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Opinioni

I Friedkin vogliono lo stadio di proprietà, ma scelgono la concorrente di Roma per Expo 2030 come sponsor

Mentre il Campidoglio lavora a rendere realizzabile lo stadio di proprietà della società dei Friedkin su terreni pubblici, la Roma sceglie come sponsor il marchio di Riyadh Season, la città concorrente per l’assegnazione di Expo 2023. Scordandosi allo stesso tempo di diritti umani e delle campagne di solidarietà e per la parità di genere.
A cura di Valerio Renzi
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Venticinque milioni in due anni. Il nuovo main sponsor dell'As Roma, al centro della maglia tra il logo di Adidas e il lupetto, è Riyadh Season. Una scelta che ha fatto molto discutere per due ragioni. La prima è che la capitale è candidata ad ospitare Expo 2030, e la sua principale avversaria è proprio Riyadh. La seconda è che in tanti l'idea che i soldi sauditi possano invadere ogni ogni angolo del calcio italiano ed europeo, nonostante il mancato rispetto dei diritti umani, le sentenze capitali e la condizione delle donne e di migliaia di migranti in stato di semi schiavitù, proprio non va giù.

Ma cosa è la Riyadh Season? È un festival, ovviamente organizzato e finanziato dallo stato, a carattere culturale e di intrattenimento, dove non mancherà lo sport (e i giallorossi terranno un amichevole). Ufficialmente non ha nulla a che fare con Expo, ma è l'ennesimo biglietto da visita, con allegati inviti di lusso e promesse di investimenti e partnership per le aziende, che i sauditi metto sul piatto. È la vetrina dell'Arabia Saudita, dove si esibirà anche Shakira. Nel 2022 sono stati 5 milioni i visitatori dell'evento, secondo le stime ufficiali.

Non possiamo certo dire con certezza che mettere il marchio della manifestazione proprio sulla maglia della Roma sia parte di una strategia, ma che ciò avvenga quando il voto del Bureau international des expositions (Bie) sulla città ospitante di Expo 2030 è sempre più vicino, due domande non può che farle sorgere. In molti in città hanno storto il naso, anche di fronte allo sforzo profuso dal Campidoglio per far diventare realtà il sogno di uno stadio di proprietà per la società giallorosso. I Friedkin insomma da una parte chiedono impegni, dall'altra scelgono uno sponsor che almeno simbolicamente non può che danneggiare la già difficile campagna per far diventare Roma sede della prossima esposizione universale.

C'è poi l'altro aspetto. Quello che già da anni Amnesty International definisce come sport washing: ovvero trasmettere l'idea di un paese sulla strada delle riforme, tramite il finanziamento e il patrocinio di eventi sportivi, e la sponsorizzazione di club che diventano con i loro campioni applauditi e osannati in tutto il mondo, automaticamente testimonial di questa narrazione. Una scelta in controtendenza rispetto alla comunicazione pubblica e alle iniziative della Roma, molto orientate a schierarsi in modo netto per la parità di genere (pensiamo al successo di seguito della squadra femminile dovuto anche a questo tipo di messaggio), alle iniziativa benefiche e a quelle contro il razzismo.

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Giornalista pubblicista e capo area della cronaca romana di Fanpage.it. Ho collaborato prima prima di arrivare a Fanpage.it su il manifesto, MicroMega, Europa, l'Espresso, il Fatto Quotidiano. Oltre che di fatti e politica romana mi occupo di culture di destra e neofascismi. Ho scritto per i tipi di Edizione Alegre "La politica della ruspa. La Lega di Salvini e le nuove destre europee" (2015) e per Fandango Libri "Fascismo Mainstream" (2021).
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