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Serviva il NY Times per sapere che vendiamo bombe ai sauditi?

Lo “scoop” del New York Times sulle bombe italiane vendute all’Arabia Saudita per bombardare lo Yemen è una notizia che in realtà circola da tempo ma per mesi è rimasta sotto traccia senza la dovuta attenzione. E nonostante il clamore anche questa volta nessuna ha dato le spiegazioni che meriterebbe.
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A cura di Giulio Cavalli
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È uno strano animale l'opinione pubblica italiani in tema di guerra e di armamenti: scivolano serene le interrogazioni parlamentari e le inchieste di casa nostra mentre basta un articolo veloce del New York Times per riempire le paginate degli editoriali, gridare allo scandalo (anche se lo scandalo cercava fiato da mesi) e ottenere finalmente una risposta (striminzita, rattoppata e piuttosto deficitaria) dall'ufficio stampa della Farnesina.

«Si tratta di materiali prodotti su licenza tedesca che transitano nel nostro Paese», aveva dichiarato qualche mese fa la ministra della difesa Roberta Pinotti riferendosi alle bombe che l'azienda RWM produce nella fabbrica di Domusnovas, in provincia di Carboni-Iglesias e che dalla Sardegna prendono il volo per l'Arabia Saudita per essere sganciate su quello Yemen in cui si contano almeno cinquantamila vittime civili negli ultimi due anni. Eppure il Ny Times (in un video di 7 minuti) racconta come le matricole delle bombe italiani siano riscontrabili in almeno cinque bombardamenti in Yemen. L’Italia, secondo il quotidiano newyorkese, «sta approfittando» della guerra yemenita guerra per rafforzare la propria industria bellica ed è normale chiedere «se il governo stia violando leggi nazionali e internazionali»: «un’istantanea sulla melmosa rete che alimenta i conflitti internazionali» è l'impietosa fotografia del prestigioso quotidiano USA.

«L’Italia – sottolinea una nota della Farnesina – osserva in maniera scrupolosa il diritto nazionale ed internazionale in materia di esportazione di armamenti e si adegua sempre ed immediatamente a prescrizioni decise in ambito Onu o Ue. L’Arabia Saudita non è soggetta ad alcuna forma di embargo, sanzione o altra misura restrittiva internazionale o europea». Il comunicato stampa del governo italiano dice il falso. Ancora una volta. Secondo la legge 185 del 1990 sono vietate le forniture di armamenti «verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate da competenti organi delle Nazioni Unite, dell'UE o del Consiglio d'Europa» e già nel gennaio scorso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha definito i bombardamenti sauditi sullo Yemen potenziali "crimini di guerra". E non è tutto: il governo Gentiloni finge (male) di ignorare anche le tre risoluzioni del Parlamento Europeo che chiedono all'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e per la politica di sicurezza, nonché vicepresidente della Commissione, Federica Mogherini di "avviare un'iniziativa finalizzata all'imposizione da parte dell'UE di un embargo sulle armi nei confronti dell'Arabia Saudita". Niente.

Eppure sul tema RWM sono stati in molti a scrivere e interrogare il governo: Avvenire, Le Iene, Il Manifesto, noi qui su Fanpage, Famiglia Cristiana hanno scritto per mesi le stesse notizie rimbalzate nei sette minuti di servizio del NY Times ottenendo in cambio solo un assordante silenzio. Attivisti come Francesco Vignarca e Giorgio Beretta (solo per citarne alcuni) hanno ripetutamente raccontato la vicenda (insieme all'incredibile impennata nel fatturato italiano degli armamenti di questi ultimi anni passati sotto silenzio).

"Il servizio del NYT ha finalmente fatto breccia anche nei quotidiani e nelle reti televisive nazionali", dice Giorgio Beretta, sociologo e membro della Rete Italiana per il Disarmo mentre Dino Giarrusso (che per la trasmissione televisiva "Le Iene" ha seguito a lungo la vicenda) racconta l'iter giornalistico: "Nel nostro penultimo servizio sul caso, con l'aiuto di Andrea Iacomini di Unicef, di Roberto Scaini di MSF e di Ole Solvang che siamo andati a trovare a Parigi, ci siamo concentrati sugli effetti che quella guerra ha sui bambini. Abbiamo sottolineato che nel solo 2015 le esportazioni di armi italiane verso l'Arabia Saudita avevano un valore di 258 milioni di euro. Ho nuovamente inseguito (fisicamente) sia Pinotti che Gentiloni, rimediando solo qualche botta dalla scorta, e le parole di Gentiloni "Non dubitare che noi rispettiamo le leggi". Anche qui Gentiloni mente spudoratamente. Era fine novembre 2016 e lui era ancora Minstro degli Esteri. Infine, alcuni mesi più tardi, a Maggio 2017, – ci racconta la "iena" Giarrusso – siamo tornati sull'argomento per raccontare come vi fosse una epidemia di colera dovuta al comportamento inaccettabile dei sauditi, e che in Yemen vi fosse la più terribile crisi umanitaria del mondo, ignorata da buona parte dei media. Abbiamo quindi lanciato un invito alle offerte per poter idratare e curare i bambini affetti da colera, cosa che a quanto ci ha detto MSF ha avuto risultati eccezionali. Adesso, ad un anno dalla mia inchiesta e a sette mesi dall'ultimo servizio, il NYTimes parla di quelle bombe italiane, e i giornali italiani che hanno praticamente taciuto del tutto durante il mio lavoro, improvvisamente scoprono la cosa. Con effetti anche ridicoli: ad esempio Repubblica pubblica alcune foto come prova dell'utilizzo di bombe italiane in Yemen, e le foto sono LE STESSE che io avevo mostrato addirittua nel primo servizio, nel febbraio 2016!!! Le foto scattate da Ole Solvang! Dopo la mia inchiesta il Festival del Giornalismo di Perugia mi chiese di partecipare ad un tavolo sullo Yemen, e soprattutto per quella inchiesta ho vinto il premio Enea 2017.  Quel che mi chiedo è davvero dove fossero questi giornali, quando parlammo del caso Bombe italiane in Yemen con tanta attenzione ai dettagli, mostrando i tracciati degli aerei, i filmati delle bombe, le foto, le prove, tutto. Dov'erano? Si sono svegliati solo quando ne ha parlato il NY Times, oltre un anno dopo? Boh..."

Intanto il 2017 si è chiuso con lo scoop di una notizia già data e nel giro di pochi giorni con l'affievolirsi dell'urgenze di avere risposte coerenti. La guerra continua, le bombe continuano a partire e il governo continua a tacere (oppure a non rispondere nel merito come è avvenuto in occasione delle interrogazioni parlamentari di M5S, Possibile e Sinistra Italiana). Tutti zitti. In attesa che qualche "autorevole media straniero" ce la racconti di nuovo.

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Autore, attore, scrittore, politicamente attivo. Racconto storie, sul palcoscenico, su carte e su schermo e cerco di tenere allenato il muscolo della curiosità. Collaboro dal 2013 con Fanpage.it, curando le rubriche "Le uova nel paniere" e "L'eroe del giorno" e realizzando il format video "RadioMafiopoli". Quando alcuni mafiosi mi hanno dato dello “scassaminchia” ho deciso di aggiungerlo alle referenze.
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