le "teorie" di Paul. E se pure le chance che Paul ottenga la nomination restano poche (anche se addirittura alcuni istituti di rilevazione lo segnalano in testa in Iowa), il fatto stesso che negli States trovi terreno fertile una simile propaganda è già un segnale estremamente preoccupante.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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