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Una commissione d’inchiesta sul Covid c’è già stata (in Lombardia) e non è servita quasi a niente

La Regione Lombardia, tra il settembre 2020 e il marzo 2021, ha avuto una sua commissione d’inchiesta sul Covid. Il presidente di quella commissione, Gian Antonio Girelli, racconta a Fanpage le difficoltà incontrate nei lavori. Alcune di queste potrebbero riproporsi anche in una commissione d’inchiesta parlamentare.
A cura di Luca Pons
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La proposta per creare una commissione parlamentare d'inchiesta sulla pandemia da Covid-19 è già stata depositata alla Camera: la prima firma è di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega, che propone una commissione per indagare "sull'operato del governo e sulle misure da esso adottate" per prevenire e affrontare la pandemia. Francesco Zaffini, senatore di Fratelli d'Italia, era stato il primo firmatario di una proposta uguale nella scorsa legislatura.

La stessa Giorgia Meloni ha menzionato il tema, nel suo discorso programmatico. La nuova presidente del Consiglio ha detto che bisognerà "fare chiarezza su quanto avvenuto durante la gestione della crisi pandemica", facendo riferimento a persone che avrebbero fatto "affari milionari con la compravendita di mascherine e respiratori".

Una commissione d'inchiesta sul Covid, in realtà, c'è già stata. Si è trattato di una commissione regionale, però, e non parlamentare. L'ha istituita la Regione Lombardia nel settembre del 2020, e i suoi lavori sono andati avanti fino al marzo 2021. Ha svolto 40 sedute, con l'audizione di 66 persone. La relazione conclusiva diceva che la Regione aveva "operato attivamente, instancabilmente e con ogni mezzo a propria disposizione" per contrastare la pandemia.

Quando il Consiglio regionale ha dovuto approvare la relazione, però, si è spaccato: la maggioranza (43 consiglieri) ha votato a favore, l'opposizione (21) contro. Per una commissione che avrebbe dovuto portare chiarimenti anche sull'operato di una parte politica, non esattamente un risultato incoraggiante.

Gian Antonio Girelli, allora consigliere regionale e oggi deputato del Partito democratico, è stato presidente di quella commissione. Per Fanpage, ha ricostruito le dinamiche interne dei lavori, che evidenziano anche quali difficoltà potrebbe incontrare la commissione parlamentare proposta dal centrodestra.

Le differenze: una commissione regionale ha meno poteri

"Nell'aspettativa dell'opinione pubblica, questa era come una commissione parlamentare, ma assolutamente non lo era", spiega Girelli. "Le commissioni regionali per loro natura non possono obbligare le persone a venire in audizione – solo invitarle – e non possono avere documentazioni se non facendo richiesta, non possono fare requisizioni d'ufficio".

La lista di persone invitate e mai ascoltate è lunga: dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte ("non si è degnato nemmeno di mandarci una risposta"), al Commissario straordinario Domenico Arcuri e il ministro della Salute Roberto Speranza. Tra i documenti richiesti e non ottenuti, ci sono persino i verbali delle riunioni del Comitato tecnico scientifico regionale. "Il presidente Fontana ci disse ‘se ci sono li avrete', e poi non abbiamo mai più saputo niente. La cosa fa persino dubitare che questi verbali siano stati redatti".

Se una commissione sul Covid nascesse in Parlamento, le cose andrebbero in modo diverso: una commissione parlamentare, infatti, ha gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria quando svolge il suo lavoro. Entro i limiti previsti dai regolamenti interni e dalla Costituzione, può operare in modo molto più ampio e ottenere molte più informazioni rispetto a una commissione regionale.

Le similitudini: un risultato di parte

Sulla proposta di commissione parlamentare, durante il dibattito sulla fiducia a Palazzo Madama, il senatore del Partito democratico Francesco Boccia ha detto di essere favorevole se si prenderà in considerazione anche l'operato delle Regioni – con un evidente riferimento soprattutto alle Regioni amministrate dal centrodestra, proprio come la Lombardia. Matteo Renzi, leader di Italia viva, ha sottolineato la necessità di partire dalle irregolarità negli appalti. Ciascuna parte politica, insomma, sembra già avere chiaro il tema su cui vuole ‘puntare'.

Il rischio che la commissione possa riflettere solo gli atteggiamenti che i partiti hanno già in partenza "è forte. Lo dice uno che ha dovuto reggere una commissione, faticando a tenere soprattutto questo equilibrio", commenta Girelli. E anche così, il risultato finale è stato che ci fossero "sostanzialmente una relazione di maggioranza, molto assolutoria della Regione Lombardia, e una di minoranza, dove erano contenuti i documenti raccolti".

Alcuni di questi documenti sono comunque utili "a mostrare i limiti della sanità territoriale", ma "non sono stati approfonditi né tenuti in conto successivamente", dalle riforme regionali e anche dalla stampa. Ciò che è rimasto è stata l'assoluzione dell'amministrazione regionale.

Se verrà istituita una nuova commissione parlamentare, quindi "bisognerà avere l'onestà intellettuale di farla a 360 gradi. Guardando ai limiti di un sistema sanitario nazionale diviso in 21 modelli diversi, tra le altre cose". Il risultato più utile sarebbe capire "quali siano le nuove iniziative da introdurre". Se, invece, si vuole istituire una commissione "solo per scaricare le responsabilità sul governo precedente, si parte molto male".

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