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“È solo reflusso”, dicono i medici. Ma lui muore poche ore dopo per infarto: sanitari a processo

Secondo il pm Vincenzo Barba, l’infarto del paziente era curabile, ma la diagnosi è stata sbagliata. Per questo il medico del pronto soccorso in servizio quella notte è stato rinviato a giudizio per l’accusa di omicidio colposo.
A cura di Enrico Tata
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Foto di repertorio
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"È solo una gastrite da reflusso, le prescrivo un gastroprotettore e una dieta leggera", gli avevano detto i medici del pronto soccorso. E invece era un infarto acuto in corso. Giuseppe Mura, operaio di Primavalle, è stato dimesso frettolosamente e poche ore dopo, circa sei, è morto. Il dolore lancinante che avvertiva tra l'ombelico e la parte alta dell'addome era stato scambiato per un problema gastrico, e invece era un infarto. Dopo una lunga attesa, è entrato in pronto soccorso alle 22.50 ed è stato dimesso neanche un'ora dopo. Il paziente, si legge nella ricostruzione degli inquirenti, soffriva di un "dolore addominale epigastrico". Per questo i medici consigliavano "Pantorc a digiuno per un mese, da assumere insieme a Gaviscon Advance in bustine dopo i pasti e prima di coricarsi per sette giorni, e sciroppo Peridon trenta minuti prima di pranzo e cena". Insomma, una classica cura da reflusso e problemi gastrici.

Secondo il pm Vincenzo Barba, l'infarto del paziente era curabile, ma la diagnosi è stata sbagliata. Per questo il medico del pronto soccorso in servizio quella notte (i fatti sono accaduti il 25 novembre del 2019, riporta il Messaggero), è stato rinviato a giudizio per l'accusa di omicidio colposo. Come detto, Mura è uscito dall'ospedale poco prima di mazzanotte ed è tornato a casa in compagnia della moglie. Tre ore dopo le dimissioni dal pronto soccorso, ha accusato un forte dolore e alle 6.50 il medico legale ha registrato la sua morte. Stando alle indagini dei pm, il medico del pronto soccorso avrebbe male interpretato l'elettrocardiogramma del paziente. Era stato giudicato "al limite della norma", ma in realtà presentava due anomalie. "nonostante i sintomi riferiti dal paziente Giuseppe Mura rientrassero nelle possibili manifestazioni atipiche di una sindrome coronarica acuta", si legge nel capo d'accusa, il medico non avrebbe disposto il ricovero e ulteriori accertamenti. Una valutazione più adeguata, la tesi dell'accusa, avrebbe salvato la vita all'operaio romano.

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