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Legittima difesa

Tre (ottime) ragioni per dire no a una nuova legge sulla legittima difesa

Anche senza considerare le problematiche connesse alla proliferazione delle armi, i dati sulla diminuzione dei crimini e i rischi sociali connessi, ci sono delle ottime ragioni per evitare di ampliare ulteriormente l’applicabilità della “legittima difesa”, approvando una delle proposte di legge della Lega.
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Si considera che abbia agito per difesa legittima colui che compie un atto per respingere l’ingresso o l’intrusione mediante effrazione o contro la volontà del proprietario o di chi ha la legittima disponibilità dell’immobile, con violenza o minaccia di uso di armi da parte di una o più persone, con violazione del domicilio di cui all’articolo 614, primo e secondo comma, ovvero in ogni altro luogo ove sia esercitata un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale”. È questo l’articolo uno della proposta di legge della Lega, a firma Molteni, in materia di legittima difesa, che con ogni probabilità costituirà la base della proposta unificata che sarà messa a punto dalla Commissione Giustizia della Camera (come vi abbiamo spiegato qui, attualmente sono depositate tre proposte di legge pressoché identiche e la commissione dovrà valutare se procedere con la discussione o trovare un’intesa con la commissione del Senato, dove pure sono state depositate proposte simili).

L’ampliamento della legittima difesa è uno dei cavalli di battaglia della Lega (e della destra italiana), oltre che uno dei punti “non negoziabili” che Salvini ha voluto inserire nel contratto di governo con il Movimento 5 Stelle. Da tempo si discute della possibilità di modificare l’articolo 52 del codice penale che parla della legittima difesa (o l’articolo 59, che determina le attenuanti del reato), tenuto conto delle problematiche connesse alla modifica normativa introdotta nel 2006. Come vi abbiamo spiegato nel dettaglio qui, al momento perché si configuri la legittima difesa “bisogna che ci sia la “necessità” (dunque non si configura legittima difesa nel caso in cui, ad esempio, l’aggressore sia in fuga), l’attualità del pericolo (che deve essere “presente o incombente”) e la “proporzionalità all’offesa”. Su quest’ultimo punto va precisato che la giurisprudenza ha sempre considerato che “la consistenza dell'interesse leso (la vita o l'incolumità della persona) sia enormemente più rilevante, sul piano della gerarchia dei valori costituzionali, di quello difeso (il patrimonio), ed il danno inflitto (morte o lesione personale) abbia un'intensità di gran lunga superiore a quella del danno minacciato (sottrazione della cosa)”. La modifica introdotta nel 2006, criticata da molti giuristi, ha previsto appunto che “non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa”.

Perché non ha senso "ampliare" la legittima difesa?

In queste settimane, ci sono state molte critiche rispetto alle proposte della Lega, sintetizzabili con lo slogan "la difesa è sempre legittima". Si è posto l'accento sulla possibilità di trasformare l'Italia nel far west, sulla prevedibile proliferazione delle armi e sulla insussistenza di dati a supporto della retorica dell'emergenza sicurezza, da anni un refrain della destra. Contestazioni legittime e suffragate dai dati, vale la pena di sottolineare. Il punto è che ci sono altre ragioni, più immediate per così dire, che dovrebbero convincerci dell'inutilità o della pericolosità del progetto di riforma della Lega (e non solo).

Il principio di proporzionalità, è la prima ragione centrale. Come spiegava Francesco Minisci, presidente dell’Associazione Nazionale dei Magistrati, si tratta di un concetto cardine, dal quale non si può prescindere: “Se io minaccio un’altra persona solo verbalmente, o se minaccio di sottrargli la borsa e quella persona reagisce e mi spara, è chiaro che non c’è principio di proporzionalità ed è evidente come ogni intervento sotto questo profilo è inammissibile”. La previsione di un automatismo che cancelli il principio di proporzionalità, dunque, rischia di determinare distorsioni, continua Minisci: “La valutazione del caso concreto, di ogni elemento, aspetto o circostanza, dovrebbe spettare sempre al giudice. Se viene meno il principio di proporzionalità, noi rischiamo di legittimare i reati più gravi, anche l’omicidio”.

In secondo luogo, c'è il fatto che la giustizia fai da te non può esistere in uno stato di diritto. È lo Stato che ha il monopolio della forza, è lo Stato che esercita la “violenza”, è solo lo Stato che ha il dovere di intervenire per tutelare i cittadini. È una funzione che lo Stato non può delegare, neanche in casi eccezionali. Il punto, come nota il giurista Vincenzo Musacchio, è che “la legittima difesa è una causa di giustificazione che impedisce la punizione di un fatto che comunque costituisce sempre reato”. Un fatto, la legittima difesa, che “in specifiche situazioni, tassativamente previste dalla legge, lo Stato evita di punire”, riconoscendo appunto delle condizioni di non punibilità, determinate dal contesto e dalla dinamica dei fatti. Ma incentivare, direttamente o indirettamente, la giustizia fai da te e caricare in qualche modo di “responsabilità o possibilità di azione” la vittima di un reato ci fa scendere su un crinale molto pericoloso. Soprattutto perché costituirebbe un elemento di pericolo per i cittadini, considerando che l’utilizzo di armi da fuoco aumenta “sistematicamente” la probabilità di un epilogo violento. A maggior ragione se l'uso delle armi avviene all'interno delle mura domestiche. E, infine, perché rende più immediato, più semplice e accettabile, il ricorso all’utilizzo delle armi, con tutto ciò che esso comporta.

La terza ragione per essere contrari all'ampliamento della legittima difesa è una specie di replica alla propaganda pre e post-elettorale della Lega. Ed è molto semplice, per quanto paradossale: non serve una modifica, la legge in vigore è già molto "permissiva". E qui, Giuliano Pisapia, spiegava come, al netto delle discutibili modifiche del 2006, ci siano chiare garanzie per gli imputati. Il Post ha ricostruito come è andata a finire nei casi di cronaca legati alla questione della legittima difesa, mostrando come "nei principali casi di cronaca del genere degli ultimi anni, la posizione giudiziaria di chi ha ucciso un ladro è stata spesso archiviata ancora prima del processo". Il caso del benzinaio Stacchio è stato archiviato prima di arrivare alla fase processuale. Quello del gioielliere Corazzo, che uccise un rapinatore, anche. Addirittura sono state archiviate le accuse nei confronti del pensionato Francesco Sicignano, che uccise un ladro, il cui corpo fu ritrovato all’esterno del suo appartamento. Anche il tabaccaio Franco Birolo, che secondo i giudici di primo grado non era mai stato concretamente in pericolo di vita, è stato assolto in appello. È in attesa di processo, invece, Mario Cattaneo, l’oste che uccise a colpi di fucile un ladro sorpreso nel proprio locale.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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