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SI, Scotto: “Serve alternativa a renzismo, assurdo blindare partito per finire in listone elettorale”

Intervista al candidato (ritirato) del prossimo congresso di Sinistra Italiana: “Errori nell’organizzazione e troppa preoccupazione a blindare il partito piuttosto che giocare la partita”.
A cura di Giulio Cavalli
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Sinistra Italiana affronta i giorni del Congresso. Il partito nato dagli ex SEL e alcuni fuoriusciti dal PD (Stefano Fassina e Alfredo D'Attorre) sta affrontando i congressi provinciali per prepararsi all'appuntamento nazionale ma la notizia di questi giorni è il ritiro della propria candidatura di Arturo Scotto che, in polemica con l'altro candidato (ora unico) Nicola Fratoianni, ha deciso nei giorni scorsi di abbandonare la competizione congressuale. Sono giorni travagliati: l'impennata del tesseramento (addirittura quadruplicato nel giro di poche settimane) e le divisioni sulla visione politica (più identitaria quella di Fratoianni e molto più aperto verso il Pd Scotto) creano subbuglio.

Arturo Scotto, possiamo dire che il congresso di Sinistra Italiana ha evidenziato intanto degli evidenti problemi organizzativi?

Sono state messe in discussione le tessere anche di persone con una lunga storia sindacale e politica (penso ai compagni di Civitavecchia che proprio oggi hanno scritto una bella lettera aperta a Vendola): questo scoraggia la partecipazione e nei fatti significa chiudere un congresso a tavolino. Vale per Milano, per Napoli, Roma e altri territori, con una caccia alle streghe senza nessuna prova…

Però la moltiplicazione delle tessere desta qualche sospetto…

È evidente che siano frutto del nostro lavoro per fare rientrare tante compagne e tanti compagni che non ci credevano più. Abbiamo motivato persone su un progetto politico, su una candidatura e su una serie di iniziative. Attenzione: parliamo comunque di numeri bassissimi perché un partito con 20.000 iscritti rimane un partito debole. La commissione di garanzia ha deciso di andare avanti a maggioranza senza tenere conto delle nostre istanze, che erano molto semplici: facciamo partecipare più iscritti possibili. Ci è stato detto di no usando le regole come scudo. Emergeva un pluralismo che c'è sempre stato e che non ha avuto diritto di esprimersi.

Lei ha anche espresso dubbi sulla natura politica del congresso.

Io resto all'atto fondativo di Sinistra Ecologia e Libertà: nel momento in cui tutto si muove (si muove la sinistra, si muove il Partito Democratico) non blindiamo il nostro percorso, mi interessa più la partita del partito. E poi c'è una questione meramente tecnica: iscriversi a Sinistra Italiana è un meccanismo piuttosto respingente, abbastanza complicato per qualsiasi cittadino. Quando ero segretario di un'organizzazione di sinistra a Napoli, molti anni fa, c'era questo rito del segretario della sinistra giovanile che andava a portare la tessera ai grandi vecchi (penso a Francesco De Martino e altri): quando andavo a casa di Maurizio Valenzi (che era stato grande sindaco di Napoli) lui raccontava di Togliatti che sbarcato a Napoli si rese conto che al partito erano iscritti solo rivoluzionari di professione e decise di aprire agli operai, agli artigiani, a tutti. In una fase di crisi così grande della politica non possiamo permetterci noi di fare il "partito sigillato".

Però quello che si chiedono tutti è: cosa succede adesso in Sinistra Italiana?

Noi il 12 a Roma organizziamo una grande assemblea dove incontreremo e ci confronteremo con i territori cercando di interloquire con tutti quelli che vogliono costruire un'alternativa di governo alle politiche di Matteo Renzi. In questo momento ci interessa la partita e non blindare un partito che poi finisce in un listone elettorale. Penso a un centrosinistra alternativo al renzismo.

Possiamo definirla una spaccatura?

C'è una divisione profonda. Io non facci colpi di testa: resto militante, deputato e iscritto a Sinistra Italiana, tuttavia mi domando a che serva blindare un partito che non si presenterà alle prossime elezioni con il proprio nome e cognome.

La legge elettorale però è chiara: il futuro lo immagina in una lista con i fuoriusciti del PD?

Non sono questioni nelle nostre mani. La funzione politica di un partito però non è stare a bordo campo ma provare a influire sulla partita e quindi non considerare il centrosinistra come una resa ma piuttosto come una sfida poiché Matteo Renzi l'ha ucciso nella culla. Dobbiamo evitare un populismo di governo che abbiamo già assaggiato e l'asse dei trumpisti italiani tra Grillo, Lega e destre varie.

Ma non c' è mai riuscita nemmeno la minoranza del Pd a fare cambiare l'idea a Renzi. Potete farlo voi?

Io non penso che si debba condizionare il renzismo quanto piuttosto sfidarlo e batterlo. Io non voglio essere stampella del renzismo: in questi tre anni di opposizione abbiamo dimostrato la nostra differenza con Renzi. Il 4 dicembre è cambiato tutto: Renzi non è più a Palazzo Chigi e questo non è secondario. E il fatto che riesca a immaginarmi solo in una dimensione di governo lo sta consegnando a un'avventura. Io credo che il Paese l'abbia capito.

E nel caso in cui Renzi sia il candidato presidente?

Non credo che possa essere il candidato del centrosinistra.

E a sinistra che ne pensa degli altri? D'Alema?

Guardo all'iniziativa di D'Alema che mi pare metta in campo un'idea ampia di governo.

Possibile di Civati?

Civati rappresenta per me un punto di riferimento fondamentale e credo che come me non abbia interesse a costruire cartelli elettorali o sinistre arcobaleno o liste Tsipras.

Rifondazione?

Mi pare che non sia dentro una prospettiva come quella che ho delineato. Lo dico con grande rispetto.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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