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Violenza sulle donne, lo Stato spende solo 79 centesimi al giorno per ogni vittima

Secondo i dati dell’indagine Istat sui Centri antiviolenza a sostegno delle donne maltrattate, a rivolgersi a queste strutture nel 2017 sono state in 43.000. I fondi pubblici per i centri antiviolenza erogati nel 2017 sono stati 12 milioni di euro: “Una cifra ridicola – secondo Mariangela Zanni, consigliera di D.i.Re – che spiega il massiccio ricorso al volontariato da parte dei centri antiviolenza.
A cura di Francesco Di Blasi
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Nel nostro Paese una donna ogni tre giorni muore vittima di femminicidio. Se si guarda al contesto europeo, i dati sono peggiori e l'Italia risulta tra i grandi Paesi europei uno di quelli con il tasso di femminicidi più basso. Dati poco confortanti, se si considera che per i centri antiviolenza, fondamentali per la prevenzione e la protezione delle donne vittime di violenza lo Stato spende poco meno di un euro al giorno. Se a morire nel 2017 sono state 115 donne, nello stesso anno, secondo l'indagine Istat sui Centri antiviolenza attivi in Italia (CAV), a rivolgersi a dei centri antiviolenza sono state in 43.000. Per queste donne attraverso i fondi pubblici per i centri antiviolenza sono stati erogati 12 milioni di euro che se divisi per il numero delle donne accolte fa 76 centesimi al giorno: "Una cifra ridicola – sostiene Mariangela Zanni, consigliera dell'Associazione Donne in Rete contro la violenza – che spiega il dato ISTAT del massiccio ricorso al volontariato da parte dei centri antiviolenza, nonostante essi siano un tassello imprescindibile del Piano nazionale antiviolenza”.

I centri antiviolenza, un'eccellenza sulle spalle del volontariato

I centri antiviolenza italiani sono considerati un'eccellenza, ma questo modello di welfare è in prevalenza sostenuto dall'attività volontaria di professioniste non retribuite che rappresentano il 56,1% del totale a fronte di un 43,9% remunerate. Nonostante l'alta percentuale di contributo volontario il tasso di reperibilità di questi centri è altissimo e si avvicina al 100%. I CAV sono aperti in media 5,1 giorni a settimana per circa 7 ore al giorno. L’89,7% dei Centri è aperto 5 o più giorni a settimana. La quasi totalità delle strutture ha attivato diverse modalità per essere reperibile in modo continuativo, dal numero verde alla segreteria telefonica al numero di un telefono cellulare. Per gestire le situazioni di emergenza inoltre l’85,8% dei Centri antiviolenza è collegato con una casa rifugio (strutture dedicate, a indirizzo segreto, che forniscono alloggio sicuro alle donne che subiscono violenza e ai loro bambini).

I centri antiviolenza, un numero ancora insufficiente

La legge di ratifica della Convenzione di Istanbul del 2013 (Legge 27 giugno 2013, n. 77) individua come obiettivo quello di avere un Centro antiviolenza ogni diecimila abitanti. Al 31 dicembre 2017 sono attivi nel nostro Paese 281 Centri antiviolenza pari a 0,05 centri per 10mila abitanti. Un dato preoccupante è anche lo squilibrio del numero dei Centri tra le diverse regioni italiane. Le regioni nettamente al di sotto della media italiana per numero di centri rispetto agli abitanti sono Piemonte, Trento, Lazio e Basilicata e Sicilia, mentre sopra la media si trovano la Valle D'Aosta, Bolzano, Toscana, Abruzzo, Campania, Puglia e Calabria.

Il ruolo dei centri antiviolenza nelle scuole

Oltre ad affiancare le vittime nel percorso di uscita dalla violenza, i Centri svolgono talvolta ulteriori attività sul territorio di loro competenza: la formazione, l’informazione e l’educazione per prevenire la violenza di genere. In particolare il 91,7% dei Centri svolge attività di informazione presso le scuole. Ma l'attività di informazione e formazione è rivolta anche ad altri soggetti: operatori sociali (71,7% dei centri), operatori sanitari (60,5% dei centri), forze dell’ordine (49,8%) e avvocati (43,4%).

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