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I tentacoli della ‘ndrangheta ad Anzio e Nettuno: 260 anni di carcere per i clan del litorale

Vent’anni sono stati inflitti col rito abbreviato a Bruno Gallace, Vincenzo Italiano, Gregorio Spanò e Fabrizio Schinzari. Il giudice ha riconosciuto il 416 bis, l’associazione a delinquere di stampo mafioso.
A cura di Natascia Grbic
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Immagine di repertorio
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Sono 260 gli anni di carcere inflitti in totale ai venticinque imputati, giudicati con il rito abbreviato, nel processo relativo alle infiltrazioni della ‘ndrangheta nei comuni di Anzio e Nettuno (poi sciolti per mafia). Bruno Gallace, Vincenzo Italiano, Gregorio Spanò e Fabrizio Schinzari, i boss del sodalizio, sono stati condannati tutti a vent'anni di carcere. Nella sentenza il giudice ha riconosciuto l'associazione a delinquere di stampo mafioso. Disposti anche una trentina di rinvii a giudizio per gli altri imputati che hanno scelto invece il rito ordinario: tra questi c'è anche Giacomo Madaffari, l'uomo che per l'indagine Tritone è uno dei capi della locale ‘ndrangheta.

L'operazione Tritone condotta a febbraio del 2022 dai carabinieri ha portato in carcere 65 persone, tutte accusate di far parte di clan della ‘ndrangheta che puntavano a prendere il controllo del litorale romano, dove avevano riprodotto le modalità organizzative delle ‘ndrine calabresi. Secondo quanto emerso dalle indagini, l'organizzazione criminale era così forte e radicata da influenzare la vita amministrativa e politica di Anzio e Nettuno, aggiudicandosi appalti strategici in vari settori, da quello ittico a quello dei rifiuti. In seguito all'inchiesta, i due comuni vennero sciolti per mafia.

I clan erano in grado di movimentare grossi quantitativi di cocaina dal Sud America, tra cui un carico da 258 chilo nel 2018, che ha fruttato alle ‘ndrine milioni di euro di guadagno. La droga era arrivata in Italia tramite un narcotrafficante colombiano: per passare i controlli e non destare sospetti, era stata sciolta nel carbone e poi estratta in in laboratorio che i boss avevano fatto allestire a Roma.

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